Una intervista di un consigliere laico diventa l’occasione per regolare i conti all’interno del Csm, ridisegnando equilibri e alleanze in vista della prossima tornata elettorale per il rinnovo dell’Anm, originariamente in calendario il mese scorso e rinviata al prossimo giugno a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19. L’occasione per il “redde rationem” togato è stata offerta dalle dichiarazioni di Alessio Lanzi, membro laico in quota Forza Italia, rilasciate alla Stampa questa settimana.

Il laico forzista aveva criticato il clima che si era creato in Lombardia, parlando di spettacolarizzazione da parte dei pm milanesi nella gestione delle indagini sulle morti sospette per coronavirus nelle case di riposo lombarde. L’indignazione del professore milanese, oltre che sul fuoco di sbarramento dei media sull’amministrazione di centrodestra della Regione Lombardia, si era concentrata sulle modalità di conduzione delle investigazioni. In particolare, una girandola di perquisizioni show effettuate senza soluzione di continuità dal tandem guardia di finanza/nas carabinieri, su delega dei pm, nelle Rsa lombarde e negli uffici della Regione Lombardia. Perquisizioni e sequestri di montagne di documenti rigorosamente eseguiti alla presenza di giornalisti e a favore degli operatori televisivi, verosimilmente non avvisati dai manager indagati delle Rsa.

«Se si voglio acquisire documenti ci sono modi meno eclatanti. Si rischia di consegnare all’opinione pubblica messaggi di sconforto e sfiducia nelle istituzioni. È una questione di sensibilità», le parole “incriminate” di Lanzi. Giuseppe Cascini, togato di Area, il gruppo di sinistra di cui fa parte Magistratura democratica, aveva chiesto conto delle affermazioni al consigliere milanese. «Il compito del Csm – secondo Cascini – è quello di tutelare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura; i componenti del Csm non dovrebbero mai esprimere giudizi sul merito di una iniziativa giudiziaria in corso e certamente mai dovrebbero farlo con quei toni e quelle espressioni, che delegittimano il ruolo dell’autorità giudiziaria e dell’ufficio procedente».

Minacciando, quindi, di aprire una pratica a tutela dei pm milanesi se Lanzi non avesse fatto pubblica ammenda.
La pratica a tutela è un istituto a cui il Csm ricorre quando sente minacciata l’autonomia e l’indipendenza di qualche Procura. Durante gli anni frizzanti del berlusconismo e dello scontro politica-magistratura erano frequentissimi i casi in cui vi si ricorreva a Palazzo dei Marescialli. «Non c’è stata alcuna delegittimazione della Procura di Milano», regno incontrastato delle toghe di sinistra, hanno replicato i togati di Magistratura indipendente, la destra giudiziaria, rimasta travolta l’anno scorso dall’indagine sul pm romano Luca Palamara.

«Le dichiarazioni di Lanzi risultano espressione di libero esercizio del diritto di critica: volevamo un dibattito ma c’è stato impedito», si legge in un comunicato diffuso ieri dai tre consiglieri di Mi al Csm. La voglia di riscatto delle toghe di Mi è tanta. Dopo aver vinto le elezioni al Csm nel 2018, il gruppo di cui faceva parte Paolo Borsellino è finito all’opposizione.  L’obiettivo per la prossima tornata elettorale è chiaro: catalizzare il voto dei magistrati stufi della contrapposizione politica. Sarà un miraggio?