I numeri drammatici dell'alluvione in Emilia Romagna
Emergenza alluvione, la Romagna non può aspettare i tempi della politica: deve ripartire, subito
Stefano Bonaccini scrive centoventuno pagine con le proposte per migliorare il decreto alluvione, la Regione deve ripartire e non può attendere i tempi della politica

Centoventuno pagine: non è solo un elenco di proposte di modifica, ma anche un atto politico quello che compie il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, lasciando agli atti della Commissione Ambiente della Camera dei deputati il faldone degli emendamenti che la Regione Emilia-Romagna propone per “migliorare” il decreto alluvione.
Più che un miglioramento, è una riscrittura, anche se il diretto interessato assicura che il suo obiettivo è “lavorare bene in pieno spirito collaborativo”. Uno spirito che dopo gli abbracci e le pacche sulle spalle con la premier Giorgia Meloni nei primi giorni successivi all’alluvione, si è andato via via spegnendo quando sul palcoscenico sono saliti altri protagonisti a interpretare la parte del governo: il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci (“il Governo non è un bancomat”) e il vice ministro delle Infrastrutture, Galeazzo Bignami (“ci hanno chiesto soldi sulla fiducia: vi fidereste di Bonaccini e Schlein?”).
Anche in questa chiave di lettura vanno interpretate le posizioni espresse da Bonaccini davanti ai deputati della Commissione ambiente, riuniti per ascoltare le sue opinioni sul decreto che il parlamento sta esaminando. “È indispensabile avere piena contezza di quanto vissuto, che obbliga a rivedere i nostri modelli di pianificazione e di intervento dei territori”, dichiara: quasi a voler fare intendere che qualcuno al Governo non ha ancora ben inteso cosa è avvenuto in Romagna e che impatto ha avuto su quelle comunità.
E poi i numeri, impietosi e implacabili: oltre 4,35 miliardi di danni alle opere pubbliche “per cui serviranno interventi da realizzare e far partire entro l’estate per ripristinare le infrastrutture interrotte che isolano comunità ed imprese”. E ancora: ci sono stati quasi 2,2 miliardi di danni alle abitazioni, con diversi gradi di danneggiamento. E poi le imprese agricole coinvolte, oltre 12000, per una stima di danno pari ad 1,1 miliardo; a cui si aggiungono oltre 14000 le altre imprese per un totale di 1,22 miliardi, per un totale di circa 9 miliardi di euro.
“Le imprese hanno necessità di rimettersi in piedi quanto prima – sottolinea -. Serve dunque sostenere al massimo l’accesso al credito. Per le abitazioni private si tratta di mettere in piedi un sostegno di assistenza per acquisto mobilio e migliorie, ma anche per ricostruire laddove le case sono state completamente travolte dall’alluvione”. Bonaccini si unisce al coro di sindacati, associazioni di categoria, camere di commercio che chiedono al parlamento di fare presto e fare meglio, ciò di rafforzare le misure approvate dal Consiglio dei ministri. E di nominare un commissario straordinario. È “urgente”, dice il diretto interessato che non si spinge oltre nella valutazione. Del resto è parte in causa e negli ultimi giorni le sue quotazioni sembrano essere tornate a salire.
Su di lui sembra caduto il veto della Lega, squarciato anche del presidente dei governatori, Massimiliano Fedriga. Alla conferenza dei presidenti di Regione, infatti, c’è preoccupazione che la mancata nomina di Bonaccini costituisca un precedente per altre situazioni. Se salta l’automatismo che finora il presidente di Regione diventa commissario (come non è avvenuto solo per il terremoto del Centro Italia perchè coinvolgeva più regioni), allora un domani può capitare anche a governatori di centrodestra. Che per adesso sono la stragrande maggioranza. E in ogni caso su Bonaccini non c’è ostilità diretta neppure della stessa premier, Giorgia Meloni, che – come anticipato da “Il Riformista” – vede tra i nomi più papabili in questo momento anche quel Fabrizio Curcio, Capo della Protezione civile, sul quale sarebbe comunque difficile imbastire una polemica diretta e che gode di apprezzamenti trasversali tra le forze politiche.
A sbarrare la strada a Bonaccini, qualora cadessero i conflitti interni alla maggioranza di governo, potrebbero rimanere le implicazioni politiche. Anche in casa Pd, dove c’è chi ritiene che la nomina a Commissario del presidente di Regione faciliterebbe anche un eventuale terzo mandato da presidente. E ciò farebbe cadere molti alibi sul ‘no’ al terzo mandato per De Luca in Campania, che invece è diventata una delle battaglie principali della segreteria Schlein. Che, infatti, non pare particolarmente attiva e insistente nel chiedere che sia Bonaccini a guidare la ricostruzione in Romagna. Lui nel frattempo riduce al minimo le apparizioni, fatica a rispondere e a farsi trovare, assume un profilo più basso anche sui social: negli anni ha imparato che saper attendere in politica è sempre una virtù. Chi non può più aspettare, invece, sono i romagnoli colpiti da alluvione: rispondere a quella gente vale più che correre il rischio di richiesta di terzo mandato o di qualche carriera politica personale.
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