Come in una sorta di tempesta perfetta, in 24 ore si sono concentrate tre clamorose assoluzioni in processi ad altissimo tasso mediatico.
Nel noto processo Monte Paschi, assolti, con tutti gli altri imputati, Mussari e Vigni (7 anni la condanna in primo grado per falso in bilancio ed altro); assolto l’ex Direttore del Sole 24 ore Roberto Napoletano (2 anni e sei mesi in primo grado per aggiotaggio ed altro); assolto da tutti i reati più gravi Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace (13 anni e due mesi in primo grado con accuse tremende ed infamanti di associazione criminale per lucrare sulla immigrazione, ridotti ora ad un anno e due mesi con pena sospesa, per un abuso che è più che altro un illecito amministrativo). Ovviamente, ogni processo fa storia a sé, ma è davvero difficile evitare di interrogarsi sul filo conduttore comune di questi esiti giudiziari così clamorosi.

La prima osservazione che si impone riguarda la salvifica funzione del secondo grado di giudizio. È bene che tutti sappiano quanto l’istituto dell’appello sia costantemente nel mirino di coloro -magistratura in primo luogo- vorrebbero ridurne drasticamente l’agibilità, in nome di una malintesa idea di efficientismo giudiziario. Qui parliamo di vite umane distrutte e infine tirate via per i capelli dal gorgo della disperazione. Giù le mani dal diritto di impugnazione delle sentenze. Poi, vi è da ragionare seriamente sul progressivo incremento della autonomia valutativa del giudice man mano che ci si allontana dalla micidiale forza inerziale delle indagini del PM. È il grande tema della “indipendenza interna” del giudice (dal PM, per capirci). Quella doverosa indipendenza di giudizio (o terzietà, fate voi) assai impalpabile fino alla udienza preliminare (eppure il GIP/GUP avrebbe proprio il compito di controllare le indagini e l’esercizio dell’azione penale, stroncando nella culla le accuse infondate), cresce in modo drastico nel progredire dei gradi di giudizio, ma non sufficientemente nel primo grado quando il processo è ad alta intensità mediatico-politica, come queste ultime vicende -e tante altre analoghe- inequivocabilmente confermano.

Solo quando il condizionamento mediatico si va spegnendo, e l’impatto della sconfitta dell’Accusa risulta stemperato dal decorso del tempo e dunque più facilmente tollerabile dal sistema, il giudizio riacquista la sua naturale indipendenza; e giudica i fatti per quello che sono e significano nella realtà. Infine, la carne viva di chi ha subito la pena intollerabile del processo e della gogna, gli imputati innocenti ed i loro cari, costretti a vivere la vergogna di accuse infondate, ed il linciaggio di moralisti senza scrupoli e di una informazione che, diciamocelo, si nutre innanzitutto di queste sciagure giudiziarie, contribuendo in modo decisivo ad inscenarle. Ma non illudetevi: le tricoteuses nostrane non hanno alcuna intenzione di riporre i loro ferri nel cesto.

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Avvocato