Occidente
A Copenhagen la ricerca sullo stato di salute delle democrazie: è giunta l’ora delle scelte impopolari

COPENHAGEN
“The time of cheap gas from Russia, cheap goods from China and cheap defense and security from United States is over. Let’s start to build our future starting from our own capabilities”. Queste le parole di Anders Fogh Rasmussen, già Segretario Generale della NATO e Primo Ministro Danese all’apertura dell’VIII Copenhagen Democracy Summit organizzato dall’Alliance of Democracies Foundation.
Il tono è solenne e gli invitati al summit che in questi due giorni hanno discusso di difesa e sicurezza e dello stato di salute delle democrazie occidentali sono ampiamente convinti che l’ora delle scelte impopolari ma necessarie per la salvaguardia di quanto costruito dopo la fine della Guerra Fredda sia arrivata. E mi riferisco alla guerra fredda perché ciò che emerge qui a Copenaghen è una frattura ormai evidente tra i Paesi Nordici, Baltici ed ex cortina di ferro rispetto all’Europa del Sud e del Mediterraneo. Una frattura che riguarda la postura da avere come EU e Stati membri nei confronti della minaccia russa e del sostegno senza sé e senza ma all’Ucraina e alla necessaria deterrenza europea nel complesso dei suoi 26 partner.
Ed è emblematico come al summit di quest’anno sia forte la presenza, oltre che dei rappresentanti dei Paesi nordici e baltici, di una forte delegazione britannica capeggiata dagli ex primi ministri conservatori David Cameron e Boris Johnson. Entrambi in linea con la linea in politica estera di Starmer, hanno ribadito la necessaria presenza nello scacchiere europeo della Gran Bretagna e di come, l’uscita nel 2016 dall’UE, abbia agevolato il compito inglese nello scenario ucraino nei confronti della Russia, permettendo all’esercito di Sua Maestà e ai servizi segreti di poter interagire in maniera più diretta e senza freni europei con l’Ucraina e la sua struttura militare. In particolare David Cameron si è soffermato sulla necessità di continuare a lavorare a un’intesa con gli Stati Uniti e con l’attuale amministrazione, convinto che quanto leggermente asserito da Donald Trump in campagna elettorale e poi immediatamente dopo essere salito alla Casa Bianca sia difficilmente realizzabile: ossia una pace giusta con Putin. I fatti di cronaca e attualità direi che gli stanno dando ragione.
Insomma, non c’è bisogno di interpretazioni per capire dove si stia andando. In tutto questo, a chiudere gli eventi aperti al pubblico e non riservati, ci hanno pensato l’Ammiraglio Rob Bauer, già Chair of the Military Committee della NATO, e Kaja Kallas, l’Alto Rappresentante per la Politica Estera della Commissione Europea. Se dal versante militare l’Ammiraglio Bauer ha confermato che se oggi l’Europa volesse staccarsi dagli Stati Uniti necessiterebbe di 20 anni di investimenti per arrivare all’attuale stato di potenza militare che gli è garantita da questa alleanza, la Kallas è stata ancora più tranciante. Non esiste Europa senza NATO e senza Stati Uniti d’America. La mancanza dell’Italia nel gruppo dei volenterosi nella recente visita a Kyiv ha ribadito le incertezze nei confronti del nostro sistema Paese, bizzarro e stravagante a volte nel voler essere parte comune di un progetto ma non esporsi per non importunare l’alleato americano.
Ed è per questo che ho sottolineato, soprattutto ad Anders Fogh Rasmussen, la necessità di lavorare a un lancio dell’Alliance of Democracies Foundation anche nei Paesi mediterranei e a Roma come centro nevralgico. Se vogliamo vincere le sfide della modernità assieme, è necessario che anche i Paesi europei legittimamente più minacciati dall’aggressività russa escano dalla loro “comfort zone” della NATO, e di coinvolgere gli stakeholders mediterranei sulla necessità di capire che le minacce alla tenuta democratica europea è una minaccia comune per tutti gli Stati membri. E la risposta deve essere univoca, unanime e compatta perché “Freedom never defends itself”, come ha tuonato in chiusura di summit Anders Fogh Rasmussen. Un monito per tutti Noi e per le generazioni future.
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