Ricordate le polemiche per la mancata registrazione dei colloqui avvenuti durante la cena del 9 maggio 2019 fra Luca Palamara, il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone ed altri magistrati della Capitale presso un ristorante ai Parioli? La circostanza è tornata d’attualità questa settimana con Matteo Renzi che, intervistato da Nicola Porro, ha ironizzato sul funzionamento a ‘singhiozzo’ del trojan inserito nel cellulare di Palamara. Il Riformista l’anno scorso aveva pubblicato alcuni articoli in cui si ponevano diversi interrogativi sul modo in cui era stato utilizzato il software spia.

Il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, forse ritenendosi preso di mira, aveva scritto al Csm chiedendo l’apertura di una “pratica a tutela” per salvaguardare il prestigio dei magistrati del capoluogo umbro che stavano svolgendo le indagini nei confronti di Palamara. Cantone aveva anche diramato un comunicato dichiarando che il trojan non aveva registrato l’incontro del 9 maggio 2019 tra Palamara, Pignatone ed altri “perché non era, come si è più volte già spiegato in tutte le sedi, programmato in quell’orario per la registrazione”. Il 22 marzo del 2021 Cantone era stato poi convocato davanti alla Prima commissione del Consiglio superiore della magistratura dove aveva cercato, come scrisse La Repubblica, quotidiano sempre ben informato, di “blindare” l’inchiesta, interloquendo “su tutti gli aspetti oggetto della sua segnalazione”. Il magistrato, che Renzi aveva voluto a capo dell’Anac, sempre secondo Repubblica, aveva quindi smentito l’esistenza dell’intercettazione di quella cena, affermando che “non fu programmata perché si trattava di un incontro conviviale con le rispettive mogli. In quei contesti Palamara non si lasciava mai andare a confidenze, quindi sarebbe stato inutile”.

Il Riformista ha recuperato il verbale di quella audizione al Csm. Il primo ad intervenire fu Nino Di Matteo. “In alcuni articoli comunque si fa riferimento ad un incontro, ad una cena, del 9 maggio, alla quale assieme al dottor Palamara avrebbe partecipato il procuratore di Roma, in quel momento da poco in pensione, il dottor Pignatone e altri magistrati. Su questo lei è in grado di spiegarci se era stato programmato l’utilizzo del Trojan e quindi la registrazione anche per quelle ore in cui poi avvenne l’incontro?”, domandò Di Matteo. Rispose Cantone: “Non era stato programmato… sono in grado di dirle che il Trojan ha funzionato fino alle 16:53 di quella giornata”. E ancora Di Matteo: “Ed era stato programmato che funzionasse più a lungo o no?”. “Fino alle 18:00”, replicò Cantone.

Quanto dichiarato al Csm da Cantone risulta però smentito da una relazione della società Rcs di Milano che fornì il trojan e dalla quale risulta la programmazione effettuata l’8 maggio 2019 dal maresciallo del Gico Roberto D’Acunto. Contrariamente a quanto dice Cantone, il finanziere programmò il trojan per registrare il 9 maggio 2019 dalle 6 pomeridiane fino alle 11:59:59, cioè fino a mezzanotte. Tale programmazione, però, venne annullata dal maresciallo Orrea la mattina del 9 maggio 2019. Stranamente, trattandosi di atti depositati, nessuno dei consiglieri del Csm ha fatto presente a Cantone ciò che aveva combinato il sottufficiale, chiedendogli le dovute spiegazioni. Ma la testimonianza di Cantone al Csm stride anche con il fatto che la sera precedente, quella dell’8 maggio 2019, il trojan era stato programmato ed ha funzionato fino alle 2 di notte poiché, sempre come riferito dai finanzieri, Palamara doveva essere intercettato soprattutto la sera quando incontrava a cena i propri amici e conoscenti.

Nel procedimento disciplinare a carico di Palamara il maggiore del Gico Fabio Di Bella aveva dichiarato che “Palamara era una persona che era solita intrattenersi fino a tardi la sera e incontrare diverse persone programmando quindi la registrazione nelle ore serali anche fino a tardi”. Chissà se un giorno, allora, qualcuno vorrà fare luce su chi diede l’ordine di ‘sprogrammare’ il trojan ed evitare così ascolti probabilmente fonte di grande imbarazzo. E fonte di imbarazzo continuano, invece, ad essere le chat di Palamara. Ieri il Csm ha stoppato la nomina del nuovo Avvocato generale perché un concorrente, la magistrata Pina Casella, aveva scambiato qualche messaggio di troppo con l’allora zar degli incarichi.