"Gli iraniani devono farsi aiutare a cambiare regime"
L’ambasciatore Riccardo Sessa: “La guerra può diventare mondiale, dietro l’Iran ci sono Russia e Cina. Ora serve una nuova governance Onu”

L’ambasciatore Riccardo Sessa è presidente della Sioi dal 2003. È stato ambasciatore d’Italia a Pechino, a Teheran, a Belgrado e alla NATO. Alla Farnesina, tra l’altro, è stato direttore generale per il Mediterraneo e il Medio Oriente.
Un’operazione chirurgica, questa di Israele. Gli strike hanno colpito esattamente i vertici militari da colpire, senza sbavature.
«Ormai i bombardamenti sono chirurgici, io li ho sperimentati da vicino nel 1999 quando ero a Belgrado, dove da Aviano arrivavano razzi che colpivano con una precisione da chirurgo».
C’è anche la volontà di Israele, in questo caso, di circoscrivere assolutamente a pochi vertici militari le operazioni.
«Sicuramente, e qui grazie a un servizio di intelligence che Israele ha fatto il lavoro che doveva essere fatto. Vendicando le lacune che abbiamo visto il 7 ottobre».
Siamo davanti a uno scenario nuovo, c’è chi parla di escalation.
«Certamente un attacco così pesante, che a quanto sembra è solo all’inizio, non può che prefigurare una escalation. È un passaggio ad una fase ulteriore, più avanzata del conflitto tra Israele e Hamas e i sostenitori di Hamas».
C’è chi dice che questa è la guerra mondiale, ma è una guerra regionale, Israele aveva anche già colpito l’Iran pochi mesi fa, nell’ottobre scorso, in Iran.
«Questo attacco sembra un po’ più serio. Siamo ormai davanti ad una Guerra con la g maiuscola. Quanto ad una guerra mondiale, dobbiamo tutti tenere le dita incrociate e soprattutto misurare le parole per non allarmare troppo le opinioni pubbliche mondiali, e soprattutto quelle europee e medio orientali, che hanno già un livello di preccupazione molto alto. In realtà, al punto in cui siamo, è un po’ più di guerra regionale».
Ieri l’ambasciatore israeliano Peled ha detto che Israele ha dovuto agire adesso perché l’Iran, tramite i suoi proxy nell’area, stava preparando un nuovo 7 ottobre con una invasione simultanea di Hezbollah da Nord, di Hamas da Sud e degli Houthi dal mare.
«Se l’ambasciatore ha detto queste cose vuol dire che le sue autorità gli hanno fornito questi elementi. Sono dichiarazioni che vanno prese per quello che sono».
Israele punta a creare un focolaio di ribellione in una società che mal tollera ormai lo strapotere dei religiosi.
«Questo può essere un obiettivo derivato, ma non è quello primario. Che rimane quello di eliminare qualunque minaccia alla propria sicurezza che possa provenire dall’Iran, in qualunque modo. L’Iran è il nemico numero uno che attenta permanentemente alla sicurezza di Israele».
Ed è il regista – e il finanziatore – di Hamas, Jihad islamica, Hezbollah e Houthi…
«Esattamente: l’Iran sostiene Hamas e i tutti i gruppi armati che menziona, questo è noto. Certamente l’Iran è all’origine di instabilità serie in quella regione. Naturalmente ci sono modi diversi di attaccare e gestire i focolai di instabilità. Israele ha sempre detto a tutti, a cominciare dagli americani, che davanti a una seria minaccia della propria sicurezza avrebbe scatenato un attacco e solo dopo avrebbe informato gli alleati occidentali. Adesso bisogna far lavorare la diplomazia, esercitare tutte le pressioni su entrambe le parti affinché l’escalation si fermi. Il mondo, la comunità internazionale non è in grado di gestire una crisi di un’ampiezza mostruosa quale rischia di essere questa».
Ma l’Onu è nella sua fase di massima crisi storica, il multilateralismo non funziona più.
«No, mi dispiace. Non è in crisi il multilateralismo. Va rivisto il modello di gestione delle crisi da parte delle Nazioni Unite, modello che è stato creato 80 anni fa e che oggi è completamente irrealistico. Non diamo alle Nazioni Unite colpe che non hanno. L’Iran ha chiesto una convocazione del Consiglio di Sicurezza, cosa potrebbe mai succedere in quella riunione? L’Iran pretenderà una condanna di Israele a cui uno a caso degli altri membri permanenti si opporrà. Quindi non è onesto dire che le Nazioni Unite sono paralizzate: è colpa della governance e delle regole che datano ormai da troppo tempo».
E la nostra diplomazia, la Farnesina?
«L’Italia sin dalla mattinata si è mossa velocemente, lo dobbiamo riconoscere. Il Ministro degli Esteri Tajani ha parlato immediatamente al telefono con il Ministro degli esteri iraniano e poi con quello israeliano. Questa è la strada da seguire, e da adesso però bisogna farlo con minore pubblicità, ma con maggiore concretezza. Si devono mobilitare tutti i protagonisti di un tempo in quella regione: dove sono gli americani? Da che parte sono schierati? Dove sono i francesi, gli inglesi, i tedeschi, gli spagnoli che insieme a noi sono stati per decenni i protagonisti della stabilità del Medio Oriente? Dov’è l’Europa?»
Ottime domande retoriche. Purtroppo sappiamo dov’è la Russia: con l’Iran.
«C’è Putin, con Teheran. Ma attenzione, in maniera più prudente c’è anche la Cina. Ma è tutto il mondo oggi che è sotto sopra, perché la presenza e l’influenza di Russia e Cina nel teatro medio orientale ci riporta a quell’altro teatro nell’Est europeo dove Russia, Cina e Iran sono anche lì insieme. È questo che deve preoccuparci tutti e spingere tutti a rivedere i meccanismi di gestione delle crisi e a portare la governance a mostrare maggiore coerenza e coraggio».
Lei è stato a Teheran per tre anni, fino al 2003. Da allora non è cambiato poi molto…
«Il regime della Guida Suprema è lo stesso, le fondamenta di quel Paese sono rimaste sempre le stesse. L’Iran è un paese giovane, con una età media bassa, che ha in sé sicuramente una forte spinta a cambiare, a rinnovarsi. Vedremo se ce la faranno. Certo, dovrebbero saper farsi aiutare».
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