I motivi della visita
Meloni in Cina da Xi per “chiarire i malintesi”: dal ‘no’ alla via della Seta al ruolo in Africa e nelle guerre
Lo sbarco della premier in Cina può essere letto sotto diverse lenti: da una parte i rapporti commerciali, dall’altra il ruolo di presidente di turno del G7 ma anche le preoccupazioni per il Piano Mattei in Africa

L’ultimo presidente del Consiglio italiano a sbarcare in Cina in visita ufficiale era stato Giuseppe Conte. Era il 2019, l’allora premier grillino partecipava al forum sulla Via della Seta – il grande progetto geopolitico sognato da Xi Jinping – e l’Italia appariva come un paese che guardava molto verso Oriente. Oggi, passati cinque anni, Giorgia Meloni arriva a Pechino con un mondo completamente cambiato. La pandemia di coronavirus ha paralizzato i piani strategici di Xi. La guerra in Ucraina ha sconvolto la politica europea, spezzato i legami tra Russia e Vecchio Continente, scosso gli equilibri non solo dell’Europa orientale ma dell’intero mondo.
Meloni e la mancata conferma del memorandum
E in tutto questo, la grande crisi in Medio Oriente ha nuovamente incendiato una regione fondamentale tra Asia ed Europa. I governi italiani dopo Conte hanno riequilibrato il baricentro dell’agenda estera di Roma, virando sensibilmente verso Ovest. E la prova è stata proprio la mancata conferma da parte di Meloni del memorandum di intesa per la Nuova Via della Seta. Patto siglato in pompa magna da Conte e dall’allora ministro degli Esteri, Luigi di Maio, poi finito in un nulla di fatto. E che aveva scattare l’allarme sia a Bruxelles che a Washington, entrambe preoccupate da una eccessiva fiducia riposta dall’Italia verso la Cina e dal grande interesse mostrato da Pechino per mettere più di un piede all’interno dell’Unione europea e dell’Alleanza atlantica.
Meloni in Cina per “chiarire i malintesi”
La scelta di Meloni era vista come scontata da molti osservatori. Ma se quel legame politico è stato in qualche modo reciso, questo non significa che i rapporti economici tra i due paesi non siano in realtà estremamente solidi. E lo conferma non solo il viaggio della premier italiana nella capitale dell’Impero di Mezzo, ma anche il modo in cui è stata annunciata la visita da parte dei media cinesi. Il Global Times, il tabloid in lingua inglese del Partito comunista, ha ribadito lo snodo dell’accordo sulla Via della Seta e ha scritto che il viaggio di Meloni nella Repubblica popolare è “probabilmente finalizzato a compensare il rammarico del ritiro e a chiarire personalmente alcuni malintesi”. La visita, ribadiscono dalle colonne del giornale asiatico, “dimostra ancora una volta che il ritiro dell’Italia dalla Nuova via della seta non è stato dovuto alla riluttanza a cooperare con la Cina o alle convinzioni politiche della stessa Meloni, ma piuttosto all’enorme pressione esercitata dagli Stati Uniti e dalle altre principali potenze occidentali”. Parole lasciate pronunciare da un ricercatore dell’Accademia cinese, ma naturalmente utili a suggerire l’interesse di Xi e del suo governo per non chiudere pubblicamente le porte ai partner europei (e in particolare all’Italia).
I rapporti bilaterali, Cina seconda solo a Usa
Sempre il Global Times ha poi spiegato che il governo italiano “ha inviato segnali sulla promozione ulteriore dello sviluppo della cooperazione economica e commerciale tra Cina e Italia, ottenendo grande attenzione”. “Alla luce della disputa commerciale tra Cina e Ue in merito ai dazi sui veicoli elettrici, qualsiasi passo compiuto verso una comunicazione pragmatica è encomiabile e prezioso” ha proseguito il tabloid cinese. E anche questo segnala la volontà di Pechino di rafforzare i rapporti bilaterali con Roma. Per la premier italiana la sfida è importante.
E il viaggio arriva in uno dei momenti più complessi dalla politica mondiale. Proprio per questo, lo sbarco di Meloni in Cina può essere letto sotto due diverse lenti. Da una parte ci sono i rapporti bilaterali, e in particolare commerciali. La Cina, stando agli ultimi dati, è il secondo partner commerciale dell’Italia al di fuori dell’Unione europea dopo gli Stati Uniti. E l’interscambio nel 2023 è arrivato a 66,8 miliardi di euro. Solo questo basterebbe per far comprendere il peso della relazione tra questi due paesi, ma adesso si aggiunge anche il contesto internazionale.
La Nato e l’influenza di Xi su Putin
L’ultimo summit della Nato a Washington ha confermato la crescente attenzione del blocco euroamericano sulle attività cinesi. Xi è considerato indispensabile per convincere Vladimir Putin a ridurre l’intensità della guerra in Ucraina o addirittura per una cessazione delle ostilità. Meloni, inoltre, arriva a questo tour in terra cinese con il ruolo anche di presidente di turno del G7. E nelle ultime riunioni dei “Grandi” è apparso chiaro che l’Occidente guarda con sempre maggiore apprensione agli sviluppi nell’Indo-Pacifico e alle ramificazioni degli interessi cinesi nel mondo. Infine, per l’Italia è anche essenziale capire quanto può fare affidamento sulla Cina nel grande caos africano, specialmente nell’area del Sahel.
Non è un mistero che Pechino, anche in coordinamento con Mosca, abbia da tempo approfondito i suoi legami con i Paesi africani diventando un partner essenziali di molti. E per il governo, impegnato nell’ormai noto Piano Mattei, preoccupato dai flussi migratori e con un Occidente in piena ritirata dalla regione, è fondamentale capire anche quanto possa dialogare con la Repubblica popolare su quel fronte.
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