L’altro ieri il Senato ha approvato in via definitiva la cosiddetta riforma Cartabia. Nell’esatto testo già approvato dalla Camera, senza emendamenti. Non si può dire che questa riforma sia negativa. È comunque un miglioramento rispetto all’esistente. Nemmeno, però, si può definirla una rivoluzione, tale da riportare pienamente il nostro sistema nell’alveo dello stato di diritto. Rappresenta un piccolo passo avanti in quanto ci saranno dei cambiamenti in linea con le proposte di riforma che hanno dato la stura al movimento referendario.

Innanzitutto, con riferimento alla separazione delle funzioni tra pm e giudice, sarà possibile un solo passaggio tra funzione inquirente e giudicante, entro i primi 10 anni. Una novità positiva, certo, rispetto alla previsione attuale (che rende possibili quattro passaggi). Inoltre, chi decide di dedicarsi alla politica e viene eletto, non potrà più tornare a fare il giudice. Cosa buona e giusta. Altro aspetto, gli avvocati potranno portare la voce dei rispettivi ordini professionali all’interno dei consigli giudiziari e votare anche quando si tratta di valutare i magistrati. Bene. Inoltre, altro cambiamento positivo è quello relativo ad una maggiore trasparenza introdotta rispetto alla formazione e all’aggiornamento del fascicolo personale del magistrato, alla tempistica delle nomine ed alla valutazione dei curricula per l’assegnazione degli incarichi direttivi. Restano però irrisolte le grandi questioni. Prima di tutto, quello legata allo strapotere delle correnti all’interno del Csm che si manifesta in sede di elezione della componente togata che avviene oggi attraverso liste che si identificano in partiti/correnti.

La riforma Cartabia non ha avuto il coraggio di introdurre il sorteggio; si è preferito modificare il sistema elettorale attuale inserendo dei presunti correttivi. Si tratta di una toppa che oggettivamente è peggio del buco. Il sistema elettorale introdotto è farraginoso e comunque tutto sarà ancora in mano alle correnti, esattamente come prima. Inoltre, non viene affatto affrontato il tema della presunzione di non colpevolezza applicato alle cariche elettive (legge Severino) e nemmeno quello degli abusi di custodia cautelare. Men che meno si toccano gli aspetti legati allo strapotere dei pm nelle indagini prima che nel processo ed alla sistematica compressione dei diritti della difesa, caratteristica delle leggi approvate in questi ultimi anni. La riforma Cartabia rispetto ai mali che affliggono la giustizia è un’aspirina. In questo momento, di più non è possibile ottenere. È evidente che si aspettano tempi migliori. Speriamo arrivino.