Vaticaneide
La pace di Leone XIV che lega Vaticano e Casa Bianca: Trump può cedere il passo

Le due facce dell’Occidente e della cristianità: da una parte il Sommo Pontefice Leone XIV, dall’altra Donald Trump, il presidente degli Stati Uniti. Vicario di Cristo sulla terra il Papa, leader della più grande democrazia l’altro. Ma entrambi americani e repubblicani. Certo, il Santo Padre non ha partito ed è al di sopra delle parti, ma per la prima volta conosciamo – almeno in linea teorica – l’appartenenza politica del passato di un Papa. Precisando però (la cautela in questi casi non è mai troppa) che negli Stati Uniti tutti gli elettori si iscrivono nelle liste elettorali di uno dei due partiti, oppure come indipendenti. Ma, come abbiamo avuto modo di analizzare nelle tornate elettorali d’Oltreoceano, questo non vuol dire che di conseguenza quell’elettore si sentirà vincolato a votare per il candidato del partito in cui si è riconosciuto al momento dell’iscrizione. Così l’eccessiva euforia di alcuni ambienti conservatori statunitensi e nostrani, oltre che fuori luogo, rischia di etichettare ciò che per definizione non è etichettabile, perché è al di sopra delle definizioni materiali e politiche.
Scintille Prevost-USA
Di più: tra l’allora cardinale Prevost e l’attuale amministrazione Usa le scintile non sono mancate, ma non va dimenticato che la maggioranza dei cattolici americani ha votato per Trump in reazione alla follia iconoclasta e anti-cristiana del woke (elemento che si tende a non evidenziare a sufficienza), e dunque anche questo è un importante tema di riflessione. Trump è protestante, e ha negli evangelici una forza determinante, così come il suo vice Vance è cattolico, ed è l’uomo che più di tutti incarna la giovane e forte Chiesa cattolica americana a destra. The Donald non ha fatto mistero di credere di essere stato miracolato nell’attentato che lo ha quasi ucciso durante la campagna elettorale, così come ha più volte ribadito di essere l’uomo della pace.
La pace di Leone XIV
Di pace Leone XIV parla sin dalla sua elezione, e non lo fa come semplice auspicio, ma attivandosi politicamente e diplomaticamente come attore in grado di giocare un ruolo chiave, per riavvicinare i nemici, e proponendo persino Roma e il Vaticano come luoghi affinché ciò possa avvenire. Una soluzione che potrebbe essere resa sempre più probabile, visto il fallimento di quella mediazione che la Turchia – nell’evocativa seconda Roma, Costantinopoli ieri, oggi Istanbul – si è proposta di favorire con la sponda dell’America. Trump della pace ha fatto il suo mantra elettorale e il pungolo – dal giorno del suo insediamento – della politica estera della sua amministrazione, benché ad oggi, dopo aver piegato l’Ucraina ad accettare condizioni pesanti, si trova impantanato nell’ostinazione russa.
Il Papa ha sentito Zelensky e ha avviato il lavoro per predisporre un viaggio a Kyiv, che il segretario di Stato Parolin definisce ancora “prematuro” (anche se non chiude all’ipotesi, soprattutto dopo il rientro del Papa da Nicea). Ieri il Santo Padre ha ricevuto in udienza privata Sua Beatitudine Svjatoslav Ševčuk, arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, con lo scopo di ricucire un rapporto che si era fortemente raffreddato per alcune dichiarazioni spesso mal interpretate di Papa Francesco. L’unità dei cristiani sarà alla base della pace, e forse The Donald dovrà cedere il passo a Leone XIV.
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