Fu l’anno in cui in Italia una legge permise di fabbricare pubblicizzare e vendere i preservativi che erano fino a quel momento merce satanica clandestina e immorale, e fu anche l’anno in cui una delle grandi leader donna, la premier indiana Indira Gandhi, lanciò e vinse una guerra fondata su ragioni etiche contro il Pakistan che stava procedendo al genocidio sistematico della sua popolazione dell’Est. Questa guerra durò due settimane e si svolse nel mese di dicembre dopo il perdurante e feroce tentativo dell’esercito pakistano di sterminare quello che oggi è il Bangladesh. Fu una guerra breve, condotta in modo determinato, vittorioso per buoni motivi, come capita quando a fare la guerra sono donne alla guida degli Stati: così agirà l’israeliana Golda Meir per proteggere Israele dall’attacco egiziano e siriano dello Yom Kippur; e la britannica Margaret Thatcher quando risponderà all’occupazione delle isole Falkland dalle truppe dei generali golpisti del calabro-piemontese generale Galtieri di Buenos Aires, riconquistando le isole e facendo cadere la dittatura argentina.

Il femminismo della prima ondata stava appena attecchendo, ma era una novità assoluta dopo gli anni in cui anche le donne rivoluzionarie e più intraprendenti della sinistra finivano col diventare “angeli del ciclostile”, cioè più o meno le segretarie dei leader maschi. Non esistevano ancora leader femmine in Italia, salvo austere signore democristiane e comuniste che avevano combattuto nella Resistenza. La guerra nel Vietnam andava avanti in modo brutale perché gli Stati Uniti invasero il Laos insieme all’alleato Vietnam del Sud, nel tentativo di spezzare la catena dei rifornimenti che arrivavano alla guerriglia Vietcong dal Nord Vietnam di Hanoi, il cui leader Ho Chi Minh era un austero e carismatico uomo che per anni aveva servito come cameriere sulle navi occidentali, aveva vissuto in America crescendo nel mito di Abraham Lincoln, prima di adottare l’indipendentismo rivoluzionario sotto le bandiere comuniste. Il Vietnam sarà liberato dalla presenza degli americani pochi anni dopo, ma da allora il Vietnam si trovò in continuo conflitto armato proprio con la Cina comunista, il fin troppo grande fratello.

Il mondo ribolliva di evoluzioni e rivoluzioni che seguivano la morte del colonialismo ma che erano ben monitorate e spesso “eterodirette” (memorizziamo questa ostile parola che vuol dire pilotate dall’esterno) e la penisola italiana era allora come oggi il primo luogo di sbarco, insediamento e rifugio. Il Regno Unito era di nuovo in guerra radicale contro l’Ira, l’esercito repubblicano irlandese che anche ai nostri giorni sta dando segni di ritorno alle armi a causa della situazione di frontiera irlandese che si è creata dopo la Brexit e che allora era una delle più organizzate e disciplinate fazioni armate, guidata da militari regolari che avevano combattuto nell’esercito britannico durante la guerra e in collegamento con i Baschi dell’Eta che era sia una organizzazione antifranchista che una organizzazione nazionalista in guerra con Madrid. Entrambe ebbero certamente rapporti con i vari gruppi rivoluzionari italiani e su tutte queste sigle vegliavano, monitoravano, infiltravano e agivano attraverso lo spionaggio, tutte le maggiori agenzie del mondo, dallo Sdec francese all’Mi6 britannico, dal nostro Sid al Bnd tedesco occidentale e la frenetica Stasi tedesco orientale che aveva conservato gli stili e la sfrontatezza della Gestapo nazista. Infine, il Kgb più attivo esperto e spregiudicato, una Cia più tecnologica eternamente distratta dall’America Latina dove si sentiva minacciata dal castrismo cubano in Cile e in Colombia.

Fu in un clima così nebbioso e su una scena teatrale tanto densa che si svolse a Firenze una prima riunione di organizzazioni rivoluzionarie, di guerriglia e di opposizione armata a regimi dittatoriali con delegati dell’Ira irlandese, dell’Eta basco, dell’Erp, dell’Olp e altri dodici gruppi. I servizi segreti israeliani e tedeschi erano particolarmente allarmati perché vedevano nella nascente potenza libica di Gheddafi la voglia e i mezzi per svolgere un ruolo di infiltrazione e di coordinamento. Così come le continue scoperte di sconosciute artiste dei secoli passati che avevano dipinto sotto la copertura di falsi nomi maschili. La liberazione sessuale procedeva come procedono le rivoluzioni: massimalismi e restaurazioni, pogrom di autocoscienza nel corso dei quali era abitudine catacombale processarsi con autocritiche sempre più ridicole, ma di fatto il sistema dei matrimoni stabili temperati dall’adulterio vietato ma consentito, cominciarono a vacillare sotto i colpi della libertà minima garantita.

