Una strage. Una strage voluta. Quattro suicidi in quattro giorni, e siamo a quarantaquattro dall’inizio dell’anno. Si chiama morire di carcere, morire di voglia di libertà, di assenza di giustizia. Il cappio al collo non è solo quello che ti stringe e ti soffoca fino all’ultimo goccio di respiro. È anche il simbolo di quella vita che ti sta stretta, della giustizia che rinchiude il tuo corpo perché non sa in quale altro modo sanzionare le tue trasgressioni. E lo stringe, lo stringe fino a quando non c’è più l’aria né la vita. Donatella e le altre e gli altri non ci sono più. Un cappio al collo nella sezione femminile di Rebibbia. Darsi la morte ad Ascoli Piceno o a Verona a soli 27 anni. O ancora la pena dell’impiccagione data a se stesso a Brescia, a Canton Mombello, mentre stai già un po’ morendo perché sei in un reparto di massima sicurezza, dove dovrebbe esserci anche la massima sorveglianza, e sei spaventato perché ti ritrovi in isolamento causa covid, e stringere il tuo collo, a soli 47 anni, ti sembra la soluzione di tutto, in quel momento. E così, giorno dopo giorno, a Sassari, a Pavia, a Viterbo, e persino a Bollate, il carcere di minima sorveglianza.

Eppure era stato chiaro e perentorio il Presidente Sergio Mattarella, nel giorno del suo secondo insediamento, quando aveva scelto di parlare di giustizia e di carcere. Quando si era impegnato, e aveva impegnato il Parlamento a fare qualcosa, qualunque cosa perché questa strage avesse termine. Invano. E chissà se almeno lui si renderà conto di questa strage in corso. Ma che cosa sta succedendo, se il sovraffollamento ha superato il livello di guardia già alto dell’anno scorso, e se il numero dei suicidi aumenta vorticosamente, e ha già superato di dieci unità i 34 morti del 2021? Certo, fa molto caldo, e le carceri italiane sono sotto ogni standard di dignità umana. Certo, abbiamo tutti sofferto, e in particolare coloro che sono reclusi, lo stress e la paura per l’epidemia da covid. Ma c’è qualcosa di più. C’è la consapevolezza della totale disattenzione del mondo politico, del mondo intero, forse, per le questioni di giustizia, per quelle vere di coloro che, dopo aver strappato il patto con la propria comunità, non riescono più a ritrovare il bandolo che possa portare alla ricucitura. Perché non solo nessuno li aiuta, ma si ha la sensazione che molte forze politiche abbiano un certo godimento a cacciarli sempre più giù, a tenerli costantemente con la testa sotto il pelo dell’acqua. E allora, tanto vale andare giù del tutto. In tanti modi. Con il suicidio esplicito, con il cappio al collo. Ma anche in altri modi. Con l’abuso di farmaci, per esempio. O anche con il lasciarsi morire lentamente, perché se hai una grave patologia, come quelle oncologiche, per esempio, sai già che non ti lasceranno comunque andare a morire in un luogo dignitoso, e quindi ti suicidi in carcere lasciandoti andare. Perché sai che di te, di te numero prima che persona, non importa a nessuno, a parte i tuoi cari. Ma a nessuno delle istituzioni, tanto per dire.

Forse quel discorso di Mattarella aveva dato qualche speranza. Forse l’impegno della ministra Cartabia era parso come un semaforo verde che aprisse qualche porta, e la caduta del governo Draghi proprio mentre il Parlamento stava attuando importanti riforme sulla giustizia, certo non ha giovato. Tra l’altro pare particolarmente preoccupante, come ha ricordato il presidente dell’associazione Antigone, Patrizio Gonnella, il fatto che con l’ultimo suicidio di ieri siamo arrivati a un numero così elevato “che non trova uguali negli ultimi anni. Un numero elevatissimo di suicidi superiore a quello riscontrato nel periodo di maggiore sovraffollamento, quando l’Italia fu condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per le condizioni inumane e degradati delle sua galere”.

Viene rabbia e un certo furore, a pensare che basterebbe così poco. Non c’è bisogno di pensare in grande, per cominciare a salvare qualche vita. Cominciamo a svuotare, come prima cosa. Se lo si è potuto fare nei giorni del Covid e con un ministro non certo garantista come Bonafede, che cosa si aspetta, per esempio, a trasformare la detenzione in carcere in domiciliare per tutti coloro che stanno scontando l’ultimo anno di pena? Ci sono le leggi, a dirlo, ultima quella del 2015, che occorre privilegiare le forme alternative alla reclusione. E poi, i magistrati, soprattutto quelli che si definiscono ”democratici”, potrebbero dare una bella regolata alla custodia cautelare, e anche lì trovare altri strumenti di tutela. E infine, ci appelliamo ai bravi giudici di sorveglianza, e ai direttori degli istituti di pena( ce ne sono tanti, di illuminati) e ai dirigenti del Dap, e a chiunque abbia titolo per aiutare: l’affettività! Sono ammassati nelle celle come animali da allevamento, non c’è l’acqua, in estate ci sono anche pochi educatori e poche attività culturali e ricreative, fa un caldo come non mai. Ma accidenti, e fagli fare qualche telefonata in più. Ripristinate per tutti, anche nei reparti di massima sicurezza e di regime 41 bis, le videochiamate! Di che cosa avete paura, che qualcuno contatti Matteo Messina Denaro e prepari con lui l’evasione di massa? Ricordate che quando, su iniziativa di tanti magistrati di sorveglianza nei giorni dell’epidemia, tanti detenuti furono mandati ai domiciliari, nessuno scappò. Una bella lezione quando, a decreto ritirato, tutti tornarono nelle loro celle. Compresi i malati gravi.

Chissà se la notizia di queste 44 persone che non ci sono più, di queste ultime quattro che l’una dopo l’altra sono rotolate via, scuoterà qualche coscienza. Se altri media, oltre a noi, se ne sarà accorto. Se qualche leader politico, pur a Camere sciolte, alzerà un dito da qualche parte, se non in Parlamento almeno di fronte alle telecamere che sempre abbondano davanti al Senato, a Montecitorio e Palazzo Chigi. Chissà se quel qualcuno griderà che è una vergogna e che lui stesso è pronto a impegnarsi per salvare qualche vita. Esistono ancora i garantisti Berlusconi e Renzi e Calenda e Bonino e il referendario Salvini? Se nessuno se ne vuole occupare, se nessuno vuole afferrare quel bandolo salvavita, allora ciò significa una cosa sola, che siamo davanti a una strage voluta. E andatevene al diavolo, voi e i vostri piccoli mercanteggiamenti. Non siete degni dei nostri voti.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.