La ginecologa aveva iniziato ad avere improvvisi episodi di narcolessia
Morte di Isabella, i sospetti della sorella e delle amiche dopo i malori: la tisana e il vino amarissimi e il marito arrestato
Aveva iniziato ad accusare dei malesseri già nel febbraio 2019, due anni prima che il suo corpo fosse trovato senza vita nella sua casa di Bologna. Isabella Linsalata, 62 anni, ginecologa, era appena venuta a conoscenza della relazione extraconiugale del marito, Gianpaolo Amato, 64enne medico specializzato in oftalmologia e medicina dello sport, e lo aveva confidato a un’amica medico che l’aveva visitata. Secondo quanto riportato dal gip Claudio Paris nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio aggravato nei confronti di Amato, Linsalata soffriva di “Immotivati episodi di narcolessia”. E secondo il giudice ci sarebbe stata una coincidenza sospetta tra l’aumentare delle frustrazioni sentimentali del marito con le condizioni di salute sempre più critiche della moglie.
Repubblica ricostruisce l’escalation della salute della donna e dei sospetti sempre più incalzanti di amiche e sorella. Isabella già a metà febbraio 2019 si sentiva sempre stanca e priva di energie. Era finita in ospedale dopo aver fatto un incidente stradale lamentando una “difficoltà a mantenere la stazione eretta” e per la “tendenza ad assopimento”. E’ stata ricoverata per un giorno ma non si è trovata la causa di tale malessere. Pochi giorni dopo partecipa a una cena con gli amici che racconteranno poi di aver notato che Isabella “sembrava facesse fatica a stare sveglia e a tenere gli occhi aperti”, tanto “da non essere nemmeno in grado di portare alla bocca” il cibo. A quel punto amiche e sorella cominciano ad allarmarsi.
Un’amica la convince ad ulteriori accertamenti. Resta ricoverata ancora una volta un giorno ma senza alcuna risposta a quel malessere. “A quel punto mia sorella mi dice che il marito la sera le preparava una tisana molto amara e per questo aveva smesso di berla”, ha raccontato agli inquirenti. Circostanza, quella delle tisane serali preparate da Amato alla moglie confermata anche dalla figlia dei due. Secondo la sorella “in alcune occasioni la sera sentivo Isabella che era molto in confusione mentre la mattina, in cui stava meglio, mi diceva di non ricordarsi quello che era accaduto la sera precedente”.
Amiche e sorella continuano ad essere sempre più preoccupate per Isabella e insospettite dal comportamento del marito. Riescono a convincerla ad ulteriori analisi delle urine perché “Isabella aveva manifestato il dubbio che potesse avere assunto delle sostanze strane” attraverso le tisane, “molto amare”, che il marito le preparava. Emerge la presenza inequivocabile di benzodiazepine. Ma Isabella chiede riserbo per non turnare i figli della coppia e a un’amica affida i risultati delle analisi da nascondere. A maggio 2019 la sorella sente Isabella al telefono molto intontita. Così si precipita a casa sua. Isabella le racconta di aver bevuto del vino amarissimo. Così la sorella porta a casa la bottiglia presa dal cesto della differenziata con il proposito di farla analizzare. La bottiglia era stata sciacquata dal marito e la sorella non aveva trovato un laboratorio di analisi che potesse darle le risposte che cercava. Ma decise di conservarla. Quella bottiglia, due anni dopo, è diventata una delle prove principali del caso. Lo stesso Amato si accorse già il giorno seguente quell’episodio dell’assenza di quella bottiglia fra i rifiuti, e chiese a Isabella che fine avesse fatto.
Isabella continua a fare accertamenti e a cercare risposte al suo stato di salute precario. A maggio 2019 confida a una dottoressa sua amica di essere a conoscenza che il marito avesse un’altra donna e dei timori che lui possa somministrarle dei sedativi. Le racconta anche che a cena aveva insistito affinchè lei bevesse del vino che però lui no aveva toccato. Poi aveva ceduto al sonno. La dottoressa rimane spaventata da questo racconto, tanto da consigliarle “di andare via di casa” e di rivolgersi “alla polizia”. Amato ha sempre respinto ogni accusa, anche le responsabilità sulle benzodiazepine ritrovate tanto nei campioni biologici della donna quanto nella bottiglia di vino analizzata dai carabinieri durante le indagini.
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