Sebbene Ebrahim Raisi sia stato una figura debole con scarso peso politico all’interno della satrapia iraniana è stato l’esponente con le mani più insanguinate di qualsiasi altro leader o funzionario della Repubblica islamica. Raisi, 63 anni, è diventato l’ottavo presidente dell’Iran dopo aver vinto le “elezioni farsa” del giugno 2021, caratterizzate da un astensionismo senza precedenti, nonostante una campagna di elettorale di intimidazione con i dipendenti dell’amministrazione dello stato costretti a recarsi a votare sotto minaccia.

Il precedente di Hassan Rouhani

Successe all’ex presidente cosiddetto moderato Hassan Rouhani. Amava comparire in pubblico indossando un turbante nero che indicava la discendenza dal profeta Maometto. Era un religioso intransigente percepito in Iran come un duro oppositore nei confronti dell’Occidente e fortemente legato ai princìpi conservatori. Ha criticato lo storico accordo sul nucleare del 2015 che Rouhani aveva stretto con le principali potenze mondiali ed è stato sotto il suo mandato che l’Iran ha intensificato l’arricchimento di uranio che ora ha quasi raggiunto il livello sufficiente per la costruzione della bomba atomica.

La morte festeggiata

Raisi era uno dei candidati più papabili alla carica di Guida Suprema. Non ha mai nascosto l’intenzione di sostituire l’ottantacinquenne leader Ali Khamenei. La sua candidatura era sostenuta dalla banda della città santa di Mashad che si contrappone ad altre fazioni vicine a Khamenei e che spingevano Raisi alla successione per scalzare Mojtaba, il secondogenito della guida suprema aspirante a quella carica.
Mojtaba ha 55 anni ed è da molti considerato come la vera e propria “eminenza grigia” che muove le file del regime. È il braccio destro di Khamenei e funzionario dei servizi segreti. Dalla terribile biografia di Raisi possiamo capire bene perché la popolazione iraniana ha festeggiato sui social la sua morte. Per oltre l’80% degli iraniani, Raisi non era il loro presidente, era bensì un “criminale assassino” che nel corso della sua lunghissima carriera politica aveva deciso la morte di migliaia di prigionieri politici quando era procuratore di Karaj. Si può dire che in Iran non vi sia un iraniano che non abbia avuto un parente o uno stretto conoscente che non sia stato vittima della crudeltà del defunto presidente.

Nel 1985 fu nominato procuratore aggiunto di Teheran e da allora divenne noto con l’appellativo di “Macellaio di Teheran”. Era il “Boia del ‘67” come lo appellavano i suoi oppositori. Nel 1367 del calendario persiano (1988) Raisi infatti fu uno dei cinque membri della “Commissione della morte”. Alla fine della guerra Iran-Iraq, si recò in prigione e interrogò uno ad uno i prigionieri dei penitenziari di Evin e di Gohardasht chiedendo loro se avessero intenzione di pentirsi e diventare dei collaboratori. Quelli che si rifiutarono di farlo furono tutti mandati alla forca. Furono impiccate oltre 8000 persone in soli pochi giorni. Nel 2019, per questo crimine e per tante altre violazioni dei diritti umani fu messo sotto sanzioni dagli Stati uniti. Le vittime furono rappresentanti di partiti politici di destra, di sinistra, simpatizzanti, studenti arrestati dopo la Rivoluzione islamica. Raisi era anche uno dei principali sostenitori della nuova dottrina di politica estera iraniana che “guarda a est”. Negli ultimi dieci anni l’Iran ha dato priorità alle relazioni con Cina e Russia, movendosi ulteriormente verso la costruzione di nuove alleanze militari con le due potenze.

La faida interna

Un tempo orgoglioso della sua posizione unica tra Oriente e Occidente, questo paese, sia geograficamente che politicamente parlando, sembra ora aver scelto da che parte guardare: verso Est. Ed è anche questa scelta ad essere contestata non solo nelle piazze, ma anche all’interno della leadership religiosa e politica-militare della Repubblica islamica. Il gabinetto iraniano ha nominato il vicepresidente Muhammed Muhbir presidente ad interim. Muhbir ha buoni rapporti sia con Khamenei sia con i guardiani della rivoluzione ed è a capo del conglomerato pubblico multimiliardario Setad, costituito da proprietà e imprese sequestrate dalla rivoluzione islamica. Setad e Muhbir sono sulla lista delle sanzioni americane. Muhbir, come il presidente del Parlamento Mohammed Baghir Galibaf e il sindaco di Tehran Alireza Zakani, è annoverato tra i candidati alle elezioni presidenziali che si terranno entro 50 giorni. La faida interna che si era manifestata nelle elezioni farsa del 31 marzo ha raggiunto il suo acme con l’elicottero precipitato tra le montagne di Tabriz.