Giuseppe Di Matteo era il figlio di Santino, collaboratore di giustizia ed ex mafioso. Fu rapito nel pomeriggio del 23 novembre 1993 mentre si stava esercitando in un maneggio. Giuseppe aveva 12 anni e sognava di fare il fantino. Fu rapito da un gruppo di mafiosi su ordine di Giovanni Brusca, allora latitante e boss di San Giuseppe Jato. Volevano costringere Santino Di Matteo a ritrattare le sue rivelazioni sulla strage di Capaci e sull’uccisione dell’esattore Ignazio Salvo, i segreti di Totò Riina.

Secondo le deposizioni di Gaspare Spatuzza, che prese parte al rapimento, i sequestratori si travestirono da poliziotti della DIA ingannando facilmente il ragazzo, che credeva di poter rivedere il padre, in quel periodo sotto protezione lontano dalla Sicilia. Spatuzza raccontò anche che: “Agli occhi del ragazzo siamo apparsi degli angeli, ma in realtà eravamo dei lupi. (…) Lui era felice, diceva ‘Papà mio, amore mio’ “.

Il piccolo Di Matteo fu tenuto in ostaggio per quasi due anni, trasferito di casolare in casolare con una catena al collo. Ma il padre restò deciso a collaborare con lo Stato e così Brusca diede l’ordine di far sparire ogni traccia di quel ragazzo innocente. Venne strangolato e sciolto nell’acido.

Dopo la notizia della scarcerazione di Giovanni Brusca, Santino, ancora oggi protetto in una località segreta, pronuncia parole amare nei confronti dell’uomo che uccise suo figlio. “Dopo trent’anni si fanno ancora testimoniare ai processi. Io vado per dire quello che so. Ma a che cosa serve se poi lo stesso Stato si lascia fregare da un imbroglione, da un depistatore?”, ha detto in un’intervista al Corriere della Sera.

“Non trovo le parole per spiegare la mia amarezza – continua nell’intervista – A chi devo dirlo? È passato meno di un anno da quando avevano liberato un carceriere di mio figlio, a Ganci, il paesino delle Madonie, uno dei posti del calvario. Ma la verità è che tutti i sorveglianti e gli aguzzini della mia creatura sono liberi. Tutti a casa. E ora va a casa pure il capo che organizzò e decise tutto. Lo stesso boia di Capaci. Si può dire boia? Lo posso dire io?”.

Per lui la legge non può essere uguale per tutti, non “per questa gente”. “Brusca non merita niente. Oltre mio figlio, ha pure ucciso una ragazza incinta di 23 anni, Antonella Bonomo, dopo avere torturato il fidanzato. Strangolata, senza motivo, senza che sapesse niente di affari e cosacce loro. Questa gente non fa parte dell’umanità”, ha detto.

Santino Di Matteo non dimentica l’atrocità con cui Brusca uccise il figlio che conosceva sin da bambino. “Eppure l’ha fatto sciogliere nell’acido. E questo orrore si paga in vent’anni? Io non posso piangere nemmeno su una tomba e lui lo immagino pronto a farsi una passeggiata. Magari ad Altofonte. O in un caffè davanti al Teatro Massimo di Palermo. Mi auguro di non incontrarlo mai, come chiedo al Signore – conclude Di Matteo – Se dovesse succedere, non so che cosa potrebbe accadere”.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.