In Italia la società intera si stava spacchettando e riorganizzando intorno e contro i due partiti leader, quello comunista e quello dei cattolici nella Democrazia Cristiana. La dissidenza sembrava la parola d’ordine e nascevano come funghi movimenti, associazioni, fronti, con una festosa mescolanza di sigle di destra e di sinistra, spesso col dichiarato proposito di chiudere la vecchia partita ideologica dei fascisti e dei comunisti, specialmente ora che era in crescita il modello rivoluzionario della Cina, sicché tutte queste divisioni si reverberavano sulla Chiesa, l’arte, gli stili di vita, l’alimentazione, e più di tutto la libertà sessuale. La guerra contro i tabù stava diventando armata, la corsa verso l’ultimo e definitivo livello della provocazione e dello scandalo nel senso piccolo borghese di coppia aperta o coppia chiusa era un tema di ogni giorno; le cosiddette “comuni” nate a imitazione di quelle hippy californiane dei “figli dei fiori” formavano comunità oscillanti fra comportamenti basati sul fumo e gli allucinogeni psichedelici e gli accampamenti rivoluzionari ispirati alle guerriglie latinoamericane. Nel complesso, prevalse il modello rivoluzionario politico figlio e proseguimento di ciò che era stato seminato nel 1968, ma era anche un arcipelago di entità varie e fra loro impermeabili che lentamente si stava spaccando e spacchettando. La parte politica e teorica si schierava ai bordi del partito comunista sotto forma di dissidenza latente, il gruppo del manifesto passò dalla rivista al quotidiano e la sinistra intera – compresi i socialisti che per metà erano filogovernativi e per metà rimpiangevano l’alleanza con i compagni comunisti. Cominciò la guerra contro il fumo e i fumatori: vietata la pubblicità delle sigarette. Si poteva fumare ovunque, cinema e teatri compresi, bus e aerei, ma non si doveva pubblicizzarlo.

Gli studi sul cancro avanzavano, l’inquinamento stava diventando un tema quotidiano e già tendeva a diventare un cliché. La guerra fredda in Europa andava verso una stabilizzazione: i leader delle due Germanie, la Rft occidentale e la Ddr orientale cominciarono a scambiarsi timidi segni di dialogo e il 12 agosto avvenne un fatto importante e cupamente evocativo: Unione Sovietica e Germania occidentale firmarono un accordo in cui si promettevano di rinunciare all’uso della forza. Dove l’avevano già sentita? Un patto di non aggressione? Ma certo: il precedente fui nell’agosto del 1939, a poche settimane dall’inizio delle operazioni tedesche in Polonia che tutti consideriamo come l’inizio della Seconda guerra mondiale, precedute dalla firma di un “Patto di non aggressione” fra la Germania di Hitler e l’Urss di Stalin. Quel patto di 32 anni prima prevedeva alcune clausole che furono rivelate soltanto a guerra conclusa, secondo cui l’Urss avrebbe a sua volta invaso la Polonia di cui avrebbe incamerato il 51 per cento, ottenendo anche mano libera per aggredire – come fece – la Finlandia e poi le Repubbliche baltiche, tutti punti effettivamente realizzati, fino al capovolgimento del fronte nel giugno del 1941 quando Hitler attaccò l’ex alleato, firmando la sua stessa fine. Ora tutto era diverso, naturalmente, di Germanie ce n’erano due – cosa che piaceva molto a Giulio Andreotti che ironizzava sul suo amore per i tedeschi che si sarebbe saziato solo con almeno due Germanie – ma stava avvenendo un riallineamento promettente.

