La rubrica culturale
La lezione di Novi Ligure: amore e coraggio trionfano sui forcaioli
Il collettivo di scrittura Lou Palanca è calabrese, come lo sono l’editore Rubbettino, che pubblica il loro ultimo libro, Padre vostro (pp. 131, euro 12), e la libreria a partire dalla quale si muove l’idea del testo (Ubik di Catanzaro, con Nunzio Belcaro glorioso libraio). Sono passati vent’anni dall’omicidio di Novi Ligure, quando Erika, col fidanzato Omar, uccide madre e fratello minore.
Il libro si interroga sulla capacità silenziosa del padre, il calabrese Francesco De Nardo, di perdonare la figlia, di accompagnarla nel percorso di rieducazione che ogni pena inflitta dallo Stato dovrebbe assicurare e di fare tutto questo secondo un modo opposto alla esternazione spettacolarizzata del pensiero e del sentimento (al limite dell’invasamento): il modo del riserbo, dell’interiorizzazione più spiazzante. «Francesco De Nardo, nato a Maida e residente a Novi Ligure, con i suoi silenzi e il suo coraggio insegna a quelli che lo conoscevano e a quelli che, come me, non lo conoscevano che c’è sempre un altro modo di stare al mondo».
La forza di queste pagine sta nella scelta di parlare non della vicenda in sé nei suoi dettagli fattuali, ma di quanto si propaga, a partire dall’elaborazione del post delictum, in termini di bene: «La sua storia, ingegnere De Nardo, è una storia speciale, una storia che farebbe bene a questo Paese che ha smarrito per l’appunto l’amore, il perdono, i grandi esempi e finanche il valore della paternità. Ci permetta di raccontarla». Il collettivo ci accompagna così in una fitta rete di sentieri – pensieri, evocazioni, osservazioni – che non hanno a oggetto la ricostruzione storica della riabilitazione di Erika: non un’intervista, non un’indagine per raccogliere dati e informazioni, niente di tutto questo.
II collettivo matura e pratica il convincimento che la scrittura deve concentrarsi sul dentro, non sul fuori, proprio allo stesso modo in cui Francesco De Nardo aveva dovuto tenere fisso lo sguardo sulla propria coscienza perché il frastuono del mondo non lo distogliesse dall’essenziale: «Se qualcuno leggesse ancora i Vangeli, potrebbe agevolmente citare a questo proposito la parabola del figliol prodigo, evidenziando come la figura del padre, che accoglie a braccia aperte il ritorno di chi lo ha abbandonato, resti priva di un prima e di un dopo». E il dentro sta nell’osservare da vicino il mistero dell’essere padri e madri e l’incomprensione col mondo dei figli, poiché «De Nardo è una brava persona, non ha fatto niente di male, non si è accorto di niente, non ha sbagliato niente, direbbe Kundera, ma non per questo è totalmente privo di colpe. La sua incapacità di scorgere gli indizi della tragedia lo rende comunque un padre imperfetto».
Ma il dentro, dove lo sguardo deve posarsi e sostare, sta anche nell’insofferenza della comunità verso una visione della vita che voglia ricominciare non sulle fondamenta della segregazione carceraria, ma su quelle della condivisone: «La giustizia non si limita a costruire una “gabbia” intorno alla rabbia, bensì la trasforma radicalmente da qualcosa di poco umano, di ossessivo e sanguinario, a qualcosa di umano, ragionevole, calmo, misurato». Citando in questi termini la storia del mito delle Erinni tramutate in Eumenidi nell’Orestea di Eschilo, Lou Palanca fornisce una delle chiavi di lettura di questo libro appassionato e sincero e, al contempo, ci consegna un talismano contro gli oscuri paramenti del giustizialismo.
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