Ho sempre pensato che matematica e politica, che nell’immaginario collettivo sono cose lontanissime tra loro, in fondo si somigliano. Bertrand Russell sosteneva che la matematica è quella scienza di cui non si sa di cosa parla e se ciò che dice sia vero. È così anche per la politica.Entrambe alla fine, però, devono cimentarsi con la verità, o quantomeno con la realtà. La matematica ponendosi il tema di raggiungere la verità descrivendo la realtà, la politica dovendoci fare, al di là della propaganda, dei bei discorsi e dei proclami, prima o poi i conti.

La Lega

In questa rubrica cercheremo di spiegare la politica con la matematica, e qualche volta la matematica con la politica. Nell’ultimo ventennio di politica italiana uno dei fenomeni più interessanti e duraturi è stato quello della Lega. Inizialmente questo movimento, fondato da Umberto Bossi alla fine degli anni ottanta, era intimamente legato all’identità dell’Italia settentrionale. Il simbolo era quello di Alberto da Giussano, leggendario capo della Lega Lombarda nella battaglia di Legnano contro Federico Barbarossa, e il nome era Lega Nord.

Il primo exploit

Si rivolgeva, anche elettoralmente, alla Lombardia e alle regioni del nord Italia, proponendo la secessione contro il sud parassita, mafioso e corrotto. Il primo exploit elettorale della Lega, non a caso, coincise con l’affiorare di Mani Pulite. Alle politiche del ‘92 la Lega conseguì un ragguardevole 8,65 per cento che era composto dal 15.4 per cento in otto regioni del Nord, Emilia compresa, e nemmeno l’uno per cento nel resto d’Italia. Questo risultato, insieme al crollo dei partiti dominanti per un quarantennio, segnò l’agenda politica del Paese. Il tema del federalismo e la questione settentrionale si imposero nel dibattito politico. Le stelle di Umberto Bossi e della Lega Nord cominciarono a brillare e furono decisive per portare al Governo, nel ‘94, la nuova destra liberista di Berlusconi e la destra di Fini che cercava di presentarsi con un volto più rassicurante.

Il tratto identitario

Il tratto identitario nordista è stato una costante ideologica ed elettorale della Lega Nord di Umberto Bossi per una fase lunga della politica italiana, fino al suo declino e alle sue dimissioni da segretario della Lega nel 2012. Per un breve tratto la guida della Lega finì nelle mani del suo discepolo, divenuto poi oppositore, Roberto Maroni. La svolta politica, e successivamente elettorale, avvenne con l’elezione a segretario del giovane Matteo Salvini, che annientò il tentativo di ritorno di Bossi. Salvini ebbe due intuizioni: rafforzare il tratto populista della Lega e renderla una forza nazionale. Il Nord è restato un tratto identitario, ma sullo sfondo. Abbandonato il secessionismo, la Lega si è accontentata del blando federalismo realizzato in Italia per lanciarsi su altri temi: la lotta all’immigrazione, il motto “prima gli italiani”, un rudimentale e un po’ bigotto richiamo alla tradizione religiosa e ai valori della famiglia tradizionale.

Temi che hanno, però, portato la lega al miglior risultato della sua storia, nel 2018, con un 17 per cento che le ha permesso di formare una coalizione governo con il Movimento cinque stelle, e addirittura raggiungere il 34 per cento alle europee dell’anno successivo.

La novità era rappresentata anche dalla composizione geografica del voto, molto più uniforme. I meridionali insultati e vituperati dalla Lega, avevano votato i loro persecutori. Poi il fallimento di quel Governo dopo appena un anno, la ricomposizione del centro destra segnato dall’exploit di Giorgia Meloni, e una nuova fase di declino elettorale.

Il nastro Moebius

Ora che la Lega di Salvini annaspa di nuovo cercando di preservare il suo tradizionale 8 per cento, ecco che ancora una volta fa ricorso, del tutto inconsapevolmente, al nastro di Moebius. Il nastro di Moebius, dall’omonimo matematico tedesco, è il teorema più conosciuto di quella disciplina della matematica che è la topologia. Se prendiamo una cintura e le facciamo fare mezzo giro, avremo una superficie unica non orientabile. Se immaginiamo una macchinina che la percorre, ad un certo punto noteremo che la macchinina scompare in un risvolto della cintura, come se si trovasse in un’altra dimensione, per riapparire poi di nuovo.

È un po’ la parabola della Lega: ha cercato di percorrere dimensioni diverse, per nascondere la sua identità originaria, e ora dopo vent’anni si trova al punto di partenza. Non è più il movimento del Nord, non è la destra autentica post o neofascista, non è la destra liberista, non rivendica più secessioni e addirittura il suo leader è diventato paladino del ponte per unire la Sicilia al continente.

L’ultima magia che emerge dal nastro di Moebius della Lega è il generale Vannacci, al quale ora si affida la nuova dimensione per la sopravvivenza elettorale. Alcuni matematici malignamente definiscono la topologia la disciplina che fa tanto rumore per nulla.

Pietro Maiorana

Autore