Il successo elettorale di Iacopo Melio – il candidato al Consiglio regionale toscano più votato (11.233 preferenze) – suggerisce due riflessioni.
Come noto, infatti, Melio è affetto da una grave malattia genetica (sindrome di Escobar) e per questo motivo, per precauzione contro il Covid-19, ha fatto una campagna elettorale interamente affidata ai social. Il che dimostra che i social non sono il luogo di dominio incontrastato degli “odiatori di professione” ma che sono semplicemente un mezzo che, se ben utilizzato, può contribuire a rivitalizzare il collegamento tra cittadini ed eletti, superando le distanze geografiche e, nel caso specifico, gli impedimenti fisici.

Ma Melio, sempre per precauzione, non potrà partecipare ai lavori sia del Consiglio che delle commissioni consiliari toscane. Il che pone in termini particolarmente esigenti, anche alla luce del consenso elettorale ottenuto, il problema di come consentire l’esercizio del mandato rappresentativo per chi, per obiettivi impedimenti di natura fisica, non è in condizione di farlo. Il problema non è nuovo. Come si ricorderà, infatti, la partecipazione tramite le tecnologie digitali ai lavori parlamentari – intendendo per tale sia la discussione che la votazione – è stata oggetto di ampia e vivace discussione politica e costituzionale nel marzo ed aprile scorsi quando le assemblee di Camera e Senato non poterono riunirsi nel plenum dei loro componenti poiché il rispetto delle regole di distanziamento sociale finì con il rendere le rispettive Aule incapienti.

A chi sosteneva l’obbligo costituzionale della presenza fisica, paventando altrimenti un Parlamento digitalizzato virtuale trasformato in freddo votificio, si replicava che la partecipazione a distanza doveva considerarsi una misura eccezionale volta ad evitare, come in parte poi accaduto, la marginalità delle camere nella gestione dell’emergenza. Impostato in termini astratti – è più importante il modo e il luogo (la presenza fisica nelle sedi di Camera e Senato) o il fine (l’essere i parlamentari riuniti per discutere e deliberare)? – il tema della partecipazione da remoto ha volutamente perso di concretezza; quella concretezza cui l’elezione del consigliere Melio, peraltro facilmente prevedibile, ci richiama ora con tutta la esigente durezza del caso.

È, infatti, costituzionalmente legittimo non permettere la partecipazione da remoto ai lavori dell’Assemblea e delle commissioni del Consiglio regionale toscano a chi sarà per un tempo oggi indefinito oggettivamente impossibilitato a farlo a causa delle sue condizioni fisiche? Non è un modo per impedire ai soggetti vulnerabili quella piena integrazione sociale, civile e, in questo caso, politica sulla cui necessità la giurisprudenza della Corte costituzionale da tempo ci richiama? Non è questa una patente e grave lesione del principio d’eguaglianza che vuole che siano trattate in modo diverso condizioni diverse?

La risposta a queste domande altre assemblee elettive l’hanno già data, come quelle spagnole dove in caso di grave infermità che impedisca lo svolgimento della funzione parlamentare, la Presidenza, apprezzate le speciali circostanze, può autorizzare che gli eletti votino tramite procedimento telematico. E non credo proprio che la Spagna, come tutte gli altri paesi che hanno introdotto modalità telematiche di partecipazione ai lavori parlamentari, a cominciare dalla Gran Bretagna, abbiano un’idea del Parlamento e della rappresentanza politica meno democratica della nostra.

Spetterà dunque al Consiglio regionale toscano farsi carico di questo problema. Forte della brillante tradizione di apertura all’innovazione, dimostrata in campo elettorale e regolamentare, è ragionevole sperare che ancora una volta farà da apripista nel trovare le forme adeguate per consentire al consigliere Melio di esercitare il suo mandato in condizioni eguali rispetto ai suoi colleghi.