Dieci anni fa, oggi, 366 persone, tra cui 83 donne e 9 bambini, affogarono nella notte ad appena mezzo miglio da Lampedusa. Dieci anni dopo, oggi, sulle prime pagine dei quotidiani non solo italiani domina ancora il dossier immigrazione, con sbarchi continui, 2500 morti in mare nell’arco del 2013, 22 mila in dieci anni (fonte Unhcr), litigi tra singoli stati, il nord contro il sud e viceversa. Dieci anni passati inutilmente: senza mai affrontare il tema in modo collettivo e a livello europeo, dieci anni di rimpalli, rinvii.
Ad ogni governo il dossier si arricchisce di qualche ritrovato dialettico e normativo (leggi decreto). In questa legislatura il vizio, su questo come su altri dossier, è quello di trovare colpevoli e responsabili su cui puntare il dito e scatenare guerre di religioni. Diversivi e alibi per tenere lontana la verità: quintali di propaganda, non uno straccio di progetto serio. Se il Superbonus e i bonus edilizi sono la causa “regina” di un governo con le casse vuote e costretto ad una manovra per 2/3 in deficit, il dossier migranti ha trovato nelle ultime ore il nuovo colpevole: la magistratura e nello specifico Iolanda Apostolico, 59 anni, la giudice del tribunale di Catania che ha disapplicato il decreto del governo Meloni che prevede il trattenimento dei richiedenti asilo nei Cpr. Lo ha fatto in base agli articoli 3 e 10 della Costituzione. Tanto è bastato perché il vicepremier Salvini già domenica lanciasse una nuova guerra santa contro la magistratura invocando “una profonda riforma della giustizia”. E perché la premier Meloni ieri di buon mattino pubblicasse un post con cui ha autorizzato dal massimo livello istituzionale lo scontro tra politica e magistratura. “Il giudice di Catania si è scagliato contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto”. Tutto ciò è intollerabile perché, ha concluso la premier, “ne va della tenuta del paese e della sua immagine all’estero”.

Mentre i pretoriani di maggioranza chiedevano ispezioni al ministro Nordio e il coinvolgimento del Csm, è partita la più classica delle macchine del fango contro la giudice Apostolico: il giudice non è iscritto a correnti ma è molto attiva sui social dove nel 2018, ad esempio, ha pubblicato, senza commenti, una petizione per sfiduciare Salvini ministro degli Interni.
Non altrettante energie invece sono state spese per un’operazione più tecnica e più logica ma con scarso coefficiente di consenso: leggere e confrontare i testi dei tre decreti che si occupano di immigrazione, da Cutro in avanti, e rendersi conto che quei testi dovevano essere scritti molto meglio per non dare buchi e spazio a ricorsi di questo genere.
L’immigrazione sarà il dossier più caldo del Consiglio europeo informale in agenda a Granada questa settimana. L’Italia arriva a Granada con il “grande freddo” con la Germania e la “grande intesa” con la Francia. L’auspicio – da Von der Leyen a Michel, Macron e Meloni compresi – è che la soluzione arrivi entro l’anno e nella direzione proposta dall’Italia: proteggere i confini europei, smantellare i traffici illegali, favorire i canali legali.

Tutto molto difficile a due settimane dal voto in Polonia, dopo la doccia fredda del voto in Slovacchia (ha vinto il populista di sinistra Fico, filo putiniano come Orban), a pochi giorni da un test decisivo per Scholz nel Lander di Baviera (8 ottobre).
Tutto molto difficile nel braccio di ferro permanente tra Meloni e Salvini dove lei sta inseguendo lui su posizioni sempre più a destra e nazionaliste. È di ieri l’ultimo capitolo della contesa: la cessione di Aspi (Autostrade per l’Italia) a Fininc, holding della famiglia Dogliani specializzata in viadotti e gallerie. Verso le 17 l’agenzia Bloomberg ha battuto la notizia. Palazzo Chigi ha smentito in modo perentorio. Poi è arrivato Salvini con invece ha aperto al progetto: “Mi auguro che l’offerta venga formalizzata per valutarne i contorni”. La società sarebbe al lavoro per un’offerta da 8 miliardi (che arriverebbe a 20 miliardi includendo i debiti) insieme a un fondo internazionale. Un vasto programma. Utilissimo alle casse semi vuote del governo. E al progetto del Ponte sullo Stretto così caro a Salvini. Meno a Meloni.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.