Nell’arco degli ultimi trent’anni il Timorasso, vitigno autoctono a bacca bianca coltivato nel comprensorio del Tortonese sin dal Medioevo, è stato il protagonista di un exploit clamoroso, celebrato nel corso della recente anteprima di aprile.

Dopo secoli nei quali era stato il più importante vitigno bianco piemontese sia per superficie vitata che per le quantità prodotte, aveva conosciuto una crisi dopo la Seconda Guerra Mondiale, in concomitanza del boom economico e dello spopolamento delle aree più difficili delle zone agricole.

Il declino in termini di superficie coltivata prosegue fino agli anni ’90 quando un gruppo di giovani vignaioli tortonesi ne riscopre l’antica tradizione e intraprende la strada del rilancio. 

Alla fine degli anni ‘80 Walter Massa getta le basi per il rinascimento di questo grande vino bianco.

Massa è uno dei più eclettici interpreti della viticoltura moderna, diventato ormai una figura leggendaria nel mondo vitivinicolo, non solo italiano.

Si può considerare il padre putativo del Timorasso, uno di quei rari casi in cui esiste una naturale identificazione tra un vino e un produttore.

Artefice del rilancio dei Colli Tortonesi, Massa compie alla fine del secolo scorso una vera e propria rivoluzione culturale.

Grazie alla sua attività di pioniere, i vecchi contadini di quest’area riscoprono l’orgoglio dell’appartenenza al territorio, cominciano a dialogare, fondano cooperative e diventano ambasciatori della loro terra.

Nei primi anni ’90 esce ufficialmente la prima bottiglia di Timorasso e comincia a crescere l’attenzione da parte del pubblico e della critica.

Il successo è tale da spingere subito altri due produttori tortonesi, Andrea Mutti e Paolo Poggio, a seguire le orme di Walter.

Nel 2000 entrano in campo altri produttori tortonesi che si uniscono ai tre pionieri.

Oggi i dati parlano chiaro. Se nel 1987 c’era soltanto mezzo ettaro di produzione di Timorasso e nel 2000 si era arrivati appena a tre, nell’arco di vent’anni si assiste a una crescita esponenziale.

Già nel 2020 gli ettari vitati diventano 216 e oggi sono quasi raddoppiati: 400 ettari nel 2023. Il consorzio dei Colli Tortonesi che ancora nel 2015 contava 35 soci produttori, nel 2024 è arrivato a 108.

Una cavalcata formidabile che ha trascinato tutto il territorio dando una nuova dignità a un distretto semisconosciuto in una regione celebre soprattutto per le denominazioni rossiste delle Langhe e del Monferrato: Barbera, Barbaresco e Barolo. 

Nel corso di questi anni di espansione, il nome Timorasso viene sempre più associato all’antico appellativo romano della città di Tortona, Derthona, per indicare il territorio, il vino e il vitigno che sta diventando il simbolo del rinascimento nei Colli Tortonesi.

Nel 2011 viene inserita nel disciplinare del Timorasso la Sottozona “Terre di Libarna” per valorizzare l’estremo confine dei Colli Tortonesi, la Val Borbera, dove i vigneti sono coltivati in altezza, tra i 400 e i 600 metri di altitudine.

Il Timorasso qui ha caratteristiche diverse e straordinarie che si ritrovano nel calice anche in una versione inedita spumante: i terreni sono marne bianche e sassose, il clima è più rigido, le uve hanno un ph più basso, con acidità più marcata e la vendemmia ritarda di circa due settimane rispetto al resto della denominazione.

A gennaio del 2020 è stata ufficialmente presentata la sottozona Derthona, che in questo momento è ancora in fase di approvazione, in attesa di concludere il suo iter per poter essere inclusa all’interno del disciplinare di produzione della doc Colli Tortonesi.

La strada intrapresa con forza dal Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi è quella di promuovere e salvaguardare i vini del territorio identificandoli non più con l’omonimo vitigno, ma con il territorio di provenienza.

Non si vende un’uva, si vende un territorio”, ama ripetere Walter Massa. Tra le novità presenti nella nuova futura sottozona di Derthona, c’è l’introduzione di un’altitudine minima differente per la coltivazione del Timorasso all’interno dei vigneti dei Comuni presenti nel disciplinare e la fissazione del limite della resa a 75 quintali per ettaro.

C’è poi il progetto di differenziare l’offerta di Timorasso sulla base anche dei tempi di affinamento.

Saranno pertanto tre le tipologie presenti in commercio: Piccolo Derthona, Derthona e Derthona Riserva. Tutte realizzate, ovviamente, su base 100%. Infine, il Consorzio dei Colli Tortonesi sceglie un approccio pionieristico sul fronte della sostenibilità ambientale mettendo un limite al peso delle bottiglie di vetro.

Meglio vendere del vino che del vetro”, spiega con un po’ di ironia Gian Paolo Repetto, titolare di Vigneti Repetto e presidente del Consorzio Tutela Vini Colli Cortonesi.

Il nuovo disciplinare del consorzio è in attesa del riconoscimento del ministero, pertanto bisogna ancora attendere per l’ufficialità: l’intenzione – condivisa con le istituzioni – è quella di porre un limite massimo al peso delle bottiglie pari a 600 grammi (“una bottiglia più pesante non avrebbe più senso”, assicura Repetto).

Sarebbe così tra i primi consorzi impegnati sulla sostenibilità. “Nel nostro territorio abbiamo svolto una moral suasion da tempo, cercando di tenere dentro tutte le aziende, e potremmo essere i primi a definire un peso massimo per le bottiglie: in tanti dovranno poi adeguarsi”, racconta con orgoglio Repetto.

Certo, aggiunge, “chi ha una importante quota di esportazioni verso i paesi asiatici – in particolare la Cina, dove si associa spesso il peso della bottiglia all’importanza dell’etichetta – farà più fatica. Tuttavia, regolare il peso nel disciplinare aiuterà a superare le resistenze e creerà un modello di riferimento per gli altri consorzi che già ne discutono”.

Repetto è convinto che “per i vini di fascia alta non è così necessario avere bottiglie pesanti: perfino in Francia, i grandi cru di Borgogna non superano i 600 grammi per bottiglia”.

Insomma, il Consorzio dei Colli Tortonesi non è ancora in grado di fare dei calcoli sul risparmio in termini di inquinamento nella patria del Timorasso, ma il vento sta cambiando.

Molte nostre aziende si sono già attestate sui 400-420 grammi per bottiglia: sempre più la bottiglia pesante sta diventando un problema”, assicura Repetto.

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