Direttore, ho passato due giorni a leggere tutto del mondo ammalato e per ultimo il draft che ha preparato “Lancet” – la pubblicazione di più alto livello scientifico – che contiene tutto ciò che sappiamo oggi. Vorrei spiegare perché l’Italia si sta comportando in modo sempre più demente, mandando ondate di esseri umani a crepare sia come malati che come medici negli ospedali, esattamente come ha sempre fatto nelle guerre. La odiosa metafora ospedale uguale trincea è sbavata da tutte e da tutti in ogni notiziario e quando si sentono i bollettini ipocriti sembra di sentir cantare “Fuoco e mitragliartici” la feroce canzone di protesta della prima guerra mondiale.

Nessuno ha la più pallida idea di quanti siano gli italiani infettati che non lo sanno e che seguitano ad infettare. Non si sa. È l’iceberg. E non lo vogliono sapere: lo dicono. Fare il tampone a tutti meglio di no perché ci vuole troppa attrezzatura, dicono. Ma avrebbero potuto fare come hanno già fatto nei Paesi più virtuosi un test a campione per regione: si fa un “campione rappresentativo” di 1500-2000 persone che è praticabilissimo e si vede come stanno le cose senza farne milioni. Non lo fanno. Ma ogni giorno assistiamo a questa pantomima in cui il capo della Protezione civile ci dà per prima cosa il numero dei guariti (chi se ne frega: di Covid19 generalmente si guarisce) e poi degli infettati. E si danno numeri finti: si dice cioè quanti cittadini – oggi – sono stati beccati come positivi. Ma quanti sono gli altri? Ogni dirigente ospedaliero, epidemiologo o virologo allarga le braccia e dice: non ne abbiamo la più pallida idea, forse sono milioni e forse stanno persino compiendo una vaccinazione “a gregge” per usare l’infelice espressione di Boris Johnson.

Ma il governo, che avrebbe potuto scegliere di saperlo, ha scelto di non saperlo. Questa è stata una decisione politica. Una scelta sbagliata e portatrice di migliaia di morti. Abbiamo più che raddoppiato la Cina e battiamo tutto il resto del mondo, ci sarà una ragione, no? Il governo punta sulla stazione terminale: il crematorio. Prima del crematorio ci sono, è vero, le crescenti terapie intensive ma per quanto crescenti e per quanto intensive, non saranno mai sufficienti a rincorrere i numeri pazzeschi dovuti al primo criminale errore di rinunciare a scoprire esattamente quanti cazzo di contaminati ci sono in Italia che se ne vanno a zonzo o anche stando a casa a contaminare gli altri.

E qui siamo al punto numero due: tre Paesi importanti come la Germania, la Corea e il Giappone se la stanno cavando benissimo. Il sistema coreano di tracciare i cellulari è stato evidentemente usato anche in Germania e non può che averlo fatto il loro servizio segreto Bnd, così come lo si fa in Corea e probabilmente in Giappone dove hanno un farmaco che a quanto pare deve non essere pessimo, considerando che non hanno i nostri morti e la gente ancora si vede per strada.

Dunque, la Germania se le cava con un centinaio di morti, non diecimila che è la nostra prossima tappa settimanale benché i nostri investigatori virologi abbiamo scoperto che il primissimo nucleo di infezione sia nato proprio in Germania e di lì scivolato in Italia. Sarà senz’altro così, ma intanto i tedeschi hanno usato maniere determinate, tecnologiche e funzionanti per arginare la propagazione e i numeri lo dicono. La povera Spagna che è un Paese disperato, infelice, populista e confuso come il nostro, ci segue nell’orrore delle migliaia di morti.

Stanno mandando a morire ammazzati medici infermieri e italiani in fosse comuni e crematori senza funerali né pianti, con gli arresti domiciliari coatti che andrebbero anche bene, ma sono tardivi e dunque funzionano come un canestro per raccogliere l’acqua. Ogni virologo che sappia il fatto suo, interrogato in televisione, ripete sempre la stessa storia: gli infetti stanno per lo più benone e non sanno di essere untori, come lo sono i bambini che non muoiono ma si caricano di agenti patogeni come palle di cannone. E non si fa niente di niente – con premeditazione a questo punto sospetta – per schedarli, tracciarli, trovarli, pregarli di chiudersi da soli in una camera.

Mentre la democrazia è sospesa di fatto e il Parlamento non parla, esplode come al solito la furia per l’unanimismo patrio, la sindrome di Caporetto: fucilare prima di tutto i traditori, coloro che non sono d’accordo. Quando nel 1917 Cadorna chiamò alle armi i ragazzini nati nel 1900 e dunque diciassettenni, nacque una strofetta che diceva: “Il general Cadorna, per farci un bel dispetto, ha chiamato il Novecento che ancora piscia a letto…”. Lo stesso sta accadendo mandando degli studenti appena laureati in medicina “in prima linea”, negli ospedali “che sono la nostra trincea” – fuoco e mitragliatrici – dove cadono le infermiere, cadono i medici anziani, si ergono delle inutili “Linee del Piave” e con appositi proiettori si rendono tricolori gli edifici pubblici.

E qui, caro direttore, vorrei sparare una cerbottana al curaro contro le nostre televisioni dove gli intervistatori di virologi, medici talvolta geniali talvolta di mezza tacca, epidemiologi ma anche personaggi in gran carriera perché ogni guerra porta i suoi affari e le sue carriere, gli intervistatori dicevo, non sanno in genere un cazzo. Non capiscono il senso di quel che il medico dice, hanno un foglietto di domande cretine che non tengono mai conto delle risposte ricevute e troncano i ragionamenti perché, poveretti, hanno la loro stramaledettissima “scaletta” con i “contributi”.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.