Giuseppe Cascini avrebbe lasciato Magistratura democratica. La notizia, certamente inaspettata, attende solo la conferma del diretto interessato. Sulla decisione, verosimilmente, deve aver pesato la pubblicazione nelle scorse settimane della chat, intercettata nell’ambito dell’indagine di Perugia, con Luca Palamara. Nulla di penalmente rilevante ma messaggi che hanno creato grande imbarazzo nella sua corrente che della questione morale in magistratura ha sempre fatto un vanto. A finire nel mirino, la richiesta di informazioni per l’accredito del figlio nella tribuna vip dello stadio Olimpico e sull’iter del tramutamento del fratello minore Francesco, ora pm a Roma e all’epoca fuori ruolo presso il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia.
All’indomani della pubblicazione della chat, Cascini aveva diffuso una nota sulle mailing list dell’Anm in cui chiariva quanto accaduto, minacciava querele per i giornali che avevano pubblicato i suoi messaggi con Palamara, e ribadiva di non aver mai chiesto favori a nessuno per se o altri. Da sempre esponente di punta della corrente di sinistra delle toghe, dal 2018 è consigliere del Csm. Classe 1965, già sposato con una collega, dal 2008 al 2012 ha condiviso con Palamara il vertice dell’Anm. Era il periodo dello scontro frontale fra politica e magistratura durante il governo Berlusconi. Nel 2014 tentò per la prima volta la candidatura al Csm. Un eccesso di fiducia nelle proprie capacità in quanto la sinistra giudiziaria aveva già due candidature importanti, quella di Fabio Napoleone, storico pm di Milano, e Antonello Ardituro, sostituto anticamorra a Napoli, poi eletti. Un “triplete” di pm di sinistra, i posti per i requirenti al Csm sono quattro, era improbabile.
Esploso lo scandalo “Palamara” lo scorso anno, non ha mai rinnegato l’amicizia che lo legava all’ex ras delle nomine. In pieno Covid-19, la scorsa primavera, rilasciò un’intervista a Lucia Annunziata su Rai Tre: «Sono anni che lanciamo un grido d’allarme: questo scandalo getta un discredito sull’intera magistratura, è un problema che riguarda tutta la classe dirigente della magistratura». E poi: «Ho sempre detto che l’autogoverno rischiava di suicidarsi. Abbiamo tutti la responsabilità». Fra i motivi della degenerazione del sistema, i troppi posti apicali: «Su 9mila magistrati ci sono 1.200 dirigenti: è un esercito di generali ed eserciti così raramente vincono le guerre. Dobbiamo ridurre drasticamente il numero di dirigenti. Serve un passo indietro delle correnti rispetto alla gestione del potere. C’è una pressione enorme di parte della magistratura per acquisire incarichi direttivi».
Come realizzare questi buoni propositi, però, non è dato sapere. «Le iniziative del ministro Bonafede sulla riforma del Csm vanno in una giusta direzione», aveva poi aggiunto. Pur sapendo, in cuor suo, che la legge di riforma dell’organo di autogoverno delle toghe difficilmente verrà approvata per le prossime elezioni del rinnovo del Csm. Alla presenza del capo dello Stato, nel drammatico Plenum di giugno 2019, si lanciò in un parallelismo con lo scandalo P2, quando gli allora vertici di Magistratura indipendente, la corrente più coinvolta nel Palamara gate, erano finiti negli elenchi di Castiglion Fibocchi. Confronto sopra le righe è duramente criticato da molti. Arrivato al Csm ha preso per mano il suo gruppo uscito con le ossa a pezzi dopo le elezioni del 2018, da sette consiglieri a quattro, e lo ha rilanciato. Ora le toghe progressiste sono cinque e, mai successo prima, sia il primo presidente della Cassazione che il procuratore generale di piazza Cavour sono esponenti di Md. Si è spesso scontrato con i nuovi “alleati”, i davighiani di Autonomia&indipendenza.
Fra i temi divisivi il carcere e alcune nomine. Ad iniziare da quella di Raffaele Cantone che ha stracciato il candidato di Davigo, Luca Masini, per il posto di procuratore di Perugia. Da pm a Roma ha avuto buoni rapporti con Giuseppe Pignatone, condividendone i metodi d’indagine. In qualità di procuratore aggiunto ha gestito il processo ex Mafia capitale. Fra due anni tornerà in Procura a Roma dove troverà Michele Prestipino ma non Paolo Ielo, l’altro aggiunto di spicco di piazzale Clodio, in pole position per diventare il nuovo procuratore di Milano. Il primo appuntamento è previsto per ottobre per le elezioni per il rinnovo dell’Anm.