E' battaglia in Commissione giustizia del Senato
Riforma Cartabia a rischio, Lega e Italia Viva resistono: “Non possiamo ignorare i 10 milioni che hanno votato”

È scontro all’interno della maggioranza sulla riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario. Ieri giornata di grande tensione in Senato dove il testo è in discussione in commissione Giustizia. La mattinata era iniziata con un vertice tra la ministra della Giustizia Marta Cartabia, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà e i capigruppo di maggioranza per trovare una intesa sui 260 emendamenti presentati. La riunione si era conclusa con un nulla di fatto perché Lega e Italia Viva avevano comunicato di non voler ritirare i propri (60 il Carroccio, 86 Iv), come chiesto dal Governo e dalle altre forze di maggioranza.
La Guardasigilli aveva abbandonato il vertice: non si comprende se perché spazientita dall’ennesimo ostacolo che la allontana dal traguardo o se perché a via Arenula la stava attendendo una delegazione ministeriale dei Paesi Bassi, guidata dalla ministra della Giustizia e della Sicurezza Dilan Yeşilgöz-Zegerius e dal ministro per la Tutela Giuridica Franc Weerwind. Al termine dell’incontro a Palazzo Madama D’Incà era però apparso ottimista sull’esito: «Abbiamo chiesto di procedere con il calendario dell’Aula che vede il voto finale nella giornata di giovedì, per poter andare alla votazione del prossimo Csm con le nuove regole. In maggioranza vi sono alcune posizioni diverse sugli emendamenti proposti, ma abbiamo la conferma e la sicurezza di poter trovare l’accordo dei Gruppi, andare in votazione oggi (ieri, ndr)a partire dalle 15 in commissione quindi chiudere stasera o domani mattina il testo in commissione e poi andare in Aula. L’ipotesi della fiducia è esclusa, come alla Camera intendiamo lavorare attraverso le votazioni anche in Aula».
Comunque porre la fiducia sarebbe quasi impossibile anche da un punto di vista tecnico: alla Camera il testo è stato votato articolo per articolo, quindi se ora in Senato il governo decidesse di mettere la fiducia su un maxiemendamento, i testi sarebbero formalmente diversi e sarebbe comunque necessario il ritorno alla Camera. D’altronde, porre la fiducia su ciascuno dei 43 articoli significherebbe allungare tantissimo i tempi. La seduta della Commissione è poi ripresa alle 15 ma dopo un’ora si viene a sapere che tutto è rimandato alle 19 o comunque al termine dei lavori dell’Aula: dopo la conclusione dell’illustrazione degli emendamenti e l’acquisizione dei pareri da parte delle commissioni Bilancio e Affari costituzionali, la seduta è stata sospesa su richiesta di Italia viva, che si è riunita per decidere se mantenere o meno i suoi emendamenti.
Mentre il partito di Matteo Salvini ha mantenuto il punto: «La Lega – ha detto Andrea Ostellari, presidente della Commissione e relatore del testo – non ritira gli emendamenti che ha depositato sulla riforma del Csm». A lui si sono accodati con una nota i senatori leghisti componenti della commissione Giustizia – Simone Pillon (capogruppo), Emanuele Pellegrini, Pasquale Pepe e Francesco Urraro – che hanno spiegato come «le proposte della Lega sulla riforma Cartabia per quanto attiene al Consiglio superiore della magistratura sono migliorative e vogliamo che sia il Parlamento ad esprimersi nel merito, come previsto dalla nostra Costituzione. Il nostro intento è garantire alla stragrande maggioranza di magistrati liberi di poter continuare a svolgere il loro compito. Peraltro non possiamo ignorare il segnale di quei 10 milioni di italiani che hanno votato i referendum e hanno dato un’indicazione chiara in tema di giustizia. Crediamo che sia necessaria una svolta su questo fronte ed è giusto che ci sia una discussione in Parlamento, organo preposto a tale funzione».
Lo scenario era stato già delineato da Salvini il giorno prima durante la conferenza stampa convocata per commentare i risultati delle amministrative: se «qualcuno a sinistra ha fatto di tutto perché il quorum dei referendum sulla giustizia non fosse neanche lontanamente avvicinabile», il leader ha scelto di tenersi «stretti i 10 milioni di italiani che hanno ritenuto un dovere civico partecipare. Nell’ottica dei sì che hanno vinto con tutti e cinque i quesiti, la Lega porterà in Commissione delle proposte che siano conseguenti come la separazione delle carriere, la riforma del Csm». Inascoltato dunque l’appello del sottosegretario alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto che al termine del vertice di maggioranza aveva dichiarato: «Sarebbe un beau geste tenere conto delle esigenze del Paese in questo momento, proprio l’esito dei referendum convince che la riforma è sulla strada giusta. Non si può pensare neanche per un attimo che il prossimo Consiglio superiore vada a votare con la stessa legge, il Parlamento ne uscirebbe con le ossa rotta». L’atteggiamento del Carroccio ha suscitato il forte disappunto del Partito Democratico.
«Mi pare evidente che qualcuno, dopo la sconfitta al referendum, punti all’affossamento della riforma Cartabia già approvata a larghissima maggioranza alla Camera»: così Anna Rossomando, responsabile Giustizia del Pd. A lei ha fatto eco Franco Mirabelli, capogruppo del Pd in commissione Giustizia del Senato: «Abbiamo detto chiaramente che per noi c’è questa riforma e non ce ne sono altre, sia perché si allungherebbero i tempi e impedirebbero al Csm di votare a settembre, sia perché questo è il punto di equilibrio trovato. Chi mette in discussione questa cosa si assume la responsabilità di far saltare la riforma e di lasciare le cose così come sono per tutta la legislatura. Sarebbe una responsabilità gravissima». Ad ogni modo, dopo il break chiesto da Italia Viva, la commissione giustizia di palazzo Madama è tornata a riunirsi dopo le 19. Ma Italia viva e Lega hanno deciso di non ritirare i loro emendamenti. Fonti interne al gruppo Iv fanno sapere che la linea in commissione è questa e che poi ci sarà una nuova valutazione quando il provvedimento arriverà in Aula.
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