Nel mese di maggio Pietro Nenni va in visita in Israele e porta con sé la figlia Giuliana e Bettino Craxi. E annota sul suo diario: “Sono da oggi in Israele. Mi accompagnano Giuliana e Craxi”. Craxi è rapito dal fascino di Israele e dei suoi capi laburisti. Il 19 maggio pianta un albero nella foresta dei Martiri a 25 chilometri da Gerusalemme. Bettino Craxi è infatti ancora il delfino di Nenni, considerato un assoluto ammiratore di Israele e ostile alle organizzazioni indipendentiste e terroriste arabe. Avrebbe presto cambiato idea e posizione diventando un amico dell’Olp e un amico più che fraterno di Bourghiba, dittatore socialista della Tunisia, dove poi si rifugiò fino al giorno della sua morte.
In Italia fu rivelato ufficialmente il goffo tentativo di colpo di Stato nella notte dell’Annunziata del 1970, attribuito a Junio Valerio Borghese, il principe nero che era già stato sulle barricate di Reggio Calabria. A farlo è il ministro degli Interni Franco Restivo. La notizia esplode con fragore sui giornali e Junio Valerio Borghese scappa in Spagna. Secondo i racconti del pentito Tommaso Buscetta, Borghese avrebbe proposto un’alleanza politica a Cosa Nostra.

Intanto, in Libia, i servizi segreti italiani salvano Gheddafi per la seconda volta, dopo averlo portato al potere. Gli agenti del Sid assaltano nel porto di Trieste la nave “Conquistador 13” in procinto di salpare e arrestano un gruppo di 25 persone che nell’attesa dell’imbarco erano alloggiate all’hotel Savoy. Si trattava di una spedizione di cospiratori libici guidati da Umar El Shalhi, ex consigliere di re Idriss, il quale sperava di portare a termine la cosiddetta “Operazione Hilton”: cioè un attacco, previsto per il 31 marzo, alla fortezza-prigione di Tripoli (ironicamente chiamata “hôtel Hilton”). Gheddafi fece fare la pelle ai congiurati ma non ripagò l’Italia con maggior occhio di riguardo in commesse petrolifere ma pretese e ottenne rifornimenti di armi, munizioni, istruttori, e consiglieri militari forniti attraverso la sezione Controspionaggio del servizio segreto militare italiano. In patria, lo shock di un preteso colpo di Stato fascista abortito riaccende gli animi di un conflitto fra lo Stato repubblicano e i nostalgici del regime, e nel dibattito interviene Mario Scelba, il ministro degli Interni che aveva introdotto la “Legge Scelba” con cui si metteva al bando ogni forma anche solo simbolica di espressione o di organizzazione fascista, per dichiarare che non esiste alcun pericolo fascista.

A Tripoli l’ambasciatore italiano Enrico Guascone Belcredi riceve dal capo di Stato Maggiore libico, colonnello Yunis la richiesta di cingolati, obici, cannoni, missili e apparati elettronici. Si parla. di una commessa di 25 miliardi di lire intestata a Oto Melara, Snia Viscosa e Fiat. L’incontro con l’ambasciatore Belcredi, stando a una successiva ricostruzione dell’Espresso, è il risultato “di una lunga, complessa operazione patrocinata dal colonnello Roberto Jucci, più tardi promosso a capo del servizio informazioni dell’Esercito e poi generale di divisione”. Il generale Jucci diventerà nel 1985, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri.

Il successivo 17 dicembre quattro alti ufficiali libici vennero a visitare in Italia la Snia Viscosa, la Oto Melara e la Fiat per acquistare armi ma la trattativa fu bloccata dagli americani: le armi in questione avevano il brevetto americano e non potevano essere concesse senza licenza americana. Fu deciso di vendere ai libici una versione riadattata di missili anticarro americani “Tow” in cambio della fornitura all’ente petrolifero italiano di dieci milioni di tonnellate di greggio a prezzi stracciati. Su questo sconto si intreccia una rete di interessi tra uomini d’affari, politici, industriali, militari, servizi segreti e giornalisti che formano una lobby nota come “partito libico” che sembra aver trovato la sua copertura finanziaria. La vicenda ebbe alti e bassi perché Gheddafi accusò gli italiani di non mantenere i patti e ritardare la consegna delle armi, finché l’anno successivo il nuovo governo Andreotti risistemò tutto facendo imbarcare nel porto di La Spezia armi e mezzi italiani su navi riverniciate con i colori libici e con bandiera libica fabbricata in Liguria.

