Il nuovo procuratore di Roma
Magistratura ai piedi di Davigo, Prestipino batte i più titolati Creazzo e Lo Voi

E alla fine Michele Prestipino ce l’ha fatta. È lui il nuovo procuratore di Roma. Una nomina in “continuità” con la gestione di Giuseppe Pignatone, andato in pensione lo scorso maggio, e di cui Prestipino è sempre stato il più stretto e fidato collaboratore. Il rapporto fra i due iniziò alla Procura di Palermo alla metà degli anni Novanta del secolo scorso, quando Pignatone era il braccio destro del procuratore Giancarlo Caselli e Prestipino un semplice sostituto. Il voto è arrivato ieri mattina al Csm e ha rispettato le previsioni della vigilia che non lasciavano speranze agli sfidanti Giuseppe Creazzo, procuratore di Firenze, e Francesco Lo Voi, procuratore di Palermo.
A favore di Prestipino hanno votato i cinque togati di Area, il gruppo di sinistra della magistratura, i tre di Unicost (che inizialmente avevano sostenuto Creazzo, il candidato della loro corrente), Piercamillo Davigo e i suoi due fedelissimi di Autonomia e indipendenza, Giuseppe Marra e Ilaria Pepe, i due laici del M5s Alberto Maria Benedetti e Fulvio Gigliotti, e il pg della Cassazione Giovanni Salvi, esponente di Area. Per Lo Voi hanno votato i tre togati di Magistratura indipendente, il primo presidente della Cassazione Giovanni Mammone, i due laici di Forza Italia Michele Cerabona e Alessio Lanzi e il laico del M5s Filippo Donati. Astenuti i togati Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo, entrambi eletti con Aei ma ultimamente in contrasto con la linea di Davigo, e il laico della Lega Emanuele Basile. Non ha partecipato al voto il vice presidente del Csm David Ermini.
L’asse Davigo-Area è uscito, dunque, vincitore anche questa volta. Pur non rappresentando il voto dei circa ottomila magistrati che a luglio del 2018 mandarono a Palazzo dei Marescialli altri consiglieri, Davigo, con i 5stelle a rimorchio, sta ridisegnando nel silenzio dei media i vertici delle Procure e dei Tribunali italiani. Se non fosse esplosa la vicenda “Palamara”, con le dimissioni di ben cinque consiglieri del Csm, di cui tre di Mi, il voto di ieri sarebbe andato in maniera diversa. A maggio, infatti, era uscito vincitore in Commissione per gli incarichi direttivi Marcello Viola, procuratore generale di Firenze ed esponente di Mi. Nomina poi azzerata in quanto il nome di Viola era stato fatto, a sua insaputa, durante la celebre cena intercettata con il trojan fra l’ex capo dell’Anm Luca Palamara, i deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti e i consiglieri del Csm poi dimessisi.
Per “imporre” Prestipino il Csm è stato costretto a una interpretazione estensiva del Testo unico sulla dirigenza per gli uffici giudiziari. Sulla carta, infatti, Lo Voi e Creazzo avevano molti più titoli. Oltre a essere già procuratori, Lo Voi aveva rappresentato l’Italia a Eurojust, mentre Creazzo era stato vice capo legislativo al ministero della Giustizia. Questa volta, per superare l’handicap del curriculum di Prestipino che era solo aggiunto e non aveva molti titoli, il Csm è ricorso alle “esperienze”. «Sebbene privo di indicatori specifici si è reso protagonista di esperienze pregnanti rispetto all’incarico da conferire, tali da fondare sul piano prognostico il giudizio sulla sua maggiore capacità a porsi a guida dell’ufficio a concorso», è la burocratica formula utilizzata a Palazzo dei Marescialli per motivare la sua scelta.
Fra i punti forti, l’indagine su “Mafia Capitale” a cui sono state dedicate molte pagine nel parere per la nomina. Il fatto che la Cassazione abbia smontato il teorema della Procura di Roma, escludendo l’aggravante mafiosa, non ha spostato minimamente il giudizio finale del Csm in quanto «l’indagine ha disvelato caratteristiche del tutto peculiari delle organizzazioni criminali operanti nel territorio di Roma, anche per profili di penetrazione nella pubblica amministrazione e nella politica». La nomina di Prestipino segna un punto a favore del potere delle correnti alla luce dei nuovi rapporti di forza a piazza Indipendenza. Per la destra giudiziaria di Mi, uscita a pezzi dalla vicenda Palamara, di cui, dopo il clamore iniziale, si sono perse completamente le tracce, si preannuncia una lunga traversata nel deserto. Almeno fine alle prossime elezioni del Csm previste nel 2022. Pesa, a tal proposito, la profonda incapacità dei vertici di Mi di gestire, la scorsa estate, l’accaduto, accettando che i propri consiglieri si dimettessero senza neppure uno straccio di processo e sulla base di articoli stampa. Per i prossimi due anni il quadro è chiaro.
Qualcosa verrà concesso ad Unicost, l’altra corrente coinvolta nel caso Palamara, che però che sta cercando di recuperare terreno. Ieri, ad esempio, ha “scaricato” Creazzo votando Prestipino con la speranza di aver qualche “bonus” nomine in futuro. E infatti già si parla di Creazzo come prossimo procuratore generale di Roma. “Quarantena”, invece, per Mi che, tramontata la leadership di Cosimo Ferri, è ora alla ricerca di un nuovo leader. Corrente “scalabile” in quanto sono tanti i magistrati che non si riconoscono nelle esternazioni dell’ospite preferito di Giovanni Floris o nella sinistra giudiziaria il cui scopo principale, dopo aver fatto fuori Silvio Berlusconi, è togliere ora di mezzo i due Matteo. Primo banco di prova, le elezioni per il rinnovo dell’Anm di marzo.
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