Riapertura, Mes e giostra delle nomine sono le tre stazioni della via crucis del governo, sotto il tiro incrociato dell’opposizione e del fuoco amico. Scontro aspro tra i due fronti contrapposti nell’area Cinque Stelle. C’è quello governista che fa capo al premier Conte e che ha per pretoriani Di Maio, Patuanelli e Bonafede, e c’è quello di lotta, fedele alle origini, che vede tornare in campo Alessandro Di Battista.  Sulle nomine – che avrebbero dovuto andare de plano, pacta sunt serranda – i due fronti se le sono date di santa ragione. Di Battista s’era messo di traverso per contestare la conferma dell’Ad di Eni, Claudio Descalzi. E senza timore di conflitto di interessi, ha scelto Il Fatto quotidiano nel cui Cda siede Lucia Calvosa, nominanda Presidente di Eni, per condurre la sua battaglia contro Descalzi.

Ora pretende di dettare la linea sul Mes, mettendo in imbarazzo lo stesso Conte. L’ex ministra della Salute, Giulia Grillo, si salda a Di Battista: «Questo delle nomine è anzitutto un problema interno a M5S, che nulla ha a che fare con il presidente del Consiglio. Non ci è stato concesso di discutere di queste nomine né in una riunione parlamentare, né sulla piattaforma Rousseau dove i cittadini avrebbero avuto tutto il diritto di esprimersi». E aggiunge: «C’è un problema di democrazia interna e tentare di nasconderlo non fa che acuirne la presenza. È come preoccuparsi di una mosca mentre c’è una tigre pronta a sbranarci». La tigre è, per i rivoltosi fedeli a Di Battista, il premier Conte. Temono sia pronto a fagocitare il Movimento, rimasto senza guida.

E a svuotarlo per dare vita al suo partito di estremo centro, dato per certo. Getta benzina sul fuoco la notizia che i probiviri starebbero per comminare nuove sanzioni ed espulsioni a carico dei Cinque Stelle non in regola con i rimborsi. «Intimorire chi manifesta dissenso con sanzioni e minacce di espulsioni, non alleggerirà dalle responsabilità e ora nessuno può essere espulso. Il reggente del M5S avrebbe dovuto convocare l’elezione del nuovo capo politico entro trenta giorni dall’inizio del suo incarico. Il ritardo è così prolungato che va ben oltre l’inizio dell’emergenza», ha scritto in un lungo post su Facebook la senatrice M5S Barbara Lezzi, che si sofferma a lungo sulla riconferma di Descalzi ad Eni, che ha provocato una frattura nel M5S, ma anche sul Mes: «Siamo mica diventati una corrente di Franceschini? – chiede – Perché se questo sta bene a Spadafora o a Di Maio o a chiunque altro a me no».

Per andare a vedere le carte, Forza Italia propone che Conte riceva un mandato dal Parlamento prima dell’appuntamento con il Consiglio europeo del 23. Giorgio Mulé, portavoce dei gruppi azzurri di Camera e Senato: «Una domandina banale: perché non votiamo in Parlamento una risoluzione prima che Conte vada in Europa a trattare per l’Italia? La verità è che per i Cinque Stelle il Mes rappresenta la nuova Tav, la nuova Tap, la nuova Ilva: divisi e spaccati. È lo specchio di un Movimento che vivacchia prendendosi in pubblico a ceffoni sull’unico tema a loro più sensibile: le nomine».

Il Consiglio dei Ministri ha intanto dato il via libera allo slittamento delle elezioni amministrative, anche se mancano le date: si terranno tra metà settembre e ottobre insieme al referendum sul taglio dei parlamentari. Si pensa a come gestire la fase due, nell’attesa che, dopodomani, Colao faccia avere a Palazzo Chigi un’agenda delle riaperture. Secondo l’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, in Lombardia e Marche ai casi zero si arriverà solo alla fine di giugno e restano divisioni fra le regioni sulle tempistiche. Per Fontana è «un rischio se alcune Regioni aprissero prima». Il governatore lombardo a De Luca, «sulla chiusura dei confini sbaglia». Il ministro Roberto Speranza: «Guai a dividersi o ad alimentare polemiche in questo momento».

Matteo Renzi tiene il punto e preme per accelerare: «Sto dicendo da giorni che ogni settimana che perdiamo costa 10 miliardi di al Paese. Dobbiamo riaprire: riaprire con intelligenza, riaprire con le mascherine, riaprire facendo i test ai lavoratori. Siamo fermi da troppo tempo e gli altri paesi europei sono stati più flessibili di noi sulla produzione industriale. E allora se non riapriamo subito, interi settori dell’economia saranno distrutti dalla concorrenza degli altri Paesi, anche nostri vicini. E avremo migliaia di famiglie disperate per la perdita dei posti di lavoro».

La politica si interroga anche sull’app di tracciamento dei contagi. Per i dem serve una legge, non si può eludere la Costituzione. Aperturisti i M5S: «Timori infondati, la privacy viene garantita». Per Salvini la tecnologia è utile ma la libertà non è in vendita. Il Copasir approfondirà la gestione dell’applicazione. Il garante della Privacy Ue: l’uso della app sia trasparente.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.