Il segretario del Psi, l’avvocato salernitano Enzo Maraio, 45 anni, è rientrato a Roma dopo una campagna elettorale combattuta come capolista di Stati Uniti d’Europa nell’ampio collegio del Mezzogiorno. Alla lista è andata male, a lui benissimo. Nel Mezzogiorno Sue ha superato il 5% con punte del 7 in Campania e dell’8 in Calabria.

«Abbiamo lavorato – ci dice quando lo incontriamo – nella convinzione di riuscire a superare lo sbarramento mettendo in campo una suggestione politica, gli Stati Uniti d’Europa, che era valido e rimane attualissimo. Abbiamo avuto poco tempo per la campagna e il risultato, inutile nascondercelo, è sotto le aspettative. Anche se quello dei socialisti e il mio personale, 42.000 preferenze, è soddisfacente».

Il più alto numero di preferenze a un socialista nella seconda Repubblica, o sbaglio?
«E’ così. Un dato più che dignitoso per tutti i candidati socialisti che hanno ottenuto ovunque un rilevante numero di consensi che ci fa capire che siamo sulla strada giusta. Abbiamo eletto anche tanti consiglieri comunali e sindaci in tutta Italia. Era la mia scommessa sul rilancio del Psi e si può dire che lo sforzo viene riconosciuto».
Cosa ha pesato sull’esito negativo della lista?
«Le divisioni e il poco tempo. Il progetto era importante e andava spiegato bene, aveva bisogno di una campagna più lunga. E poi le differenze tra Nord e Sud ci parlano di un problema nella capacità di intercettare il voto nel centro-nord».

Insisterei sul primo punto. Le divisioni…
«Quello è stato l’errore principale: uniti si vince, divisi si perde. Il non aver provato a unire fino in fondo queste aree, omogenee, ha comportato l’allontanamento di voti. Fermo restando che noi non vedevamo di buon occhio una riedizione del terzo polo, esperienza già archiviata con le politiche. La contrapposizione anche personale ha inciso».

Parla di Calenda?
«Emma Bonino aveva fatto inizialmente un appello a tutti coloro che hanno a cuore l’Europa. Si voleva e si doveva fare una lista ampia, ed eravamo partiti con il piede giusto. Noi abbiamo aderito con convinzione e riteniamo di aver fatto benissimo. Calenda si è sottratto, ha dimostrato di scegliere la strada della divisione e non ha favorito il dialogo. Ma le responsabilità vanno condivise tra tutti coloro che scelgono posizioni divisive».

Le opposizioni sono troppo spesso divise, anche tra loro…
«Mentre la maggioranza di centrodestra, che in realtà sarebbe molto divisa, va sempre al voto come un’uomo solo. Ed è uno dei loro punti di forza. Occorre riunire tutti i riformisti in un centrosinistra che torni a essere competitivo».

Qual è il percorso, il progetto?
«L’intuizione degli Stati Uniti d’Europa va tenuta in piedi. Ma è chiaro che chi parla di terzo nome per il terzo polo si mette su un altro binario. Dovremmo provare a unire le forze mantenendo chiara e netta la nostra appartenenza al centrosinistra. Perché noi socialisti del Psi siamo radice – e non cespuglio – della sinistra riformista europea».

Il terzo polo e il centrismo non sono nella vostra storia…
«La collocazione dei socialisti è chiara. Noi non dobbiamo allontanarci dal nostro alveo, e queste Europee ci dicono che gli elettori premiano chi ha una identità e una visione chiara. A destra o a sinistra. L’area riformista va tutta organizzata, sì, ma nel centrosinistra. Renzi e Calenda sono preziosi, se ancorati in questa collocazione. Diventano irrilevanti se si ostinano a rimanere nel mezzo, al centro dei due poli».

Ma a sinistra c’è il Pd di Elly Schlein che cresce, con una identità radicale. Crea le condizioni ideali perché il Psi vada a conquistare i voti dei riformisti dem?
«Intanto va detto che la svolta radicale del Pd voluta e incarnata da Elly Schlein ha funzionato e portato al successo quel partito anche a spese dei populisti. E che facendo crescere il Pd, costituisce un vantaggio per tutta la coalizione. Benissimo dunque che loro facciamo il partito della sinistra identitaria, noi faremo quello della sinistra riformista. Ci sono delle praterie, davanti a noi. Dobbiamo occupare questo spazio, dare voce a quest’area riformista in modo organizzato e forte. Abbiamo già quasi il 10% dell’elettorato, lasciarlo senza rappresentanza sarebbe un delitto».

La linea politica è chiara. Quella programmatica meno: che si fa? Come si costruisce questo soggetto nuovo dell’area riformista?
«Non mi impiccherei alla forma sulla quale costruire questo percorso. Terrei alla chiarezza delle posizioni, che è sostanza. Tutti i partner che vogliono venire a organizzare quest’area, devono sapere che la collocazione di questo partito dei riformisti è e deve rimanere nel centrosinistra, senza fluttuazioni. Non può esistere che sul piano locale si appoggia ora uno e ora l’altro…»

Ai ballottaggi appoggerete i candidati del Pd?
«A Bari appoggiamo Vito Leccese, a Firenze Sara Funaro. Con senso di responsabilità e nello spirito di coalizione di cui chiediamo di dare prova a tutti».

Ora, pausa estiva di riflessione anche per voi?
«Riflessione sempre, pausa no. Lo stretto necessario: faremo una convention a luglio sull’autonomia differenziata, il premierato e il nostro punto di vista sulle riforme. Lanceremo l’iniziativa dei Comitati per la Salute pubblica in tutta Italia: due milioni e mezzo di italiani non si curano più, è un tema drammaticamente urgente. Nella seconda metà di settembre faremo la festa nazionale de L’Avanti a Bologna, che quest’anno dedichiamo alla memoria di Ugo Intini».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.