Noi non contiamo perché siamo nati in Afghanistan. A nessuno importa di noi. Moriremo lentamente nella storia”. Una ragazza afghana, tra le lacrime, esprime tutto il suo dolore e la paura del futuro che la attende. Non si conoscono il suo nome, né la sua età: ma potrebbe avere meno di 20 anni. Le immagini del video che sta facendo il giro del mondo, pubblicato sul profilo Twitter dello scrittore Khaled Hosseini, riescono a trasmettere la sua disperazione: la stessa che stanno vivendo la popolazione afghana e le donne in particolare, dopo il ritorno dei talebani.

Il dramma delle donne in Afghanistan

C’è grande preoccupazione per ciò che riguarda la sorte delle donne nel Paese. Tutti i diritti faticosamente conquistati negli ultimi 20 anni-come studiare, lavorare, andare a votare- rischiano di essere cancellati. Dalla presa di Kabul da parte dei talebani nel 1996 e fino al 2001, anno della caduta del regime ad opera del governo americano, alle donne erano state imposte tutta una serie di limitazioni. Non potevano uscire di casa se non indossando il burqa, sempre accompagnate da un tutore, ovviamente di sesso maschile. Per loro non c’era la possibilità di lavorare, frequentare la scuola, guidare l’auto o qualsiasi altro mezzo: ovviamente erano vietati anche trucco, gioielli, abiti e accessori ritenuti non adatti. Dovevano semplicemente essere invisibili, silenziose, sottomesse.

Nonostante i talebani abbiano ora prospettato una maggiore apertura nei confronti delle donne, dalle testimonianze che arrivano dal Paese, a partire proprio dal video, si comprende come la realtà sia ben diversa. Una giornalista di 22 anni ha raccontato la sua fuga dal paese al Guardian, sottolineando: “Oggi non posso scrivere sotto il mio vero nome o dire da dove vengo o dove sono. La mia intera vita è stata cancellata in pochissimi giorni”, aggiungendo: “Io non sono al sicuro, perché sono una donna di 22 anni e so che i talebani stanno costringendo le famiglie a consegnare le loro figlie per darle ai soldati.

Nahal e Mahvash, due sorelle single che hanno studiato, lavorano e vivono libere, hanno raccontato al Corriere che a Kabul “stanno facendo la lista con i nomi di tutte le donne nubili” e che con i talebani sarebbero costrette a sposarsi, rinunciando a tutto, a partire dalla loro indipendenza.

Oscurati i poster delle donne

Prima dell’arrivo dei talebani in città, alcuni poster raffiguranti donne in abito da sposa sono stati oscurati con della vernice dal muro di un negozio a Kabul. Un’immagine simbolo, che ha fatto il giro dei social. I media internazionali, come Al Jazeera e la Bbc, riportano già testimonianze di donne costrette a lasciare il lavoro, o a cui è stato imposto di uscire- rigorosamente indossando il burqa- solo insieme a un accompagnatore maschile nei territori precedentemente conquistati dai talebani. Il giornalista Tony Capuozzo, intervenuto oggi a Morning News, ha sottolineato che “è lecito aspettarsi il peggio”, aggiungendo: “A noi non resta che augurarci che i talebani di oggi siano meno rigidi dei loro fratelli maggiori che hanno combattuto 20 anni fa“. 

Mariangela Celiberti

Autore