È stata eseguita la prima condanna a morte di un manifestante. La magistratura iraniana ha annunciato che il 23enne Mohsen Shekari, arrestato durante le proteste di Teheran, è stato giustiziato per impiccagione.

Shekari è stato accusato di aver bloccato una strada il 25 settembre scorso, a Teheran, di “disordini”, di aver estratto un’arma con l’intenzione di uccidere. L’udienza si è tenuta il 10 novembre e l’imputato — secondo quanto riportato dalla magistratura iraniana — “ha confessato”. Il tribunale rivoluzionario lo ha dunque riconosciuto colpevole di “inimicizia contro Dio”

Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore di Iran Human Rights con sede in Norvegia, ha twittato che le esecuzioni dei manifestanti inizieranno a verificarsi quotidianamente a meno che le autorità iraniane non siano messe di fronte a “rapide conseguenze pratiche a livello internazionale”.

La magistratura iraniana ha finora annunciato che 11 persone sono state condannate a morte per le proteste iniziate a metà settembre dopo la morte — avvenuta mentre era sotto la custodia della polizia morale — di Mahsa Amini, arrestata per aver indossato il suo hijab “impropriamente”. Le proteste, guidate dalle donne, si sono estese a 160 città in tutte le 31 province del Paese e sono viste come una delle sfide più serie per la Repubblica islamica dalla rivoluzione del 1979.

I leader iraniani le hanno descritte come “rivolte” istigate dai nemici stranieri del Paese e hanno ordinato alle forze di sicurezza di “affrontarle con decisione”. Finora — secondo fonti non ufficiali — almeno 475 manifestanti sono stati uccisi e 18.240 sono stati arrestati. Nei giorni scorsi, a seguito delle manifestazioni, il Procuratore generale iraniano aveva annunciato lo scioglimento della polizia morale, ma l’annuncio non ha finora trovato conferme ufficiali da parte del governo.

Redazione

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