Si è concluso domenica sera il congresso dell’Anm, cioè dell’associazione nazionale magistrati. L’Anm è una associazione di tipo sindacale sulla carta, ma in realtà, da diversi anni, funziona come paritito politico, ed è un partito molto potente. Qui di seguito vi diamo un rapido riassunto di quello che è successo al congresso, diviso per capitoletti. Ogni capitoletto è dedicato a uno dei protagonisti. Quello che è successo può avere conseguenze robuste sulla politica e sulla società italiana. Specialmente per il rapporto molto particolare che si è stabilito tra partito dei Pm e il più forte partito di governo, cioè i 5 Stelle.

Luca Poniz

Luca Poniz è il presidente dell’Anm. La sua relazione è stata all’insegna dell’insindacabilità delle toghe e dell’immutabilità dell’ordinamento giudiziario. Poniz è espressione della corrente vincente delle toghe: Magistratura democratica. La sinistra giudiziaria, in quattro anni, è riuscita a ricoprire per due volte il ruolo di numero uno del sindacato togato. Non male per un gruppo associativo che alle ultime elezioni per il rinnovo del Csm aveva quasi dimezzato i propri rappresentanti. Recentemente, poi, ha portato a casa due nomine di punta: il procuratore generale della Cassazione e il procuratore aggiunto di Roma. Vento in poppa grazie al trojan.

David Ermini

Il vice presidente del Csm ha stigmatizzato ancora una volta la degenerazione del correntismo, sottolineando come Palazzo dei Marescialli sia una “zona demilitarizzata”. Il suo non è un compito facile. I supporter della sua elezione, Cosimo Ferri e Luca Palamara, sono caduti in disgrazia e ora si trova stretto nella morsa di Giuseppe Cascini e Piercamillo Davigo che per quel ruolo avevano puntato sul professore grillino Alberto Maria Benedetti. L’ala protettiva del Quirinale lo mette al riparo da eventuali ritorsioni togate. All’ex responsabile giustizia del Pd va il merito di aver detto parole chiare sulla riforma Bonafede: non si può tenere una persona sotto processo per tutta la vita.  Coraggioso.

Gian Domenico Caiazza

Parlare di separazione delle carriere al congresso dell’Anm equivale a presentarsi nel castello di Dracula con una testa d’aglio in un mano e un paletto di frassino nell’altra. Radicale storico, il presidente dei penalisti italiani è ancora convinto della possibilità di realizzare la “follia” del giusto processo. La “maratona oratoria” contro lo stop della prescrizione, organizzata dalle Camere penali davanti alla Cassazione, e che è iniziata ieri con i primi 150 interventi, si inserisce nel solco della migliore tradizione delle lotte non violente radicali, finalizzate alla ricerca, anche nell’interlocutore più ostile, di un punto di contatto. I penalisti sono oggi gli unici a portare avanti la battaglia di civiltà per lo stato di diritto contro il giustizialismo dilagante. Eroici.

Alfonso Bonafede

Il sogno del Guardasigilli da bambino era sicuramente quello di fare il pm. Lo si capisce dall’emozione con cui si rivolge ai magistrati – “i migliori del mondo” – per ringraziarli del “graditissimo invito”. Su questo Bonafede è coerente: mai una volta che sia andato, anche se invitato, a un congresso delle Camere penali. L’emozione è tanta che a un certo punto l’inquilino pro tempore di via Arenula cade in deliquio e parla di magistratura “terza”. Dimenticando che “terzo” è solo il giudice e non il pm, il quale, come l’avvocato, è parte del processo. In un crescendo rossiniano di strafalcioni, pur di compiacere le toghe in platea, arriva a rinnegare uno dei cavalli di battaglia dei grillini: il sorteggio dei componenti togati del Csm. In cambio l’Anm dà il via libera allo stop alla prescrizione. Imbarazzante.

Il teatro Carlo Felice di Genova

I vertici dell’Anm che hanno scelto lo storico teatro genovese dovevano essere molto sicuri delle proprie capacità. Un po’ di prudenza e meno autoreferenzialità, forse, avrebbe sconsigliato di affittare una sala da 2000 posti per il congresso di un sindacato balcanizzato da cui molti magistrati non vedono l’ora di uscire e se non lo fanno è solo per la copertura assicurativa, prevista per gli iscritti, per la responsabilità civile. Il primo giorno, presente il capo dello Stato, per riempire i buchi si è fatto ricorso agli studenti e al personale amministrativo.
Eccessivo.

Piercamillo Davigo

Non era fra i relatori del congresso ma è come se ci fosse stato. L’anno prossimo compirà 70 anni e dovrà andare in pensione. L’ufficio studi del Csm pare sia già al lavoro per trovare una norma che lo sottragga al decorso inesorabile del tempo, permettendogli di rimanere al proprio posto. La permanenza di Davigo è fondamentale per l’esistenza stessa della corrente da lui fondata, Autonomia e indipendenza. Come Beppe Grillo con i Cinquestelle. Mani pulite for ever.

Luca Palamara e Cosimo Ferri

Se la magistratura non funziona, ormai è chiaro, la colpa è di questi due magistrati. Vengono continuamente evocati. In negativo. Nessuno però ricorda mai le migliaia di magistrati che, verosimilmente senza pistola alla tempia, li hanno sempre votati a ogni elezione. Ferri detiene ancora il record di giudice più votato all’Anm. I due hanno sempre rivendicato i propri comportamenti e il ruolo delle correnti in magistratura. Coerenti e non ipocriti.

Giovanni Altoprati

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