Nel Si&No del Riformista spazio al calcio e alla pessima partenza di stagione della Roma che stenta in campionato con appena cinque punti nelle prime sei giornate. Il quesito è semplice: José Mourinho va esonerato dalla società giallorossa? Favorevole l’eretico Giordano Bruno (che ‘copre’ l’autore del commento, preoccupato dalla reazione della piazza giallorossa), secondo cui: “Josè Mourinho va esonerato, ha fatto il suo tempo: è un mito ormai sbiadito nel posto sbagliato“. Contrario il consigliere regionale di Italia viva Luciano Nobili. Chiarissimo il sui pensiero: “Mourinho non va esonerato perché possiamo toglierci soddisfazioni e sarebbe un ridimensionamento”.

Qui il commento di Luciano Nobili:

Il romanismo è uno stato dell’anima unico. Travolgente per chi lo vive in prima persona, difficile da comprendere per gli altri. È fatto di vittorie e di rovesci, di passione, sudore, chilometri, amore, lacrime, di gioie e dolori. Chi lo incontra, in un modo o nell’altro, ne esce cambiato. Anche chi ha conosciuto i palcoscenici più prestigiosi del calcio internazionale, anche chi ha vinto tanto come Jose Mourinho ne resta contagiato: “Qui si è formata una famiglia, qui si lavora insieme per lo stesso obiettivo, qui si sta uniti nei momenti difficili: con rispetto verso tutti i club in cui sono stato, oggi io sono romanista al cento per cento”, ha detto qualche mese fa.

Ma romanismo, a volte, fa rima anche con autolesionismo. Non si spiegherebbe altrimenti perché una società così importante e amata, con un seguito di tifosi così largo e presente in tutto il mondo, la squadra della capitale d’Italia e della città eterna, abbia collezionato così pochi trofei e consumato le carriere di così tanti allenatori che hanno avuto fortuna altrove, ma raramente sulla panchina giallorossa. E, soprattutto, non si spiegherebbe altrimenti come sia possibile mettere in discussione Jose Mourinho. Perché, certo, l’inizio di campionato della Roma è stato molto deludente.

E proprio Mourinho aveva messo in guardia l’ambiente di fronte ad una campagna acquisti inesistente (anche a causa del settlement agreement sottoscritto con l’Uefa) fino al colpo Lukaku, a giocatori arrivati a parametro zero, reduci da pesanti infortuni o da stagioni molto sfortunate. E, altrettanto certamente, viviamo un’epoca che consuma tutto alla velocità di una storia su Instagram. Ma se pensi che il tuo problema sia avere in panchina il quinto allenatore più vincente della storia del calcio mondiale – l’allenatore che ti ha di fatto regalato due trofei europei in due anni di panchina (perché a Budapest, sia chiaro, noi non abbiamo perso) dopo lustri di astinenza, e che ha attratto qui gli unici campioni che hai in rosa, venuti anche riducendosi l’ingaggio solo per essere allenati da lui – allora forse il problema sei tu.

Pensare di fare a meno di lui non è solo sbagliato per quello che ha fatto nella sua carriera e nelle due incredibili stagioni in giallorosso dal punto di vista dei risultati. Ma corrisponderebbe ad un clamoroso ridimensionamento della Roma come team e come club. Perché quando a maggio 2021, spiazzando tutti, il neo Presidente Friedkin annuncio l’arrivo dello Special One sulla panchina giallorossa, un intero popolo e impazzato di gioia, orgoglio, ambizione. Ma è la Roma ad aver fatto un salto di qualità. E ad entrare di diritto nell’empireo del calcio mondiale. Perché Mourinho non si siede ovunque. E se arriva a Trigoria accende riflettori e alza standing, obiettivi, giocatori, e noi non meritiamo di tornare indietro.

Perché il ragazzo di Setubal, cresciuto al fianco di Bobby Robson e come vice di Louis Van Gall è diventato grande con Porto, Real, Inter e Chelsea, oggi è la Roma. Perché ha così velocemente e profondamente innervato la nostra storia recente da essere entrato sotto la pelle e nel cuore di ogni vero giallorosso. Una simbiosi che è paragonabile solo a quello che Francesco Totti ha costruito negli anni è rappresentato per la città. La nostra storia d’amore con Mourinho non è finita con la vittoria della Conference a Tirana e non è finita con la triste finale di Budapest, dove c’era lui e soltanto lui a difenderci, in prima persona, contro il più grande torto arbitrale degli ultimi trent’anni. E c’era lui a prendere per mano una città smarrita e abbattuta, a mettere i suoi ragazzi in cerchio come farebbe un padre coi figli e dire a loro e ai tifosi sugli spalti: “Io non vado via, io resto qui, per voi”. E sempre lui ha rifiutato offerte molto più allettanti arrivate questa estate per completare il suo lavoro qui, anche nel silenzio della società, anche con un mercato inadeguato, anche col contratto a scadenza (caso più unico che raro per un allenatore del suo livello). E non si chiuderà neanche con le prime sfortunate sei giornate di campionato.

Jose Mourinho ha cambiato la Roma. E Roma gli è entrata nel cuore. Nonostante tutto e tutti, con lui alla guida e una coppia d’attacco come quella formata da Lukaku e Dybala, che sono qui per lui, possiamo toglierci ancora tante soddisfazioni.