“Se sei disperso e ferito mentre si avvicinano le donne per farti a pezzi, sparati al cervello e vai al tuo Dio da soldato”. Così scriveva Rudyard Kipling nel poema “Il piccolo soldato britannico” ai tempi del Grande Gioco ottocentesco del Medio Oriente, della Russia, Persia e Afghanistan. L’Impero inglese era sempre ai ferri corti con i russi e l’Impero turco della Sacra Porta manteneva l’esclusiva commerciale sul mondo arabo. Non esisteva l’Iran ma la Persia, l’impero di cui Reza Pahlavi fu l’ultimo monarca quando le ragazze di Teheran portavano la minigonna. I persiani non sono mai stati battuti nella storia. I turchi li convertirono a fil di spada ma gli iraniani presero la via protestante sciita e odiano gli arabi, ricambiati specialmente dai sauditi. Il Qatar è un’altra novità molto attiva nel nuovo Gioco nel lucroso ruolo di mediatore e i capi di Hamas vi abitano con passaporto turco. I turchi riconoscono ufficialmente Hamas, così come Putin che riceve dagli iraniani i droni Samad-2 e Samad-3 che usa per bombardare l’Ucraina. Come mai Hamas, che è sunnita e anche fondamentalista, si fa comandare dagli sciiti iraniani? Perché il Grande Gioco di un tempo si è andato complicando con la guerra scatenata da Hamas il 7 ottobre agli ordini degli sciiti iraniani, di cui Ebrahim Raisi era l’organizzatore politico.

Il più feroce e con un volto sorridente, è morto ed era il più implacabile repressore delle rivolte delle donne. Perché è precipitato il suo elicottero? Chi è interessato alla verità lo ha saputo immediatamente mentre i telegiornali mentivano. Il governo degli Ayatollah sa di avere sul suo territorio dei gruppi di partigiani tecnologici e armati, quelli che scatenarono la reazione di Gerusalemme all’attacco dei trecento droni. Raisi era destinato alla successione del leader supremo. Non cambia molto sapere se il suo elicottero sia venuto giù per un missile ai confini dell’Azerbaijan o si sia schiantato sulle rocce per nebbia e pioggia. A meno che non sia stato un colpo israeliano per chiudere la partita cominciata con il bombardamento del consolato iraniano in Siria. Raisi lascia un vuoto di potere in cui si sta scatenando la lotta per la successione. Tutti i rilevatori elettronici sono puntati sui cellulari, computer e firewall dell’Iran. I satelliti decrittano le comunicazioni anche di Ankara e Smirne perché i turchi giocano una partita multipla che va dal fronte russo all’Iran con cui ha rapporti formalmente pessimi ma anche riservati. La Turchia applaudì al bombardamento iraniano su Israele. Ma si tiene a distanza dai sauditi ai quali Erdogan non riconosce alcun primato religioso e di conseguenza politico. L’Arabia Saudita è nel girone più alto, perché Riad si sente capitale del nuovo impero arabo amico dell’Occidente e in particolare degli Stati Uniti. E sono stati proprio loro, gli USA, ad architettare l’alleanza per ora solo economica e di diffusione della ricchezza con il progetto “Accordi di Abramo” fra ebrei e musulmani, essendo stato il Padre Abramo il profeta comune.

Quando Hamas ha scatenato l’attacco studiato per due decenni da Yahya Sinwar, l’uomo più ricercato da israeliani e americani, la posta in gioco stava tutta nei tempi: l’Iran era deciso a bloccare la firma degli Accordi di Abramo, e con l’attacco firmato da Sinwar ha ottenuto lo scopo. La firma è rinviata sine die e questa è stata una vittoria proprio di Raisi, il feroce presidente dal volto buono schiantatosi col suo elicottero mentre tornava col ministro degli Esteri dall’inaugurazione di una diga ai confini dell’Azerbaijan a 86 chilometri da Tabriz. È stato veramente un incidente? E come mai Canale 12 israeliano ha dato come certa la notizia della sua morte? E perché i collegamenti con i soccorritori sono stati soppressi e sostituiti da sedute di preghiera? Israele – un giocatore che due secoli fa, come gli Stati Uniti, non era in campo – gioca una partita esistenziale contro Hamas guidato da Teheran, che ha interesse a impedire il connubio fra ebrei e sauditi non per motivi religiosi ma perché lo scopo degli Accordi di Abramo è quello di fecondare una grande area ricca e prospera che va da Israele all’Arabia Saudita comprendendo anche la Giordania (il paese che ha abbattuto i missili iraniani diretti in Israele), l’Egitto e il Marocco che è considerato il più occidentale dei Paesi arabi.

Il Grande Gioco dei nostri tempi ha due fronti che si combattono: Israele, Stati Uniti, Arabia Saudita, Giordania, Egitto e Marocco, di fronte a Iran con i suoi proxi Houthi, i miliziani sciiti iracheni, quelli siriani, gli Hezbollah stazionati in Libano. Con una avvertenza: quando si parla di proxi, cioè milizie alleate, non si deve pensare a insorti guerriglieri. Ognuna di queste milizie è formata da brigate militari perfettamente armate e addestrate dai mercenari russi appartenenti al disciolto battaglione Wagner. La Russia parla poco ma agisce molto.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.