Nel giorno del trionfo del Milan, il Napoli chiude a la Spezia la sua stagione, con qualche rimpianto ma il bottino della Champions. Bene in campo, perché lo Spezia è stato demolito con irrisoria facilità dalle seconde linee, malissimo invece sugli spalti dove si sono registrati scontri che hanno portato alla squalifica di entrambe le curve, qualche ferito e diversi arresti. Un pandemonio assurdo, spiegabile solo con vecchie ruggini e qualche coro di troppo, con gli spezzini che hanno superato ogni limite con i cori blasfemi sulla morte di Maradona. Lo sguardo, comunque, è alla nuova stagione e il Napoli è partito con rapide operazioni di mercato. Il riscatto di Anguissa e gli acquisti di Olivera e Kvaratskhelia sono segnali incoraggianti del Napoli che verrà, ma molte sono le incertezze.

Aurelio De Laurentiis aveva annunciato un taglio radicale del monte ingaggi ed è stato di parola: l’addio di Manolas, Insigne e Ghoulam, la disponibilità a trattare la cessione degli altri giocatori e le offerte di rinnovo al ribasso per quelli a scadenza dicono di una strategia chiara: riportare il Napoli a un equilibrio tra costi e ricavi che non dipenda più dalla Champions. Da un punto di vista finanziario è un’operazione ineccepibile, ma bisogna considerare anche altri aspetti. Quello sportivo, innanzitutto, perché una rosa più giovane e meno costosa può facilmente rivelarsi anche meno competitiva. E poi quello economico, perché un Napoli meno competitivo vedrà diminuire anche il suo valore reale, come confermato da Football Benchmark che stima già un calo del 4% rispetto ad un anno fa.

Ecco perché De Laurentiis non è più sordo alle offerte sempre più allettanti per la cessione del club, operazione che però rimane difficile per le sue enormi richieste. Il Patròn della Filmauro, però, sa benissimo che la gestione autarchica e familiare del passato non è più sostenibile. Affidarsi ai figli è un classico del capitalismo familistico italiano, ma la storia dimostra che funziona solo finché si rimane nel mondo delle piccole e medie imprese; inoltre, se è vero che De Laurentiis ha investito su Luigi mandandolo a Bari con buoni risultati, è altrettanto evidente che la delega a Edo è stata disastrosa, al punto da costringere il vecchio patriarca a tornare in prima linea.

Per questo, entro un paio d’anno i conti in famiglia andranno definitivamente regolati. La cessione del Napoli sarebbe certamente più conveniente, ma è anche la più difficile sul piano psicologico per De Laurentiis che si è ormai abituato a considerare se stesso il rappresentante di un brand mondiale come Napoli, conscio del valore simbolico che la squadra rappresenta. Fare la fine del nostalgico protagonista del splendido libro di Ermanno Rea, che ha furoreggiato a Cannes nella versione cinematografica di Mario Martone, lo spaventa. Eppure, ogni cosa ha un prezzo, anche i simboli, e il tempo passa per tutti.