La polemica 'originale'
L’ipocrisia delle toghe rosse: dimenticano il voto per Spataro
La polemica sul voto di Pinelli per Spiezia è pretestuosa. Ieri intanto il Csm ha deciso di non confermare Sirianni (la toga di Md nota per i “suggerimenti” dati a Lucano)
Se il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura vota con i togati di Magistratura democratica per dare un incarico direttivo ad una toga di sinistra, va tutto bene. Se invece vota con i togati di destra per dare un incarico ad una toga non di sinistra, allora ecco l’inferno. È quanto mai ‘originale’ la polemica che si è scatenata in questi giorni da parte dei magistrati di sinistra di Md contro la decisione del vicepresidente Fabio Pinelli di votare per Filippo Spiezia a procuratore di Firenze, dopo Giuseppe Creazzo, e non il progressista Ettore Squillace Greco.
«A fronte di una prassi piuttosto radicata – per cui il vicepresidente è uso astenersi dal partecipare al voto su nomine che vedono le componenti consiliari frammentate – nel caso della Procura della Repubblica di Firenze, il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura ha scelto di partecipare al voto, orientando in modo determinante il risultato della delibera consiliare», avevano scritto le toghe di sinistra all’indomani del voto di Pinelli per il moderato Spiezia.
«Suscita perplessità – prosegue la nota – la composizione della maggioranza che ha espresso il procuratore della Repubblica, posto che essa fa intravedere una saldatura tra una precisa componente consiliare e la componente laica espressa da una matrice politica che ha esplicitamente rivendicato la necessità di una soluzione di continuità nell’azione della Procura della Repubblica di Firenze».
E allora, a proposito di componenti «frammentate» e di «saldatura tra una componente consiliare e componente laica», vale la pena fare un salto nel passato quando a maggio del 2014 Creazzo venne nominato procuratore di Firenze. Il magistrato ebbe 14 voti a favore contro i 6 andati al suo diretto concorrente, Alfredo Morvillo, all’epoca procuratore a Termini Imerese e cognato di Giovanni Falcone. A favore di Creazzo, insieme ai togati di Area e di Unicost, ed al laico del Pd Guido Calvi, votò proprio l’allora vicepresidente del Csm Michele Vietti. Per Morvillo, invece, votarono i togati di destra di Magistratura indipendente ed il laico di centrodestra Annibale Marini.
Ma oltre alla nomina di Creazzo, non si può dimenticare sempre in quegli anni quella del capo della Procura di Torino, altro ufficio giudiziario di primaria importanza. In Plenum arrivarono Armando Spataro e Francesco Saluzzo, il primo esponente di punta delle toghe progressiste, il secondo di Magistratura indipendente. Spataro ottenne i voti dei togati di Area e Unicost e dei laici del Pd, oltre a quello del solito Vietti. Per Saluzzo, invece, i voti dei togati della sua corrente, Mi, ed i laici di centrodestra. A parti rovesciate, quello che è accaduto la settimana scorsa.
Pare, dunque, pretestuosa la polemica sul voto di Pinelli per Spiezia, attualmente componente italiano presso Eurojust, di essere mandato a Firenze per ‘aggiustare’ processi scomodi. Accusa gravissima per un magistrato che, nei prerequisiti, ha quelli della terzietà e della imparzialità. Alla nomina del procuratore di Firenze è stata attribuita «una valenza fortemente politica soprattutto dalle polemiche esplose a più riprese sulle indagini relative ai mandanti delle stragi del ‘93 e su quelle rivolte alla Fondazione Open e a Matteo Renzi», si legge in un’altra nota delle toghe di sinistra.
Le indagini su Open, va precisato, sono concluse da tempo e si è davanti al giudice dell’udienza preliminare. La Procura, quello che doveva fare, l’ha fatto. Cosa potrà fare Spiezia non è dato sapere. Sempre sul fronte della polemica politica, ieri i togati di sinistra del Csm hanno invece chiesto l’apertura di una pratica a tutela nei confronti della gip di Roma Emanuela Attura, anch’ella toga progressista.
«Nei giorni scorsi si è assistito ad un attacco mediatico nei confronti del gip del Tribunale di Roma che, a fronte della richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Roma nel procedimento a carico di Andrea Delmastro delle Vedove, sottosegretario al Ministero della giustizia indagato per rivelazione di segreto d’ufficio in relazione al ‘Caso Cospito’, ha disposto con ordinanza l’imputazione coatta», esordiscono le toghe di sinistra, ricordando poi le tappe della vicenda e citando una nota proveniente da Palazzo Chigi in cui si definiva la decisione della gip «una forzatura».
«La magistrata, indebitamente accusata di appartenere ad una frangia della magistratura tacciata di svolgere un ruolo attivo di opposizione politica nei confronti del governo in carica, in vista della campagna elettorale per le prossime elezioni europee. Si tratta di una grave e ingiustificata accusa di perseguire, tramite un provvedimento giudiziario, degli obiettivi politici, mettendo in discussione l’imparzialità della decisione e l’indipendenza della magistrata», aggiungono le toghe di sinistra.
La pratica, dopo il vaglio del Comitato di presidenza, dovrà essere trasmessa alla Commissione competente. E sempre ieri, infine, il Csm ha deciso di non confermare nell’incarico Emilio Sirianni, presidente della sezione lavoro presso la Corte d’appello di Catanzaro. Sirianni non è stato confermato con 14 a 7 e 6 astenuti. Area e Unicost si sono spaccate.
Come ricordato ieri sul Riformista, Sirianni, altra toga di Md, aveva dato ‘suggerimenti’ all’allora sindaco di Riace Domenico Lucano nell’ambito dell’indagine per la gestione dell’accoglienza nel comune calabrese. La vicenda iniziò quando Lucano nel 2016 aveva ricevuto l’ispezione dei funzionari della Prefettura di Reggio Calabria intenzionati a far luce sul sistema di accoglienza dei migranti che aveva fatto raddoppiare la popolazione residente del piccolo comune della costa ionica. Il sistema ‘Lucano’, che lo aveva reso un eroe della sinistra e famoso nel mondo, non aveva però convinto i magistrati, i quali decisero di indagarlo per truffa nella gestione dei fondi europei, concussione e abuso d’ufficio. Senza sapere di essere intercettato, Lucano si era rivolto a Sirianni, suo amico, per alcuni consigli. Un comportamento che ha compromesso in maniera grave ed irreversibile i requisiti di «autorevolezza culturale» e «indipendenza da impropri condizionamenti».
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