“Un gesto spontaneo, lo rifarei”
Mihael e gli insulti allo striscione “Free Gaza from Hamas”, messaggio ai giovani: “Agite. Basta paura e disinformazione”

Quando vede il corteo pro-Palestina sotto casa, ha un’idea: esporre il suo pensiero su quattro fogli incollati. Lo insultano e lo minacciano in 1200. Mihael Melnic ha 25 anni, parla cinque lingue e per natura non sta mai fermo. Nato in Romania da genitori moldavi, si è trasferito nel 2011 in Italia, prima a Bergamo e poi a Milano. Per aiutare la famiglia ha iniziato a lavorare a 18 anni, prima per aziende informatiche e poi in Ibm. Gli dicono che è bravo. Lui ci crede e fonda una startup dedicata allo sviluppo di piattaforme per la creatività con l’AI. Nata da zero, vince il secondo posto in un pitch di finanziamento che lo porta a Dublino. E da Dublino tornava a casa sua a Milano quando ha incontrato il corteo pro Palestina, domenica scorsa. Un corteo che ha inneggiato qua e là anche ad Hamas. Mihael, salito a casa, ha scritto di getto un messaggio che ha esposto ai manifestanti, sporgendosi dalla finestra: “Free Gaza from Hamas”. Un testo telegrafico, netto, inattaccabile. Liberate Gaza da Hamas. Come non essere d’accordo? Eppure in migliaia hanno preso a inveire contro di lui, a insultarlo, a minacciarlo per più di un’ora: “Vieni giù”, “Adesso sappiamo dove abiti”. Il Riformista – dopo l’intervista al Corriere della Sera – lo ha raggiunto.
Raccontaci come è andata, come hai avuto l’idea di esporti alla finestra con quel foglio?
“Tornavo dall’Irlanda, ero con il trolley in strada quando ho incrociato questi manifestanti che inneggiavano alla Palestina con una certa confusione, citavano Hamas e prendendosela con Israele: Giù le mani da Gaza. Ho sentito il bisogno di dire la mia, ho preso quattro fogli bianchi e ho scritto di getto quattro parole con un eye-lyner, perché non trovavo un pennarello in casa”.
Free Gaza From Hamas. Perché queste parole?
“Seguo la geopolitica, sono appassionato di attualità e sono rimasto scioccato dal 7 ottobre. Avrei potuto esserci io, in quella festa nel deserto. So cos’è Hamas: terroristi che tengono in ostaggio i palestinesi. Per questo ho sentito il dovere di dire la mia a viso aperto: si dica Giù le mani, Hamas, dalla Palestina. Non si cacci Israele ma si caccino i terroristi. Mi è sembrata la cosa più giusta da dire. Non un gesto contro la Palestina ma contro i terroristi che portano morte”.
E hai ricevuto una marea di insulti.
“Insulti, minacce, cori di protesta. Quando vedi 1200 persone che se la prendono con te hai fisicamente paura. Però sapevo di essere nel mio diritto, e di essere nel giusto. Per dieci minuti sono rimasto con quel manifestino improvvisato di fronte a migliaia di persone che sembravano volermi picchiare solo per aver detto No ad Hamas”.
Da dove nasce questo interesse? Tu ti occupi di innovazione, hai una startup…
“Mi interesso di innovazione e sono stato in Israele, conosco quel Paese così ricco di aspetti diversi, di libertà e di coraggio. In Italia e in generale in Europa quasi tutti quelli che odiano Israele non ci sono mai stati. Chi lo conosce lo apprezza. Ma il tema è il terrorismo, penso che tutti dovrebbero essere contro i terroristi, non può esserci equidistanza su questo. Perché l’episodio del 7 ottobre può non rimanere solo un episodio ma essere l’inizio di una sfida armata di chi vuole oscurare la nostra libertà”.
Hai interessi di lavoro con Israele, hai familiarità con l’ebraismo?
“No, né interessi professionali diretti né religiosi. Sono cristiano, con una grande passione per la politica, la geopolitica e la filosofia. Lavoro tanto ma sogno di laurearmi in filosofia”.
Senti di aver fatto un gesto coraggioso, o ti sembra normale?
“Un gesto spontaneo e penso giusto. Se non smettiamo di essere indifferenti, di girarci dall’altra parte, non cambieremo mai niente. Ho sentito di non dover stare con le mani in tasca e poi mi sono tenuto fermo anche quando, alla finestra, in tantissimi mi insultavano cose orribili”.
I ragazzi della tua generazione sono indifferenti, disinformati?
“Sono informati male, ma i social network possono avere una valenza positiva. Possono aiutare a sapere e a capire. E prendendo posizione si può diventare un esempio”.
Anche la tecnologia può aiutare a capire e a sapere…
“Dovrebbe. Per questo penso che l’AI generativa e la lotta alle fake news siano così importanti oggi. Attenzione perché i gruppi pro-palestinesi possono essere infiltrati da gruppi islamici estremisti e anche da Hamas stessa, che mette nella propaganda online una parte importante del suo budget”.
Tu provieni da un quadrante difficile, con un confine incandescente e un vicino di casa ingombrante, la Russia. Hai provato la stessa rabbia del 7 ottobre anche il 24 febbraio 2022, con l’invasione russa in Ucraina?
“Esatto. Quello che ho sentito ieri, davanti a quei manifestanti, è quello che ho provato con l’invasione di Putin. E temo anche per la Moldavia, dove c’è la dinamica particolare della Transnistria. Ho pensato che non si può vivere sentendosi sempre impotenti, che ognuno nel suo piccolo deve provare a fare un gesto”.
Come evolveranno i tuoi progetti?
“Con i miei amici, vogliamo provare a lanciare una piattaforma di conversazioni e podcast basati sul confronto nonviolento. Ho fondato intanto anche una non-profit con cui abbiamo organizzato tre viaggi umanitari in Moldavia e organizzato diverse attività benefiche in provincia di Bergamo”.
Consiglieresti ad altri di fare come te, di andare controcorrente quando sfilano i cortei?
“Vorrei vivere in una società di persone libere. Oggi c’è bisogno di coraggio per affermarsi liberi. Il mio sogno è che un giorno non servano più gesti eclatanti, che le persone imparino a dialogare con rispetto. E il mio gesto lo rifarei anche domani”.
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