La nuova casta
Le task force prendono il posto della politica, 300 esperti che calpestano la democrazia
Italiani, popolo di santi, poeti, navigatori e autorevoli membri di task force anti Coronavirus. Forse siamo stati troppo occupati a maledire i runner fantasma per accorgerci che il nostro Paese, malato di Covid-19 e prima ancora infettato di populismo spinto e retorica anti-casta, si prendesse, quasi per ironica nemesi, pure il virus da Dittatura della Competenza anti-pandemia. Non passa giorno senza la nascita di una nuova commissione d’emergenza sul Coronavirus, che sia di matrice ministeriale o governativa, locale o nazionale, operativa o consultiva. Tanto la normalità, l’ormai mitologica Fase 2, sembra allontanarsi da noi, tanto l’esercito degli esperti e dei consulenti si ingrossa. Tutte queste forze, istituite tramite nomine, non rientrano nel computo degli “eroi” canonici: medici, infermieri, personale ospedaliero, forze dell’ordine, operatori della Protezione Civile, preti e volontari. Loro sono altrove, non negli ospedali ma nelle task force.
Elencarli è faticoso: 12 esperti, stanno nel comitato tecnico scientifico promosso dal ministro della Salute Roberto Speranza, 39 persone dirigono l’unità operativa con a capo il commissario straordinario Domenico Arcuri, 76 anime popolano la task force per l’Innovazione voluta dalla ministra Paola Pisano, 123 dirigenti affiancano invece la ministra all’Istruzione Lucia Azzolina nel difficile rompicapo rappresentato dal prossimo esame di maturità, 12 donne sono state chiamate dalla ministra per la Famiglia Elena Bonetti nella sua task force in rosa, mentre 8 esperti compongono l’“Unità di monitoraggio per il contrasto della diffusione di fake news relative al Covid-19 sul web e sui social network”.
Dulcis in fundo il “dream team” del top manager Vittorio Colao, ex amministratore delegato di Vodafone, chiamato a presiedere un prestigioso tavolo composto da 17 esperti di varie discipline. A queste organizzazioni si sommano la Conferenza Stato-Regioni, la Cabina di regia governo-opposizioni (probabilmente poco frequentata date le recenti polemiche) e la Cabina di regia governo-parti sociali. E tutte le nascenti task force delle Regioni, ciascuna impegnata nella sua particolare polemica contro il Governo e desiderosa di riaprire prima delle altre.
La lotta al Coronavirus ha quindi portato il Paese a dotarsi di un labirinto di tavoli di lavoro e commissioni, con dentro una variopinta armata di consulenti ed esperti di qualsiasi materia, dai cacciatori di fake news alle paladine delle problematiche femminili, dagli esperti di robotica ai virologi di qualsiasi credo. Mancano soltanto i politici. Ma mancano anche il Parlamento e i partiti, nella spiacevole sensazione che la stessa classe politica del Paese, quella che noi abbiamo votato ed eletto, e che bene o male conosciamo e ci rappresenta, abbia fatto un passo indietro, nell’allegra abiura di se stessa. Così, una Repubblica Parlamentare è diventata una Labirintica Repubblica delle task force, numerosissime e talvolta in competizione.
Pare infatti che gli esperti del gruppo presieduto da Colao abbiano già “pestato i piedi” ai 76 membri del gruppo per l’Innovazione, promosso dalla ministra Pisano. Al centro della disputa le modalità con cui il governo, tramite applicazioni per smartphone, controllerà gli spostamenti dei cittadini contagiati. Ma, oltre le inquietanti suggestioni da Grande Fratello, sono tanti i temi di cui queste task force si stanno occupando, mentre i parlamentari sono in rilassante e invisibile smart working. Ad esempio le 12 stimate personalità femminili chiamate dalla ministra alla Famiglia Elena Bonetti, col motto “facciamo ripartire l’Italia con un Rinascimento fatto dalle donne”, si occuperanno (gratuitamente) di equità tra i sessi nel mondo del lavoro e di riorganizzazione del tempo, anche in base alle esigenze dei figli. Per la task force di Colao, che annovera anche fisici, economisti e psicologi, un compito non da poco: la definizione della bramata Fase 2.
All’ex manager della Vodafone e al suo team il premier Conte ha chiesto di «modificare le logiche dell’organizzazione del lavoro sin qui consolidate, di ripensare alcuni radicati modelli organizzativi di vita economica e sociale». In pratica Colao, un po’ mister Wolf (quello che risolve i problemi in Pulp Fiction) un po’ messianico Steve Jobs de noantri, dovrebbe ripensare il nostro sistema lavorativo, la nostra quotidianità. E tutto questo in silenzio, avendo i 17 saggi, tra cui il fisico Roberto Cingolani e l’ex presidente dell’Istat Enrico Giovannini, sottoscritto un obbligo di riservatezza che vieta le interviste. Una sorta di “Pieni poteri” e senza neanche passare dal Parlamento.
Quasi una nemesi per il Movimento 5 stelle, storicamente megafono dell’odio verso la casta e gli sprechi della politica, del rigetto contro i tecnici nominati dai partiti e i “competenti” in generale, e adesso maggiore gruppo parlamentare a sostegno di un esecutivo che nomina tecnici e fabbrica commissioni a profusione. Il reggente pentastellato Vito Crimi farà un sondaggio sulla piattaforma Rosseau per consentire al super manager Vittorio Colao di organizzare la nostra nuova normalità?
Intanto l’esercito di consulenti, esperti e dirigenti nominato a vario tipo dentro le task force supera di gran lunga il numero dei membri del prossimo Senato, Referendum permettendo. Ignorando quando il Coronavirus finalmente se ne andrà, prendiamo atto che ha già spazzato via l’annoso dibattito tra Democrazia Parlamentare e Democrazia Diretta, consegnandoci quella indiretta ma autorevole e competente, nella Labirintica Repubblica delle task force.
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