Riforma della giustizia, crisi della magistratura, correnti e organi di autogoverno, tribunali ingolfati e innocenti in carcere. I temi sono vari e tutti serissimi quando si affronta l’argomento giustizia. La Camera penale di Napoli ha organizzato giorni fa un convegno per discutere, partendo dal libro dell’ex pm Carlo Nordio su “Giustizia, ultimo atto”, di criticità e interventi da adottare. «Oggi la magistratura italiana sta vivendo una profonda crisi di legittimazione, forse la più grave della sua storia – sottolinea l’avvocato Marco Campora, presidente della Camera penale di Napoli – . Lo dico con rispetto per i magistrati ma con profonda preoccupazione. Qui non si tratta del singolo magistrato messo in discussione, ma di un intero ordinamento».

«In Italia – aggiunge – abbiamo problemi seri, ci sono sei milioni di procedure arretrate. Ci dobbiamo confrontare con questi numeri per parlare di riforme, di crisi della magistratura, di crisi del sistema giudiziario nel suo complesso. Basti pensare ai numeri dei procedimenti pendenti dinanzi alla Corte d’appello di Napoli, numeri enormi che danno vita a una profonda ingiustizia, perché ci sono processi fissati a distanza di molti anni e quindi sia in caso di assoluzione sia in caso di condanna si finisce per essere in presenza di ingiustizie. Nel primo caso vi saranno vite spezzate, mentre in caso di condanna si apriranno le porte del carcere per un soggetto che magari è completamente cambiato rispetto al momento della commissione del fatto». Al convegno sono presenti, tra gli altri, il procuratore generale Luigi Riello, e il capo della Procura di Napoli, Gianni Melillo. Riello critica l’atteggiamento ectoplasmatico dell’Anm «che reagisce solo se attaccata ma non costruisce valori» e invoca «una magistratura affrancata da lacci e laccioli e una riforma strutturale della giustizia che non si fa né con interventi punitivi né con sorteggi né con interventi a punti».

Melillo ritiene che non sia questo il clima in cui fare riforme e sottolinea l’importanza di ritrovare valori di coesione e solidarietà: «Battibecchi, contrapposizioni, crisi della magistratura non si possono risolvere con micro interventi spot su singoli frammenti processuali o ordinamenti. Le riforme della giustizia devono farsi tenendo come punto di vista dominante quello del cittadino che esige osservanza di canoni istituzionali che vanno riscoperti e valorizzati, vale a dire efficienza, onore, disciplina, trasparenza». Ma è il presidente dei penalisti napoletani a mettere il dito nelle piaghe più profonde e puntare l’attenzione su poteri e funzioni dei magistrati. «Abbiamo 200 magistrati che continuano ad occupare le stanze dei Ministeri e in particolare le stanze del Ministero della giustizia, con funzioni meramente amministrative. È su questo che le riforme si devono concentrare», afferma Campora. La riforma Cartabia e i referendum in atto sono interventi. «Ma non bastano – aggiunge – per restituire credibilità ai magistrati nei confronti dei cittadini, per restituire credibilità al sistema giustizia».

Qual è il problema più serio? «Il problema è che il giudice terzo si è completamente smarrito – sottolinea il presidente della Camera penale nel suo intervento al convegno – e assistiamo sovente a sentenze di condanna a pene di gran lunga superiori a quelle richieste dalla pubblica accusa. Questo probabilmente perché nel tempo le Procure sono cresciute, anche grazie al confronto dialettico con avvocatura e politica. Il vero tema centrale, quindi, è il giudice preso dall’ansia di smaltire gli arretrati a tutti costi, anche sacrificando garanzie e qualità della giurisdizione». Altro problema i continui cambi di collegio che incidono sui tempi del processo.

«Non è possibile che in processi complessi, con numerose udienze, si assista a mutamenti dei collegi continui per consentire ai magistrati il passaggio da un ruolo all’altro, da una sezione o da una funzione ad un’altra. La riforma dell’ordinamento giudiziario e il problema del sistema elettorale del Csm non sono il tema centrale – conclude Campora – . Per incidere realmente sulla macchina della giustizia bisognerebbe innanzitutto guardare alla terzierà dei giudici perché parliamo di gigantismo dei pm, di strapotere delle Procure della Repubblica. La soluzione per incidere sui tempi del processo è rafforzare il dibattimento e arrivare a sentenza in tempi rapidi così da rendere anche superfluo l’eccessivo utilizzo delle misure cautelari che abbiamo avuto e continuiamo ad avere. Accorciando i tempi del processo si potrebbe pensare anche ad eliminare le misure cautelari. Del resto, l’indagine Eurispes, mai smentita né dalla magistratura né dalla politica, ha confermato che le lungaggini dei processi non dipendono da mezzucci degli avvocati ma da cause legate a motivi e responsabilità dei magistrati». Quindi, per concludere, per la Camera penale la riforma dovrebbe passare per un potenziamento della figura del giudice terzo, una responsabilizzazione dei magistrati attraverso profili valutativi più stringenti e rigidi, abolizione dei magistrati fuori ruolo per evitare confusione di funzioni e colmare i vuoti negli organici dei palazzi di Giustizia.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).