È partito l’assalto al Parlamento da parte dei gruppi della magistratura associata contro la riforma della giustizia voluta dalla Guardasigilli Marta Cartabia. I primi ad indossare l’elmetto sono stati i magistrati progressisti di Area. “La riforma dell’ordinamento giudiziario che il governo ha presentato al Parlamento contiene profili devastanti per l’indipendenza e l’autonomia della magistratura”, esordiscono le ex toghe rosse, sottolineando che quello che le spinge ad intervenire “è la consapevolezza dei danni che questa riforma provocherà ai cittadini che chiedono giustizia”.

Nel mirino le famigerate schede di valutazione professionale, le pagelle, con cui si valuteranno le performance dei pm che arrestano gli innocenti. “Non è vero – proseguono le toghe di Area – che la riforma restituirà efficienza alla giustizia: al contrario, prevedendo la valutazione con imbarazzanti pagelline e l’utilizzazione di standard individuali di produttività determinati dal capo dell’ufficio per ciascun magistrato, indurrà i magistrati ad assumere decisioni frettolose e tendenzialmente uniformi, riproduttive dei precedenti”. Il motivo di questo appiattimento sarebbe dovuto al fatto che “nessun magistrato potrà più dedicarsi a decidere con attenzione le questioni più complesse e, per rispettare la produttività che gli è stata imposta, sarà costretto a prendere la decisione più facile anziché quella più giusta”. E poi: “Non è accettabile che la professionalità del magistrato sia valutata dalla tenuta dei suoi provvedimenti nei gradi successivi di giudizio, perché non c’è alcuna garanzia che la pronuncia successiva sia più giusta di quella precedente”.

L’invito, dunque, è rivolto al vertice dell’Anm affinché indichi “ogni possibile forma di protesta e convochi un’assemblea straordinaria, da tenere contemporaneamente ad una giornata di sciopero, in cui spiegare ai cittadini le plurime aggressioni che questa riforma porta ai loro diritti”. Non poteva mancare una frecciata alla ministra Cartabia: “Abbiamo lealmente offerto il nostro contributo in ogni sede ed abbiamo partecipato a ogni convocazione, ma dobbiamo constatare che chi ci riceveva voleva solo adempiere ad un obbligo formale, senza alcuna reale intenzione di ascoltarci”. “Non è una difesa di corporazione perché non cambierebbe nulla, per noi: ci basterebbe adeguarci al volere dei superiori, con buona pace di chi ci chiede giustizia”, concludono allora le toghe di Area. Oltre alle pagelle lo scontro ha interessato ieri l’ipotesi, a cui stanno lavorando gli uffici di via Arenula, di innalzare l’età pensionabile dei magistrati da 70 a 72 anni, con la motivazione di portate a compimento il Pnrr.

La modifica, sondata dal sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto (FI) e però bocciata da tutti i partiti di centro destra, avrebbe come immediata conseguenza quella di trattenere in servizio i vertici della Corte di Cassazione, il primo presidente Pietro Curzio ed il pg Giovanni Salvi. Quest’ultimo, in particolare, in pensione per raggiunti limiti di età dal prossimo 9 luglio. A salire sulle barricare questa volta le toghe di destra di Magistratura indipendente. “L’età di pensionamento dei magistrati viene utilizzata come una fisarmonica, innalzandola e abbassandola a seconda delle convenienze del caso concreto”, ha affermato il segretario nazionale di Magistratura indipendente, il giudice della Corte d’Appello di Palermo Angelo Piraino.

“Trattenendo in servizio i magistrati più anziani non si risolve il problema dei vuoti di organico della magistratura, perché questi vuoti affliggono soprattutto gli uffici di primo grado e di frontiera, dove sono disposti a lavorare solo magistrati con minore anzianità”. Piraino ha poi fatto un esempio di strategia militare: “Per vincere le battaglie c’è bisogno di più soldati, non di più generali”. Sentendosi tirato in ballo, Salvi, toga progressista, ha preso ieri la parola durante il Plenum del Csm per chiarire la propria posizione. “Non avevo alcuna conoscenza e non ho avuto alcuna interlocuzione, ho saputo da mezzi di stampa. Non ne sapevo nulla e devo dire che non sono nemmeno interessato”, il commento di Salvi, che poi ha aggiunto: “Mi rammarico per il fatto che il dibattito pubblico sulla giustizia sia così povero e rancoroso”.