L’immagine di Berlusconi di spalle, con le mani dietro la schiena, la scritta “L’ultimo giudice” e sullo sfondo Gesù che tende la mano. E’ la copertina che Il Fatto Quotidiano diretto da Marco Travaglio ha dedicato all’ex premier, scomparso nelle scorse ore all’età di 86 anni. “Primo dei populisti, recordman di inchieste dalla corruzione alla mafia” è l’inizio del titolo che si legge sul sito del Fatto, protagonista da sempre di campagne contro il leader di Forza Italia, inquisito per decenni, con decine di processi e una sola condanna definitiva.

Anche nel giorno della scomparsa di uno tra gli imprenditori e politici più determinanti della storia della Repubblica, il quotidiano giustizialista di Travaglio processa ancora una volta il Cavaliere. Una caduta di stile che, in verità, stupisce poco e che non arretra nonostante decine di processi a carico di Berlusconi finiti nel nulla.

Numerose le polemiche sui social per l’immagine scelta dal quotidiano di Travaglio per ‘salutare’ il leader di Forza Italia. “Odiatori seriali”, “che schifo” i commenti più gettonati su Twitter.

 

Lo scontro con Travaglio ebbe un suo momento topico: era il 10 gennaio 2013 quando, nel corso di una puntata di “Servizio Pubblico” condotta da Michele Santoro, Berlusconi dopo una furibonda lite verbale con lo stesso Santoro, si dirige verso Travaglio a cui fa cenno di alzarsi dal suo posto e prima con i fogli che aveva tra le mani, poi con il fazzoletto, pulisce la sedia su cui era seduto il giornalista che poco prima lo aveva accusato di “cose non fatte” in vent’anni di governo.

L’ex premier ha riportato una sola condanna, quella per i fondi neri creati dalle sue aziende, nella sua lunga e travagliata ‘vita giudiziaria‘. Il duello con le “toghe rosse“, come lui stesso le aveva ribattezzate, è andato avanti per anni tra prescrizioni e tante assoluzioni. Nel tribunale di Milano c’erano settimane in cui il calendario del Palazzo di Giustizia prevedeva fino a quattro-cinque udienze solo per Berlusconi.

Con la magistratura arrivata anche a disporre  una visita fiscale ad Arcore quando Berlusconi non si presentò in udienza per legittimo impedimento perché, era il marzo del 2013, era ricoverato al San Raffaele per un problema agli occhi, un’uveite. All’iniziativa dei giudici, un centinaio di parlamentari guidati da Angelino Alfano risposero con una processione verso il tribunale intonando l’inno di Mameli con la pm Ilda Boccassini che ordinò ai carabinieri di chiudere l’aula e non farli entrare. Celebre, un anno prima, sempre nel corso del processo Ruby, la stretta di mano tra Berlusconi e la Boccassini.

In una intervista a due giornalisti inglesi rilasciata nel 2003, Berlusconi affermò che “per fare il magistrato devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche”, perché “se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi”. Più volte si dichiarò “vittima” della magistratura, che lo perseguitava a suo dire.

 

Redazione

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