L’indagine sul Palamaragate non finisce mai di stupire. Durante l’udienza preliminare in corso a Perugia relativa al procedimento per corruzione nei confronti dell’ex zar delle nomine, il procuratore Raffaele Cantone ha depositato ieri un incredibile verbale reso alla Procura di Firenze dall’ingegnere Duilio Bianchi, direttore di divisione della Rcs, la società che ha fornito il trojan con cui erano state effettuate le intercettazioni.

Davanti ai pm fiorentini che gli chiedevano spiegazioni sul funzionamento del micidiale virus spia, fornito dalla società milanese al Gico della guardia di finanza al costo di circa 300 euro al giorno, ed in particolare se i dati captati finissero direttamente presso i server della Procura, come prevede il codice di procedura penale, Bianchi ha candidamente ammesso che esisteva un server intermedio collocato a Napoli, per l’esattezza all’Isola 5E del centro direzionale del capoluogo campano. Indirizzo dove non c’è nessuna sede giudiziaria né di polizia ma gli uffici della Rcs. L’azienda, leader in Italia nel settore degli ascolti, ha sempre negato di avere trattato i dati dell’indagine a carico di Palamara. Anche perché, in caso contrario, sarebbero nulli gli ascolti effettuati. Ma che esistesse una server a Napoli e che funzionasse perfettamente lo avevano da sempre sostenuto i difensori di Palamara e di Cosimo Ferri alle udienze davanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

Sennonché Bianchi il 30 settembre 2020 a precise domande del collegio e del procuratore generale della Cassazione Pietro Gaeta aveva affermato l’esatto contrario, sostenendo che le fonie transitavano direttamente dal telefonino alla Procura. Bianchi avrebbe affermato a Firenze che quando testimoniò aveva commesso un errore perché l’architettura che prevedeva il server di Napoli ha funzionato fino all’estate del 2019 e quindi si sarebbe confuso sulle date perché l’indagine su Palamara era cessata il 30 maggio 2019. Ma le sorprese non finiscono qui. Fra gli atti depositati ieri, alcuni riguardano direttamente anche il Riformista. Cantone, in un procedimento senza ipotesi di reato di recente iscrizione, ha delegato il Gico a verificare se i documenti pubblicati (dei tabulati con gli orari di funzionamento del trojan, ndr) da questo quotidiano nelle scorse settimane sulla famosa cena di Palamara con Giuseppe Pignatone al ristorante Mamma Angelina fossero genuini e i motivi della mancata registrazione.

Come accaduto a Roma sull’indagine nata dalla denuncia di Ferri sulla casualità dell’intercettazione dell’hotel Champagne, anche a Perugia hanno delegato il Gico a compiere indagini su se stesso. Il Gico ha ovviamente evaso la delega, da un lato sub-appaltandola all’altra chiamata in causa, la Rcs, dall’altro non evidenziando nulla che possa far comprendere ciò che è accaduto. Alcuni elementi possono essere tuttavia evidenziati. La prima è che la Rcs ha dovuto ammettere che «la figura rappresentata alla pagina 4 del Riformista del 9 marzo 2021 è effettivamente lo screenshot dell’applicazione IWS Viever utilizzata per la visualizzazione delle intercettazioni telematiche Rcs. Tale applicazione è stata messa più volte a disposizione degli avvocati delle difese nell’anno 2020». E quindi quanto pubblicato non è un tarocco.

La seconda è una formidabile contraddizione che pare ricordare le supercazzole di Ugo Tognazzi nel film Amici Miei.
Premessa: nel documento della Rcs del 25 luglio 2019 con cui si illustra il funzionamento del trojan si legge che «una volta ricevuta una configurazione il captatore se il telefono è in standby – schermo spento – inizia a registrare creando dei frammenti di registrazione detti chunk». Nello stesso documento si legge poi che «i progressivi di tipo sync rappresentano delle indicazioni inviate periodicamente dal captatore al server con lo scopo di far sapere che è operativo e collegato ad internet». E avendo il telefono di Palamara inviato i sync la sera della cena, come avevano evidenziato, voleva allora dire che il captatore stava facendo il suo sporco lavoro, quindi che stava registrando, anche se tutti avevano sempre giurato e spergiurato il contrario.

Adesso, invece, Rcs con una nota del 16 marzo 2021, condivisa dal Gico e trasmessa a Perugia, svaluta il sync e per spiegare cosa è successo fino alle 22:53 del 9 maggio 2019, poiché il telefonino di Palamara inviava questi sync, sostiene che «la sessione 7 non rappresenta in alcun modo un tabulato di registrazione ma è solo un contenitore di evidenze intercettate all’interno del range di data inizio e fine indicate». Alzi la mano chi ha capito cosa possa significare questa frase. Noi, sinceramente, non capiamo quale sia la differenza tra “registrazione” e “intercettazione”. Attendiamo spiegazioni e ci auguriamo che almeno a Firenze le indagini sul Gico e su Rcs non vengano delegate allo stesso Gico e alla stessa Rcs. Un plauso, comunque, a Cantone che almeno sta dimostrando di voler capire come sono state condotte queste indagini.