Il tema della parità
Mind the (gender) Gap: il convegno al contrario per parlare di in-felicità
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I convegni sul Gender Gap stanno diventando sempre più noiosi. Dopo i soliti numeri impressionanti, il finale è sempre lo stesso: la parità è un obiettivo lontano. Proviamo a ribaltare la narrazione tradizionale e vediamo cosa succede. Vi racconto l’ultimo – interessante – convegno a cui ho partecipato. L’intervento di apertura era sul solito gap nell’aspettativa di vita tra uomini e donne. Sebbene si sia ridotto negli ultimi anni, gli uomini continuano a vivere meno, con una speranza di vita inferiore del 5% rispetto a quella delle donne. Si è discusso della possibilità di tenerne conto, consentendo agli uomini un pensionamento anticipato per compensare gli anni “persi”. Il secondo intervento ha affrontato il “Credit Gender Gap”. Nel 2023, i finanziamenti alle famiglie erano di 474 miliardi di euro: 164 miliardi agli uomini, 95 miliardi alle donne e 216 miliardi cointestati. Gli uomini, tuttavia, portano sulle spalle 70 miliardi di debiti in più. Tema arcinoto, ci vorranno decenni per colmare questo gap.
L’intervento successivo era focalizzato sugli infortuni sul lavoro. Gli uomini continuano a pagare un prezzo più alto: le denunce di infortunio riguardanti le donne erano poco più di un terzo del totale e, nel caso degli infortuni mortali, gli uomini rappresentano il 90% delle vittime. La redistribuzione delle professioni più rischiose è stata proposta come una possibile soluzione, ma serve un cambiamento culturale per sfidare le dinamiche che relegano gli uomini in questi ruoli. Il quarto intervento ha toccato il delicato tema del Gender Gap nei suicidi. Dei 4mila suicidi all’anno in Italia, secondo l’Istat, il 76,8% riguarda uomini. Nonostante le donne abbiano più spesso pensieri suicidi, gli uomini muoiono per suicidio molto più frequentemente. Questo dato mette in luce una cultura patriarcale che scoraggia gli uomini dal cercare aiuto, consolidando l’idea che la vulnerabilità significhi debolezza.
L’ultimo intervento si è concentrato sulla sistematica e nota assenza di uomini nelle professioni Heed (healthcare, early education, and domestic). È stato presentato uno studio che ha evidenziato come, mentre l’inclusione delle donne in ruoli tradizionalmente maschili (Stem) è promossa attivamente, l’integrazione degli uomini in ruoli tipicamente femminili (sanitari, educativi e domestici) riceva sempre poca attenzione. Ma sapete una cosa? Questo convegno non è mai esistito. Qualcuno starà sorridendo, altri si indigneranno. Ma i dati citati sono reali.
Il punto è questo: non possiamo raggiungere la parità senza includere tutti nella conversazione. Dare la colpa agli uomini per le disuguaglianze significa perpetuare un conflitto inutile e improduttivo, anziché costruire soluzioni condivise. Inoltre, questo riduce di molto il consenso sul tema della parità. Un’alternativa è spostare il focus verso una narrativa che ponga al centro il benessere collettivo. Gli uomini desiderano liberarsi dal peso di dover essere sempre i “provider”; le donne vogliono avere le stesse opportunità.
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