Letizia Battaglia era la più grande. Era unica. Ha raccontato l’Italia: l’uccisione di Piersanti Mattarella, la bimba con il pallone, la lotta alla mafia. Non basta ricordare i suoi scatti, perché la sua stessa vita era una poesia, un ritratto di signora: libera, acuta, seducente, geniale. Eppure anche una così grande, una che ci ha regalato le immagini-icona che sono entrate a far parte del nostro album personale, come se a scattarle fossimo state noi, anche una come lei al di sopra di qualsiasi critica, è stata travolta dalle polemiche. Nel 2020 invece di parlare della sua grandezza, Letizia Battaglia è diventata trend topic sui social a causa della campagna pubblicitaria della Lamborghini. Gli scatti erano suoi. La città era Palermo. E accanto alle auto, in maniera irriverente, aveva fotografo delle ragazze giovanissime in pantaloncini.

Lo sguardo libero, autonomo, fuori dagli schemi. Ma questo lo diciamo noi. Questo lo abbiamo visto noi. Perché l’opinione pubblica ci ha visto lo sfruttamento dell’immagine femminile, quasi un invito alla pedofilia. Uno scandalo. Che ha costretto Letizia Battaglia e la Lamborghini a fare marcia indietro e a ritirare la campagna. Uno smacco. Una torsione moralista che non ha risparmiato neanche un’artista come lei. Perché questo è il punto: lo sguardo con cui si osservano i soggetti. La forza di Letizia Battaglia era quella di far trasparire la forza e l’unicità di chi inquadrava. Non li rendeva oggetti, ma faceva risaltare la loro individualità. Invece il moralismo, che da anni ci sta travolgendo e annoiando, ha contestato anche la sua arte, ha messo in discussione il suo sguardo. Il problema era la giovane età delle ragazze e il fatto che portassero abiti succinti.

Quanta confusione nel cielo dei perbenisti?! A forza di linciare, non si sa più neanche perché si lincia e si confondono le battaglie, gli ideali, i linguaggi. Il problema non è, o meglio non dovrebbe mai essere, l’esibizione dei corpi ma il modo in cui questa esibizione viene fatta. Lo sguardo. Il modo con cui si racconta. Invece la sacrosanta critica al fatto che in certo cinema mainstream, mentre non si mostra mai il pube dell’uomo, si buttino in scena i nudi delle donne, ha portato banalmente all’epurazione di queste immagini. e non si tratta di creare una sorta di parità tra i corpi maschili e femminili, ma di cambiare radicalmente il modo di guardarli, di rappresentarli. Ma non di censurarli, arrivando all’assurdo che il nudo è sinonimo di violenza, come se ci fosse qualcosa di male nel mostrare un corpo. Sono lontani gli anni in cui i movimenti di liberazione quella nudità la esibivano, la rivendicavano, la mettevano in mostra.

Ma come si fa a cambiare sguardo, come si cambia la narrazione? Intanto impariamo da un’artista come Letizia Battaglia. Prendiamo la sua celebre foto, la bambina con il pallone. Vediamola assieme. Secondo il semiologo Roland Barthes, nel suo celebre saggio La Camera chiara, ogni foto ha due livelli. Lo studium che appartiene al fotografo. È la struttura che lui ha voluto dare alla rappresentazione. Il modo in cui ha voluto costruire quel frame. Poi c’è il punctum. Qualcosa che si indica con il dito, un punto che il soggetto che guarda riconosce come pregnante, come ciò che quella immagine gli comunica. Qualcosa che è personale, suo. E che a volte si può solo indicare, perché rientra nella sfera dell’indicibile, di ciò che non si può spiegare razionalmente. Nell’immagine della bimba con il pallone io rivedo, per esempio, la mia passione, quando avevo la stessa età, per il calcio, quando per le ragazzine non esistevano ancora i club ufficiali e la strada era l’unico luogo che potesse accoglierci. La faccia arrabbiata, il corpo scattante di chi non vede l’ora di tirare di nuovo un calcio al pallone.

Credo che poche immagini come questa racchiudano il senso della libertà fuori dagli schemi, quegli schemi che costruiscono il genere e che fin da bambine ci piombano addosso come gabbie. Letizia Battaglia rompe la gabbia, spezza le catene, libera il desiderio e le identità. Ecco come si fa a cambiare lo sguardo. Cambiamento che Battaglia interpretava anche quando ha fatto la pubblicità Lamborghini. Non c’era alcuna volontà oggettivizzante e lo sguardo delle protagoniste degli scatti è sempre quello di chi vuol farsi valere, di chi non si vuol far giudicare. Invece questa società sempre più moralista ha giudicato Battaglia. E l’ultima volta in cui si è parlato ampiamente di lei sui giornali, prima della sua morte, è stato per accusarla di ciò che non le apparteneva per nulla: svilire l’immagine delle giovani donne. Lei che più di ogni altra ci aveva restituito libertà, forza, autonomia. In scatti che restano, mentre il moralismo, si spera, sparirà.

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