La tattica del ministro degli Esteri
La strategia del silenzio di Di Maio: “Più parliamo di Zaki, più l’Egitto si irrigidisce”
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e la sua strategia sul caso di Patrick George Zaki. Titolo. Lo svolgimento: “Più aumenta la portata mediatica del caso, più l’Egitto reagisce irrigidendosi. Credo sia legittimo portare avanti campagne di solidarietà. Ma non ci illudiamo che queste portino risultati. Perché quei paesi reagiscono chiudendosi”. Una specie di tattica del silenzio. Altrimenti si arrabbiano, a Il Cairo. E invece meno se ne parla più si potrebbero ottenere risultati? Questo sarebbe l’assioma?
“Grazie al lavoro dell’Intelligence abbiamo portato a casa italiani rapiti o tenuti in prigione ingiustamente. Patrick Zaki è un cittadino egiziano”, ha aggiunto Di Maio intervenendo a L’aria che tira su La7. Tutto questa strategia mentre il segretario del Partito Democratico Enrico Letta ha inaugurato il ritratto, alla sede del Nazareno, dedicato al 27enne ricercatore egiziano detenuto al carcere di Tora. “Ora è anche al Pd il ‘Ritratto di parole’ di #PatrickZaki realizzato da Francesca Grosso, che abbiamo inaugurato insieme all’associazione InOltre. Importante averlo fatto oggi, 15 mesi dopo la sua carcerazione. Continuiamo a chiedere con forza #freepatrickzaki”, ha scritto Letta su Facebook.
Insomma, c’è comunità di vedute sul caso, nel cosiddetto “fronte progressista”, mentre si parla, più o meno, di alleanze in vista delle prossime amministrative. Di Maio comunque ha chiarito che “dobbiamo liberare subito Patrick Zaki e farlo tornare dalla sua famiglia”. Le sue parole non sono comunque passate inosservate. “Tutti vogliamo la libertà di #PatrickZaki. Tutti. Nessuno ha la verità in tasca. Nessuno. Vale per me. Vale per il ministro degli esteri che dice di abbassare i toni su #Zaki. Sappia che il Parlamento ha fatto e continuerà a fare la sua parte. La faccia anche il governo”, ha scritto su Twitter il deputato dem Filippo Sensi.
IL CASO – Zaki è stato arrestato il 7 febbraio 2020. Accusato di di istigazione al terrorismo per alcuni post su Facebook. Il caso ha spinto Amnesty International a parlare di “accanimento giudiziario” e a chiedere “un’azione diplomatica” italiana “molto forte” sull’Egitto. I post incriminati sarebbero una decina. Tra i reati contestati anche la “diffusione di notizie false”, “incitamento alla protesta” e “istigazione alla violenza e ai crimini terroristici”. Per i capi dei quali è accusato, lo studente rischia 25 anni di carcere. I legali dello studente 29enne insistono su un aspetto: i post sarebbero stati pubblicati da un account quasi omonimo ma diverso dal suo. La detenzione è stata rinnovata nuovamente a inizio aprile. Respinta inoltre la richiesta di cambio dei giudici. Le condizioni fisiche e psicologiche stanno peggiorando sempre più, come apparso e come lui stesso ha confidato ai familiari e agli avvocati che l’hanno incontrato.
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