Cecilia Bonaccorsi non ci sta a restare zitta dopo quello che è successo in un albergo in Trentino alla sua famiglia. Suo figlio Tommaso, 24 anni , disabile cognitivo e non vedente è stato invitato a consumare i pasti in una saletta a parte, lontano dai luoghi frequentati da tutta la clientela dell’albergo. Il motivo? “Alcune persone hanno detto di essere un po’ infastidite dalla presenza di suo figlio”. E così Cecilia e suo marito subito hanno chiuso le valigie e sono andati via. “Con tanto amaro in bocca”, ha scritto Cecilia nel post sui social con cui ha raccontato il tristissimo episodio. E non ha intenzione di rimanere con le mani in mano davanti al torto subito. Ed è pronta a una battaglia che è culturale e per tutti i disabili: “Io sono pronta. Con mio marito Remo presenteremo un esposto in Procura, denunceremo l’albergo di San Martino di Castrozza per discriminazione, anzi per segregazione. Chiederemo un euro di risarcimento: un euro soltanto, ma che varrà un milione se alla fine riusciremo a vincere la battaglia, in nome di mio figlio Tommaso e di tutti i disabili trattati in questo modo”, ha detto intervistata dal Corriere della Sera.

L’albergo con una nota ha detto di essere “estremamente rammaricato per quanto accaduto” e ha cercato di spiegare che “nulla è stato compiuto in malafede o con intento discriminatorio”. La decisione di proporre ai genitori di Tommaso, Cecilia e Remo, “di spostarsi in una saletta intima, raccolta, in cui spicca come elemento decorativo un mosaico di vetro, non, come è stato scritto, un vetro oscurato o una stanza in cui isolare Tommaso” ma “al contrario, un luogo nel quale a Tommaso venissero garantite la massima discrezione e la possibilità di esprimersi liberamente”. E infine: “La proprietaria dell’hotel – prosegue il comunicato – si scusa per il gesto fraintendibile. Non era suo intento offendere la sensibilità di nessuno, motivo per il quale ha subito tentato di aprire un dialogo con le persone coinvolte, per ora senza risultati”.

Mamma Cecilia racconta di aver ricevuto molta solidarietà. Anche la ministra per la disabilità Alessandra Locatelli le ha chiesto di conoscere Tommaso e la sua famiglia. Quella di Tommaso è una storia davvero dura da raccontare. “Lui è un ragazzo grande che gioca con i giochi dei bimbi piccoli – ha raccontato mamma Cecilia al Corriere – Non parla, non ha mai parlato, si esprime facendo dei vocalizzi e a volte si agita e caccia degli urli ma solo quando deve fare il vaccino oppure andare dal dentista, quando è felice oppure stressato. Lo seguono all’istituto romano Sant’Alessio per i ciechi e sta facendo progressi. Nuota in piscina e adora la musicoterapia. Da piccolo non camminava, adesso invece è in grado di farsi camminate anche di 30 chilometri in montagna. A San Martino di Castrozza dal giorno del nostro arrivo, sabato scorso, era sempre stato tranquillo: lunedì sera ha cenato col tovagliolo sulle gambe e non si è mai messo neanche una volta le dita nel naso. Nella sala c’erano altri quattro tavoli occupati ma nessuno sembrava infastidito. Tanto che io alla fine della serata gli avevo detto: bravo Tommaso, tu non sei un ragazzo da hotel a 4 stelle, tu sei da 5 stelle lusso!”.

A tre mesi di vita i genitori di Tommaso hanno scoperto che non vedeva. Seguendo il consiglio del medico avevano deciso di provarle tutte, compreso quella di rivolgersi a un luminare in materia che operava a Boston. Ci sono andati per ben 14 volte, supportando da soli enormi costi e salti mortali nell’organizzazione tra lavoro e altri figli, finchè il medico gli ha consigliato di rassegnarsi alla realtà. “La sindrome di Norrie – ha spiegato Cecilia – è una malattia ereditaria e io poi ho scoperto di esserne portatrice sana. Presenta in tutti i soggetti cecità, nel 40 per cento dei casi anche sordità e nel 60 per cento ritardo mentale: a Tommaso è stata risparmiata la sordità”. Quella della famiglia di Tommaso è una storia comune a tante che vivono in famiglia una disabilità grave. E i brutti episodi che avvengono periodicamente raccontano di quanto la strada si ancora lunghissima da fare affinchè i diritti dei disabili, le persone più fragili della società, vengano rispettati e tutelati. Ed è incredibile come ancora ci sia bisogno di spiegarlo. Eppure la cronaca conferma che è necessario.

“Oggi noi genitori siamo più forti. Se mi fosse capitato in un hotel 20 anni fa, non avrei proprio reagito, avrei pianto e basta, mi sarei chiusa in camera con la morte dentro”, continua Cecilia. E a quanti altri capitano episodi sgradevoli e una vita di lacrime? La reazione delle persone e la sensibilità verso certi temi potrebbe fare molto la differenza. La gente, continua Cecilia, “di sicuro è ignorante, nel senso che preferisce ignorare il disabile, confinarlo in una saletta riservata, invece di mettersi in relazione con lui”.

“Ma all’estero non è così – conclude la madre coraggio – Ricorderò per sempre un signore di mezza età, tracagnotto e calvo dentro l’ascensore del nostro hotel di Boston. Tommaso aveva appena subìto l’intervento, aveva gli occhietti coperti da scudini traforati di alluminio che lo facevano assomigliare a una formica aliena. E piangeva, strillando a tutto spiano. In ascensore eravamo una ventina di persone: a un certo punto il signore tracagnotto guarda gli altri, fa un gesto e tutti in coro iniziano a cantare una ninna nanna per Tommaso. E lui incredibilmente si calma. Così, secondo me, dovrebbe andare sempre quando le persone normali si trovano a contatto con la disabilità”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.