Il 20 novembre si celebra la Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, una data simbolica per ricordare la Dichiarazione dei diritti del fanciullo approvata durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959. È stato pensando a questa ricorrenza che Edicola Edizioni ha scelto il mese di novembre per pubblicare “Niños”, l’albo illustrato della poetessa cilena María José Ferrada e dell’artista venezuelana María Elena Valdez. Scritto per onorare la memoria dei 34 bambini rimasti vittima della dittatura cilena, “Niños” è un omaggio pieno di vita e tenerezza ai bambini di tutto il mondo.

L’11 settembre del 1973 il Palazzo de La Moneda di Santiago del Cile fu bombardato da aerei della Forza Armata. Finiva così il governo del presidente Salvador Allende e iniziavano diciassette anni di una violenta dittatura che avrebbe messo fine non solo alla democrazia ma anche alla vita di molti cileni. Diciassette anni di silenzi, di dolore, di madri, padri e figli a chiedersi come fosse possibile assistere a qualcosa del genere. Solo dopo che fu restaurata la democrazia, il mondo intero ha potuto conoscere la dimensione della violenza esercitata dal regime militare di Pinochet: secondo i rapporti elaborati dallo stato cileno per mezzo della Commissione Rettig e dalla Corporación Nacional de Reparación y Reconciliación, le vittime della dittatura cilena sono state 3.197 tra cui 2.095 giustiziati e almeno 1.102 desaparecidos.

Tra questi ci sono anche trentaquattro bambini minori di quattordici anni. Uno di loro è tuttora detenido desaparecido, detenuto scomparso. E un altro, Pablo Athanasiu, ha fatto parte di questa terribile lista fino al 2013, quando l’associazione Abuelas de Plaza de Mayo lo ha contattato e lui ha accettato di sottoporsi al test del DNA con il quale ha dimostrato di essere il figlio di Frida Lashan e Miguel Athanasiu, cileni desparecidos, studenti appartenenti al Movimiento de Izquierda Revolucionaria (MIR) che si rifugiarono a Buenos Aires nel 1974. Nato due anni dopo, Pablo fu sequestrato dagli agenti della dittatura argentina insieme ai genitori quando aveva appena sei mesi e per essere dato in adozione illegale a una coppia con legami con il regime di Videla. A lui, il nieto, nipote, numero 109, morto nel 2015, è dedicato Niños. «È davvero terribile che questi bambini non abbiano un memoriale, un parco dove altri bambini possano ricordarli, un luogo nel quale l’intera società possa fermarsi e dire che quello che è successo non si ripeterà, che non lo permetteremo mai più», ha dichiarato Ferrada al quotidiano argentino Pagina 12 in occasione dell’uscita del libro in Cile, lo scorso luglio. Nel Cile del presidente Sebastian Piñera, così come nei precedenti governi che si sono succeduti dopo il ritorno alla democrazia nel 1990, non è stato fatto nulla di concreto per onorare la memoria delle piccole vittime della dittatura. Gli unici documenti disponibili, elaborati dalla Comisión Rettig (1991) e dalla Corporación Nacional de Reparación y Reconciliación (1992), si limitano all’enumerazione dei casi.

 

Le terribili storie raccolte nei rapporti vanno dall’asfissia causata da gas lacrimogeni che nel 1984 ha ucciso Luz Marina Paineman, di 6 mesi, o il colpo di arma da fuoco che ha colpito al volto Marcela Marchant, di 8 anni, nel 1983, fino al drammatico caso di Carlos Fariña Oyarce, di 13 anni, imprigionato nel 1973, il cui corpo fu ritrovato nel 2000, bruciato e con ferite d’arma da fuoco. Elizabeth del Carmen Venegas Muñoz, di 13 anni, stava facendo la fila per comperare il pane nel quartiere José María Caro di Santiago, due giorni dopo il colpo di stato del 1973. A causa della tensione per la lunga attesa e il coprifuoco che si avvicinava, un gruppo di militari e di Carabineros iniziò a sparare. Elizabeth fu uccisa da un colpo che la raggiunse all’addome. Il grilletto facile dei militari era all’ordine del giorno in quell’epoca: ci sono due casi di bambini che stavano giocando a palla in due luoghi differenti – Enrique Gonzalez Yañez di 8 anni e Samuel Castro di 13 -, che furono uccisi senza alcuna ragione, così come il caso di Sergio Gómez Arriagada, 11 anni, che era uscito a comprare il pane proprio il giorno del colpo di stato. Non vedendolo rientrare, la madre lo cercò ovunque, fino all’obitorio, dove non trovò il figlio, ma tantissimi corpi mutilati. Il padre invece venne arrestato dopo un’accesa discussione con un gruppo di Carabineros violenti. Sergio è tuttora desaparecido.

 

«Il linguaggio dei documenti è necessariamente tecnico e preciso – continua Ferrada -, ma è di una freddezza disarmante. E non dovrebbe essere usato per raccontare la storia di un bambino. Di nessun bambino.». Ed è per rimediare almeno un poco a questo oblio che le autrici di Niños hanno scelto di immaginare per questi bambini una vita e un destino e raccontarli attraverso delicate illustrazioni e testi poetici. Nelle pagine del libro – già pubblicato in Messico da Alboroto Ediciones e in Cile da Liberalia e tradotto in Italia per Edicola da Giulia Giorgini –, i bambini portano a passeggio i loro animali, parlano con il loro amico immaginario o ascoltano la voce della loro mamma. Fanno quello che dovrebbe fare un bambino, avvolti nella dolcezza che ognuno di loro merita. «Abbiamo raccontato queste storie sapendo che purtroppo sono tantissimi i bambini che in questo momento hanno paura, soffrono o perdono la vita come conseguenza della violenza politica,» hanno scritto le autrici nell’introduzione al libro.

Nell’intervista rilasciata a Juan Carlos Ramírez Figueroa per Pagina 12, Ferrada riporta dati allarmanti: «Un rapporto redatto nell’estate 2020 dalla Cepal (Commissione Economica per l’America Latina e il Caribe) parla dell’impatto della pandemia dovuta al Covid sul lavoro minorile in America Latina e nel Caribe: si stima che 300.000 bambini saranno costretti a lavorare, andando ad aggiungersi ai 10,5 milioni che già lo fanno. Di fronte a numeri di questo genere, l’intero continente dovrebbe fermarsi e dire che questo non è possibile. Ma purtroppo queste informazioni terrificanti non fanno nemmeno notizia. I telegiornali, almeno quelli cileni, non ne parlano. Questo dimostra la vulnerabilità e la precarietà in cui viviamo. Il silenzio degli adulti si traduce nella violazione del diritto dei bambini a essere protetti dallo sfruttamento economico. Gli stati hanno firmato convenzioni dove si impegnano a essere garanti di questo diritto. Quando questo non succede è nostro compito, degli adulti, far scattare l’allarme, adesso, subito, non quando sarà troppo tardi, perché è qui, di fronte a i nostri occhi, che sta succedendo. Non si deve dimenticare che il lavoro minorile è strettamente collegato alla negazione di altri diritti, come quello all’educazione, alla salute e alla possibilità di crescere in una condizione di benessere fisico e mentale. Diritti che appartengono a tutti i bambini, non solo ad alcuni.»