Cara Schlein, dov’è il tuo partito mentre Milano – e l’Italia – affogano nel sempre peggiore rapporto tra stipendi e costo della vita? Non mi riferisco agli slogan, alle grandi battaglie di principio senza ricadute concrete che, parrebbe, misurano il loro successo in consensi elettorali e non nel miglioramento concreto delle condizioni di vita delle lavoratrici e dei lavoratori.

La città respingente ed esclusiva

La grande promessa disattesa di un benessere sempre maggiore, che ha investito la nostra generazione e le generazioni dopo la nostra, a Milano ha una sua rappresentazione plastica: la città da accogliente, delle opportunità diffuse, si sta trasformando in respingente ed esclusiva. Sarebbe riduttivo sostenere che sia un problema confinato nella dimensione del capoluogo lombardo. Riguarda oggi le grandi città e presto si allargherà a tutto il Paese. Del resto, 30 anni di stipendi fermi sono una grande ipoteca sul futuro. E sono il certificato di fallimento della seconda repubblica, nella quale destra e sinistra si sono scontrate ferocemente su tutto e si sono divise il governo del Paese, ma senza riuscire (e probabilmente neppure provare) a invertire la rotta. Scontro feroce che continua e che anzi si inasprisce, sempre più lontano dalle emergenze sociali. La crisi sociale è stata in parte mascherata dal risparmio delle famiglie, dalla vasta rete di solidarietà che contraddistingue il nostro territorio, dall’arte di arrangiarsi la cui narrazione ha fatto la fortuna, in altri tempi, di scrittori e registi.

Il declino lento e costante, anche del PD

Ora è sotto gli occhi di tutti, così come lo sono le responsabilità politiche, morali e materiali di chi ha concorso al declino lento e costante del Paese. Comprese le responsabilità del partito che guidi. Non è dato accettare le eredità politiche con “beneficio di inventario”, senza assumersi la responsabilità per quanto fatto in precedenza al governo e all’opposizione, ma si può lavorare per imprimere un cambiamento. E quantomeno all’inizio era parso che fosse intenzione della nuova segreteria del Pd fare delle risposte alla crisi sociale, ad esempio della lotta al lavoro povero, un tratto distintivo.

La Milano del PD è quella della povertà

A Milano il Pd governa ininterrottamente da 13 anni, con delle giunte sostanzialmente monocolore. Si sarebbe portati a immaginare la Milano del Pd come laboratorio di giustizia sociale. E invece a Milano sempre più lavoratori percepiscono uno stipendio al di sotto della soglia povertà, che nella città metropolitana è calcolata in 10€ l’ora a fronte di una media degli stipendi bassi che non arriva a 8,5€ (e ci sono fasce di lavoratori pagate 6/7€ l’ora). In una città dove gli affitti sono più alti del 70% rispetto alla media nazionale, dove crescere un figlio è diventato un lusso, dove un panino in pausa pranzo costa in media quasi 2€ più che altrove. Dove un lavoratore su due non riesce a risparmiare. Si fa fatica a credere che si stia parlando della metropoli più ricca d’Italia, dove cresce la ricchezza e anche la forbice sociale.

La proposta

Ma non è una crisi senza soluzioni, anzi. Adesso!, movimento ispirato al socialismo liberale che fa della ripartenza dell’ascensore sociale il suo obiettivo, ha lavorato a una proposta insieme al think tank Tortuga e a un nutrito gruppo di professori universitari di diritto del lavoro e di economia degli atenei milanesi. La proposta è semplice: adeguare i contratti nazionali alle esigenze della città metropolitana attraverso i contratti territoriali. Partendo da quelli che esistono già. A favore della contrattazione territoriale si sono schierati CISL e UIL, la CGIL non ha chiuso. Per farla serve però l’intervento della politica. E nonostante un vivace dibattito ospitato sulle colonne di questo giornale e proseguito anche su altre testate, il PD milanese non ha ritenuto di schierarsi e neppure di esternare: non una dichiarazione, non delle stories sui social. Il silenzio. È sorprendente che, dove un salario minimo si può fare davvero – con un modello replicabile anche altrove – il tuo partito si chiami fuori.

Altro che salario minimo, il PD si tira fuori

Cara Schlein, è tempo di fare una scelta. Da un lato la sinistra delle parole, arroccata nel centro dei centri storici, radicale sulla carta e assente nei fatti, attenta alle rivendicazioni di qualsiasi minoranza ma distratta di fronte alle grandi emergenze sociali. Dall’altro una sinistra concreta, che affronta a viso aperto i problemi reali, che trova una sintesi tra sviluppo economico, opportunità e solidarietà. È legittima la scelta di non essere una sinistra concreta e pragmatica, a patto di aspettarsi che altri si candidino a ricoprire quel ruolo. A Milano e in Italia.

Tomaso Greco

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