In Sicilia Cosa Nostra uccide l’otto maggio il Procuratore della Repubblica Pietro Scaglione e il suo autista Antonino Lo Russo. Nell’intervista concessa dopo la morte di Borsellino a Enzo Biagi (Panorama, 2 agosto 1992), Buscetta sosterrà che Scaglione fu la prima vittima fra quanti tentarono di opporsi all’ascesa dei Corleonesi. A uccidere il magistrato – disse Buscetta – sarebbe stato Luciano Liggio che era stato a lungo protetto dallo stesso Scaglione, o almeno questo è ciò che dissero in Parlamento alcuni membri della Commissione Cattani antimafia. Buscetta insistette nel dire che Cosa Nostra tramava politicamente per un colpo di Stato e che anche l’uccisione del giornalista Mauro De Mauro fu decisa per dare un segno di forte capacità terroristica. Come ho riferito nel precedente articolo, il capo della “residentura” sovietica del Kgb a Roma, interrogato dalla Commissione parlamentare Mitrokhin da me presieduta affermò – senza portare alcuna prova se non le sue stesse parole – che Mauro De Mauro era un suo agente e che fu soppresso dagli americani in modo tale da farlo apparire vittima della mafia.

Il suolo della Repubblica italiana diventa il terreno di residenza e azione di molte organizzazioni e bande armate. Nell’ottobre di quell’anno si svolge a Firenze una prima riunione di organizzazioni rivoluzionarie, di guerriglia e di opposizione armata a regimi dittatoriali. Sono presenti delegati dell’Ira irlandese, dell’Eta basco, dell’Erp, dell’Olp e altri dodici gruppi. I servizi segreti israeliani e tedeschi e tutti riconoscono alla Libia di Gheddafi un ruolo di sostegno e coordinamento. Ricordo queste numerose uova di serpente perché in seguito ebbero funzioni determinanti in quel che accadde quando diverse forme di terrorismo e guerriglia cercarono e trovarono sostegni reciproci. Il più attivo benché ancora molto giovane era il venezuelano Ilich Ramirez Sanchez (che sta morendo all’ergastolo a Parigi) noto come “Carlos the Jackal”, che ebbe in Italia un ruolo fondamentale e misterioso su quel che avvenne qualche anno dopo, man mano che le uova si schiudevano.

LA CRONOLOGIA DEGLI EVENTI DEL 1971

2 gennaio: disastro dell’Ibrox. Mentre sta finendo il derby tra Rangers e Celtic e i tifosi di casa stanno iniziando a lasciare gli spalti, per ragioni mai del tutto chiarite si produce una calca nella quale muoiono 66 persone e ne restano ferite oltre 200

7 febbraio: un Referendum popolare in Svizzera approva la concessione del diritto di voto alle donne

13 febbraio: durante la guerra del Vietnam le truppe del Vietnam del sud, appoggiate dall’artiglieria e dagli aerei americani, invadono il Laos

26-28 febbraio: moti dell’Aquila

10 marzo: la Corte Costituzionale italiana abroga l’articolo 553 del codice penale che vieta la produzione, il commercio e la pubblicità degli anticoncezionali

26 marzo: dichiarazione di indipendenza del Bangladesh dal Pakistan

15 aprile: Richard Nixon mette fine alla convertibilità del dollaro in oro e ai patti di Bretton Woods del 1944

28 aprile: Il manifesto da mensile diventa quotidiano. Il direttore è Luigi Pintor

5 maggio: a Palermo, il procuratore della repubblica Pietro Scaglione e l’autista Antonio Lo Russo vengono uccisi per ordine dei corleonesi di Totò Riina, questo omicidio è il primo della guerra allo stato operata dai corleonesi, che si protrarrà fino alle stragi di Capaci e di via D’Amelio

14 giugno: viene aperto il primo Hard Rock Cafe a Londra

3 luglio: Jim Morrison viene trovato morto nella vasca da bagno della sua abitazione di Parigi

4 luglio: Michael Hart copia in digitale la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti. È questa la data di nascita dell’eBook e del Progetto Gutenberg

16 luglio: muore di infarto a Milano Cornelio Rolandi, unico testimone contro Pietro Valpreda nel processo legato alla Strage di Piazza Fontana

1º agosto: lo psichiatra Franco Basaglia diventa direttore del manicomio di Trieste

21 agosto: nel cortile del carcere di San Quintino, a San Francisco, un secondino uccide George Jackson, tra i fondatori delle Black Panthers

7 settembre: l’IVA (Imposta sul valore aggiunto) sostituisce l’IGE (Imposta Generale sulle Entrate)

11 ottobre: viene pubblicato il brano di Jonn Lennon “Imagine”

15 novembre: Intel realizza Intel 4004, primo microprocessore su singolo chip e primo microprocessore commerciale in assoluto

20 dicembre: viene fondata a Parigi Medici Senza Frontiere

24 dicembre: Il democristiano Giovanni Leone, viene eletto sesto presidente della Repubblica Italiana al 23º scrutinio, succedendo a Giuseppe Saragat

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.