Sta diventando ormai una sorta di maxiprocesso itinerante l’inchiesta che vuol mettere alla sbarra l’intero mondo politico e scientifico che nei primi mesi del 2020 dovettero affrontare la pandemia da coronavirus. L’epicentro è la procura di Bergamo, cui è affiancata quella di Roma, cui si aggiungono il tribunale dei ministri di Roma e quello territoriale di Brescia. Quattro diversi filoni d’inchiesta. E si scopre intanto che l’ufficio orobico diretto dal procuratore Antonio Chiappani avrebbe voluto sottoporre a intercettazioni telefoniche e ambientali nel 2020 una serie di medici indagati per falso dopo che avevano deposto sulla chiusura e successiva riapertura dell’ospedale di Alzano Lombardo.

Nel rigettare la richiesta il giudice Vito di Vita aveva anche un po’ strigliato la procura, stabilendo che “…appaiono mere supposizioni quelle aventi ad oggetto il concorso nei falsi di rappresentanti della Direzione del Welfare di Regione Lombardia, mentre certo l’intercettazione non può essere autorizzata a meri fini esplorativi in ordine a ulteriori eventuali falsi”. Un bel colpo alla politica della cosiddetta pesca a strascico così diffusa nelle procure italiane: intercetto alla ricerca di nuovi reati o di nuovi indagandi futuri. Meno male che esistono anche certi giudici. A Brescia intanto è tutto pronto per la costituzione del tribunale dei ministri “territoriale” cui devono essere inviati da Bergamo gli atti che riguardano l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro alla salute Roberto Speranza. I loro nomi non compaiono nell’avviso di conclusione delle indagini della procura perché pur essendo i membri di governi presenti o passati sottoposti a giurisdizione ordinaria, perché si possa celebrare nei loro confronti un processo occorre l’autorizzazione preventiva del Senato o della Camera.

La Presidente del tribunale dei ministri che a Brescia dovrà valutare le posizioni di Conte e Speranza è la giudice Mariarosa Pipponzi, che nella sua attività ordinaria presiede la sezione lavoro del tribunale. Accanto a lei altri due magistrati, i cui nomi sono stati già sorteggiati. Cinquecento chilometri in giù, nel maxiprocesso itinerante che assume sempre più sembianze pandemiche, abbiamo altri due filoni che si sviluppano nelle aule di giustizia romane. Uno vive di vita autonoma rispetto alle scartoffie bergamasche, ma aveva una genesi pressoché identica. Era infatti nato da una serie di denunce alla procura della repubblica di Roma. Alcune, tra cui quella del generale Antonio Pappalardo che parlava di un piano di “sovversione dell’ordine mondiale”, erano nate nel mondo dei negazionisti, quelli che non si sono mai arresi all’evidenza del virus, anche se poi alcuni di loro purtroppo ne sono morti, come il famoso “Mauro di Mantova”, eroe della trasmissione satirica La zanzara.

Ma la parte più consistente delle denunce, presentate in gran parte da parenti di persone decedute per contagio da covid, era l’altra faccia della medaglia di quelle bergamasche. Si imputavano all’ex premier e a una serie di ministri del governo Conte due, “inefficienze e ritardi” per non aver creato per tempo le famose zone rosse. Questa inchiesta romana è stata archiviata dal tribunale dei ministri della capitale. Il decreto di archiviazione farà sicuramente giurisprudenza e si rovescerà come una doccia gelata sia a Brescia che a Bergamo. Ma anche sulla perizia del professor Crisanti. Che, a quanto scrivono quei maliziosi del Foglio, sarebbe solo e triste perché quelli del Pd non gli rispondono più al telefono (eddai, compagnucci, rispondetegli!). Ecco quel che dice il decreto: “Il presidente del consiglio, i ministri e i consulenti scientifici non hanno il possesso del virus, né lo hanno diffuso, e l’aver omesso, secondo l’assunto di una parte dei denuncianti, anticipati provvedimenti di contrasto e prevenzione, non integra la condotta illecita dell’articolo 438 del codice penale”.

Inoltre, proprio come si sta affannando a dire ogni giorno tutto il mondo scientifico, era inevitabile, scrivono i giudici, che nei primi giorni della pandemia vi fossero “dati incompleti e imprecisi” sulla cui base assumere decisioni politiche. Saranno sufficienti, queste parole di buon senso, per indurre all’archiviazione un tribunale di Brescia e al proscioglimento degli indagati un giudice di Bergamo? Ma intanto l’infaticabile procura presieduta dal dottor Antonio Chiappani ha già aperto la strada al quarto filone d’inchiesta, inviando una sorta di stralcio a Roma, ma a un altro indirizzo rispetto a quello del tribunale dei ministri. Si tratta della procura, che dovrebbe avviare indagini su tre ex ministri della salute, Beatrice Lorenzin, Giulia Grillo e Roberto Speranza per non aver rinnovato il Piano pandemico, che in realtà riguardava eventuali emergenze di tipo influenzale, a partire dal 2007 e per gli anni successivi. Sarebbe cambiato qualcosa se i ministri fossero stati più scrupolosi o se avessero riempito gli scantinati di imprevedibili mascherine e altri presidi sanitari? Intanto il maxiprocesso va.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.