Medio Oriente
Torna il caos in Siria, centinaia di morti dopo la reazione degli Alawiti: ma anche curdi e drusi minacciano l’unità

Il nuovo governo siriano di Ahmad al-Sharaa si trova a vivere il momento più difficile da quando è al potere. Dopo pochi mesi infatti il governo islamista di Damasco vede vacillare la sua stabilità. Anche se non si tratta di colpi in grado di farlo cadere, il pericolo è che la Siria unita resti ormai un ricordo con il paese sempre più diviso etnicamente.
Il primo segnale è arrivato lo scorso mese quando Sharaa ha avviato il dialogo nazionale senza i curdi e senza gli esponenti di spicco del passato regime. Si è trattata di una messa in scena. A provarlo non sono solo le spinte separatiste dei curdi e quelle dei drusi, sempre più attratti da Israele. La prova arriva dalla fascia costiera dove gli Alawiti, minoranza che sostiene di essere perseguitata dai jihadisti e dagli uomini dell’Isis fedeli a Sharaa, hanno deciso di reagire. È da giovedì infatti che si combatte nella zona di Latakia. L’Osservatorio siriano per i diritti umani parla di centinaia di morti sulla costa siriana, negli scontri tra le forze di sicurezza e i combattenti fedeli al deposto presidente al-Assad. Altre decine sono rimaste ferite e sono stati fatti prigionieri in sanguinosi scontri e imboscate sulla costa siriana tra membri dei Ministeri della Difesa e dell’Interno e uomini armati dell’esercito del passato regime.
Imporre e controllare la sicurezza in tutta la Siria è una delle sfide più importanti che l’amministrazione del presidente Sharaa si trova ad affrontare fin dal suo arrivo a Damasco, dopo un conflitto devastante iniziato 13 anni fa. Secondo l’agenzia di stampa ufficiale SANA, il Ministero della Difesa siriano ha inviato “ingenti rinforzi militari” nell’area di Jableh e nelle sue campagne “per supportare le forze di pubblica sicurezza e ripristinare la stabilità nella regione”. A seguito degli scontri lungo la zona costiera della Siria è stato proclamato il coprifuoco a Tartous, Homs e Latakia. L’agenzia di stampa siriana ha riferito che Tartous ha annunciato un coprifuoco di 12 ore nella città a partire dalle 22:00, mentre la TV filo-governativa siriana ha riferito che il Dipartimento di sicurezza generale di Homs ha annunciato un coprifuoco a partire dalle 22:00 fino alle 8:00 del mattino, e la TV ha aggiunto che il governatorato di Latakia ha annunciato un coprifuoco fino alle 10:00.
La campagna di Latakia è una roccaforte della setta alawita, con gruppi armati affiliati all’ex ufficiale Suheil al-Hassan, uno dei più importanti leader dell’esercito durante il governo del deposto presidente Assad. Sempre per l’Osservatorio siriano per i diritti umani, durante gli scontri sono stati lanciati attacchi da parte di elicotteri siriani sulla zona. Un’azione che ha spinto i rappresentanti della setta alawita a invitare i residenti a tenere un sit-in pacifico nelle piazze per protestare contro l’escalation. Dietro gli scontri quindi ci sono gli esponenti del passato regime. L’agenzia di stampa siriana SANA ha citato il direttore della sicurezza del governatorato di Latakia, il quale ha affermato: “I gruppi armati con cui le nostre forze di sicurezza si scontrano nella campagna di Latakia appartengono al criminale di guerra Suhail al-Hassan”, ex colonnello dell’esercito siriano durante l’era di Assad, che godeva di grande sostegno tra i lealisti ed era considerato uno dei suoi più importanti leader militari.
Successivamente, sempre l’agenzia SANA ha citato una fonte del Dipartimento di sicurezza generale secondo cui “il criminale maggiore generale Ibrahim Huwaija, ex capo dell’intelligence dell’aeronautica militare in Siria” tra il 1987 e il 2002, era stato arrestato nella città di Jableh. Secondo la fonte, Huwaija è accusato di “centinaia di omicidi” commessi durante il regno della famiglia Assad, tra cui la “supervisione dell’assassinio” del leader druso libanese Kamal Jumblatt il 16 marzo 1977. Hawija appare raramente in pubblico e non si hanno molte informazioni disponibili su di lui. Sulla piattaforma “X”, l’ex parlamentare libanese Walid Jumblatt, che ha ereditato la leadership dal padre dopo il suo assassinio, ha ripubblicato la notizia con il commento “Dio è grande”. Jumblatt accusa da tempo il regime siriano di aver assassinato suo padre, ucciso a colpi di arma da fuoco da ignoti che avevano intercettato la sua auto durante l’intervento siriano nella guerra civile libanese (1975-1990). Kamal Jumblatt era allora un alleato dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina guidata da Yasser Arafat contro Damasco.
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