Il rispetto del cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah – entrato in vigore alle 4 del mattino di ieri – sarà monitorato da una Commissione ad hoc presieduta dagli Stati Uniti. Il fatto che Washington abbia accettato di assumersi questa responsabilità in prima persona è una novità politica di rilievo. A questo punto le forze armate libanesi e Unifil avranno una cornice politica di riferimento, e non ci saranno più alibi per il mancato disarmo di Hezbollah nel sud del Libano che l’esercito libanese avrebbe dovuto realizzare con il supporto dell’Unifil da quasi 20 anni.

Le relazioni tra Arabia Saudita e Iran

Ma cosa accadrà sugli altri fronti? A Gaza in primis e poi con gli Houthi in Yemen e le milizie sciite filo-iraniane in Iraq. Rispondere a questo interrogativo è difficile. La mia opinione è che molto dipenderà da un elemento di cui quasi nessuno parla: le nuove relazioni che si stanno instaurando tra Arabia Saudita e Iran. L’ayatollah Khamenei ha recentemente ribadito che Israele è un “cancro da estirpare” mentre contemporaneamente il principe ereditario bin Salman ha confermato la volontà della monarchia saudita di normalizzare le relazioni con Israele.

Nonostante queste visioni opposte – anche in seguito ai buoni auspici della Cina – le relazioni tra Arabia Saudita e Iran appaiono in via di rapida normalizzazione. Proprio in questi giorni si è concretizzato un importante accordo tra Teheran e Riyadh in materia di investimenti (energia, trasferimenti tecnologici, cambiamento climatico…). Sono inoltre in dirittura d’arrivo altri accordi in materia economica e di pellegrinaggi. Come si concilia il disgelo in corso tra Iran e Arabia Saudita con la logica degli accordi di Abramo? Si può ancora puntare a un’intesa con i regimi arabi moderati o la apparente “politica dei due forni” perseguita dalla monarchia saudita suggerisce una maggiore cautela?

Marco Mayer

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