Non si poteva immaginare che facessero troppa notizia né che suscitassero chissà quale indignazione i massacri di cristiani dei giorni scorsi in Siria. L’Occidente che si fosse dimostrato ferito da quegli eccidi, e solidale alla comunità che ne è stata vittima, non sarebbe stato più sé stesso: avrebbe cioè smesso di essere il vasto pezzo di mondo che per quasi 15 anni di guerra civile ha assistito impassibile alla riduzione drammatica della popolazione cristiana in quel Paese.

I giornalisti occidentali che nelle settimane scorse, sul campo delle macerie del regime di Assad, vagheggiavano l’apertura di una prospettiva di nuova vita per le minoranze in Siria semplicemente non capivano che la destituzione di quel potere dinastico non avrebbe preparato nulla di diverso in una porzione di Medio Oriente in cui, come in tutto il Medio Oriente al di fuori di Israele, non c’è proprio nessuno spazio per nessuna minoranza. È ancora viva la memoria dei video girati dai ribelli nei primi momenti della “conquista”: nelle stanze ormai disabitate dei palazzi di Assad, perlustrate dagli smartphone di quei miliziani, era il nome di Dio a risuonare, non quello della libertà ritrovata.

Né quegli osservatori occidentali, impegnati a denunciare la “escalation” di cui si sarebbe reso responsabile lo Stato ebraico bombardando gli arsenali e le postazioni che, altrimenti, sarebbero caduti nelle mani dei nuovi capibastone in Siria, avranno ora la coscienza di riconoscere che non era propriamente Israele a mettere a rischio la stabilità della regione nel nuovo scenario. Un puntuale errore di prospettiva – frutto di un pregiudizio inossidabile – ha ordinato l’attenzione verso il solito obiettivo, Israele, e l’ha distolta dall’ennesima realtà di pericolo che si giustapponeva in modo plateale sulle rovine del sistema siriano. Un sistema che non ha fatto 500mila morti contro la volontà o le diverse ambizioni di quelli che si apprestavano a sostituirlo usando gli stessi mezzi, preordinati a fini che soltanto un cieco avrebbe potuto considerare migliori.

A farne le spese non sarebbero state unicamente le centinaia di cristiani, drusi e altri arabi il cui massacro, ancora non casualmente, non porta in piazza nessuna protesta e appunto non turba le coscienze afflitte da un anno e mezzo di “pulizia etnica” e “genocidio” a Gaza. A farne le spese – anche più gravemente, se possibile – sarebbero state le premesse di un nuovo ordinamento del Medio Oriente che non prevedesse più l’eccezione israeliana quale unica realtà democratica contrapposta a un’omogenea formazione di inciviltà autocratico-fondamentaliste circostanti.

Travestita da istanza giuridico-umanitaria, l’ossessiva attenzione sulla guerra di Gaza – raccontata e indagata a patto che se ne potesse denunciare il carattere genocidiario – perpetuava la totale noncuranza per tutto ciò che succede in Medio Oriente senza dare indizio di una immediata colpa israeliana, la condizione necessaria affinché ogni cosa in corso laggiù assuma rilevanza e attualità. Ma i massacri in Siria c’erano prima della guerra di Gaza; 250mila yemeniti erano uccisi prima che Israele fosse accusato di “aggredire” irresponsabilmente gli Houthi che da mesi bombardavano i navigli nel Mar Rosso e lanciavano missili e droni sui civili israeliani; il Libano era il vespaio di Hezbollah prima che Israele violasse la regola del diritto internazionale pervertito, cioè quella per cui il Paese vicino deve poter puntare sull’altro 200mila missili e può prepararsi a usarli senza che il destinatario osi turbare questo ottimo equilibrio.

Occorre ricordare che, secondo quella rappresentazione adulterata e abbondantemente fatta propria dal grosso dell’informazione occidentale, erano a tutela della popolazione di Gaza sottoposta all’“assalto genocidiario” gli attacchi che, contro Israele, provenivano dal Libano, dall’Iraq, dallo Yemen e appunto dalla Siria. E se oggi il nuovo assetto fondamentalista siriano non attacca Israele, non lasciandosi andare oltre il confine agli eccidi cui si è abbandonato entro i propri, è solo perché non può. Esattamente come non può Hamas perché Israele è intenzionato a non consentirglielo. Ammazzati come cani in Siria, quei cristiani, quei drusi e quegli arabi in Israele sarebbero stati protetti.