Il gioielliere rapinato e poi omicida dei rapinatori accende il dibattito politico e social, con la solita raccapricciante qualità argomentativa alla quale siamo ormai abituati. Non entro nel merito di un processo che non ha ancora un verdetto definitivo. Mi interessa invece fare qualche considerazione di carattere generale. Il tema della legittima difesa si accende in modo particolarmente virulento intorno alle rapine, preferibilmente quelle nelle gioiellerie.

Ciò ovviamente si spiega perché queste rapine avvengono a mano armata, quindi con minaccia alla vita del gioielliere, oltre che aggressione al suo patrimonio. Questo dovrebbe far capire anche ai più sprovveduti che il tema della legittima difesa viene innescato da un conflitto a fuoco, o dalla minaccia dell’uso di un’arma. Quando la minaccia armata non c’è, la reazione armata non è più legittima perché viene meno ogni proporzionalità tra aggressione e difesa, per quanto tu voglia industriarti ad intervenire normativamente sulla nozione di proporzionalità. Se il rapinatore se ne è andato, se ne è andato, e la minaccia alla tua vita è cessata.

L’aggressione al patrimonio resta odioso, resta un sopruso inaccettabile, chi lo compie deve essere severamente punito, ma il rapinato non acquisisce perciò solo un diritto di vita o di morte sul rapinatore. Invece, non solo nel dibattitto social, che su questi ed altri temi assomiglia ogni giorno di più ad una fogna a cielo aperto, ma più o meno con la stessa qualità anche nel dibattito politico e sui media tradizionali, si parametra in realtà la legittimità della reazione armata del rapinato sulla ingiustizia del torto subito. Ma se una reazione omicidiaria dovesse essere legittima, anche una volta cessata la minaccia delle pistole dei rapinatori, solo perché è giusto e legittimo non rimanere inermi di fronte ad un torto, allora questo ragionamento dovrebbe valere ben di più che quando la vittima subisce un attentato al proprio patrimonio.

Se il parametro giustificativo di una reazione omicidiaria è l’ingiustizia e la gravità del torto subito, a prescindere dalla attualità ed imminenza della minaccia armata, cosa dovremmo pensare circa il diritto di reagire di chi subisce una violenza sessuale, uno stalking, o atti di bullismo, o un’usura? Sono ragionamenti elementari, me ne rendo conto, ma d’altronde il livello della discussione politica è davvero di una stupefacente povertà argomentativa, e ti conduce a questo livello di semplificazione, alla ricerca -forse vana- di un filo di ragionevolezza. Ho letto che il senatore Borghi della Lega immagina una ennesima riforma della legge sulla legittima difesa. Per dire cosa: che si può reagire sparando anche quando il ladro o il rapinatore non ti sta più minacciando la vita? E con quale argomento: che deve restituirti il maltolto? Ma è mai possibile questo livello indecente di irresponsabilità da parte di chi dovrebbe orientare la pubblica opinione, piuttosto che assecondarla negli istinti più beceri ed insensati?

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