“A partire da oggi, la politica ufficiale del governo degli Stati Uniti prevede che ci siano solo due generi, maschile e femminile”. Con queste parole, Donald Trump ha annunciato l’ordine esecutivo “Defending Women from Gender Ideology Extremism and Restoring Biological Truth to the Federal Government”.

Il testo sancisce un ritorno rigoroso alla visione binaria: maschio e femmina, definiti dall’apparato riproduttivo al concepimento. Sebbene la legge dichiari di tutelare le donne, colpirà duramente la comunità transgender. Eppure, per quanto a certe pseudo-femministe possa non piacere, una donna trans è una donna. La sezione 1 è esplicita: “In tutto il paese, gli ideologi che negano la realtà biologica del sesso (…) consentono agli uomini di auto-identificarsi come donne”. Di qui l’obbligo, per tutte le agenzie governative, di rimuovere riferimenti a generi non conformi al binarismo uomo-donna. Persino documenti ufficiali, come passaporti e visti, dovranno “riflettere accuratamente il sesso del titolare”.

La Pubblica amministrazione non potrà più riconoscere come donne persone transgender nate maschi, e viceversa. Inoltre viene richiesto di “preservare gli spazi monosessuali” destinati alle donne, dai rifugi antistupro alle docce sul posto di lavoro. Fino a poco tempo fa si poteva indicare la lettera “X” sui documenti di viaggio, senza certificazioni mediche né adeguamento di altri dati anagrafici. Era una semplificazione che rifletteva una prospettiva culturale sul genere come entità fluida, influenzata da fattori biologici, psicologici e sociali. Oggi quella possibilità sta scomparendo. Le comunità scientifiche, compresa l’American Medical Association, ribadiscono che “il genere è uno spettro, non una struttura binaria”. Ma ormai anche la medicina è un’opinione. L’ordine esecutivo lo definisce invece un “attacco fondato su un senso interno, fluido e soggettivo di sé”.

Non si tratta solo di un principio teorico: passaporti, politiche di detenzione e certificati verranno trasformati in base a questa nuova norma, influenzando la quotidianità di chi non si riconosce nel sesso assegnato alla nascita. Le domande sono numerose. Cosa ne sarà di una donna trans, privata di alcuni diritti e in una struttura, per esempio carceraria, maschile? Situazioni già difficili rischiano di aggravarsi, specie per le persone più vulnerabili. Alcune culture hanno storicamente riconosciuto più di due generi. In Nord America tribù indigene celebrano da sempre identità che combinano aspetti maschili e femminili. Non parliamo di una “nuova ideologia”, bensì di un fenomeno antico. Eppure nell’ordine esecutivo si liquida il tutto come “un concetto sociale incoerente”.

Il cuore del dibattito è la contrapposizione tra “verità biologica” e “spettro di genere”. I sostenitori della legge dicono di voler difendere le donne, evitando che il sesso si relativizzi. Associazioni e movimenti per i diritti delle persone transgender ribattono che si sta sopprimendo l’autodeterminazione, un valore cardine della società moderna. La verità? La libera scelta della propria identità di genere destabilizza le persone che lo ritengono un tratto naturale e oggettivo delle persone.

Il confronto è acceso, ma ciò che preoccupa maggiormente sono le conseguenze concrete. Chi non rientra nel binarismo stabilito dal governo teme di vedere annullato il riconoscimento formale della propria identità, da un giorno all’altro. Non è una buona notizia. Non lo è per me, né per tante donne trans, uomini trans o chiunque non si ritrovi in una logica binaria. Con un singolo ordine esecutivo, una parte fondamentale della loro identità sarà azzerata. Dopo la rabbia, potrebbe emergere un senso di solitudine: sentirsi soli, sole, sol*. Non lo siete. Non lo sarete.  Promesso.